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Elezioni RSU 2018: Politecnico di Bari, candidatura di due ricercatori precari e loro esclusione

Continueremo a batterci affinché i ricercatori precari partecipino alla contrattazione collettiva e possano organizzarsi sindacalmente per conquistare quei diritti da cui ora sono esclusi.

17/04/2018
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A cura della FLC CGIL Bari

Abbiamo candidato alle elezioni RSU del 17, 18 e 19 aprile 2018 al Politecnico di Bari i ricercatori precari, Alessandro Cannavale (ricercatore a tempo determinato di tipo a) e Giuseppe Coviello (titolare di borsa di studio post-lauream) che sono stati, come era assolutamente prevedibile, ritenuti non candidabili dalla Commissione Elettorale: si tratta di una iniziativa concordata con il Segretario generale Francesco Sinopoli.

Il senso della candidatura dei ricercatori precari, è quello di affermare il loro diritto alla contrattazione collettiva e garantire l’effettività della loro libertà di organizzarsi sindacalmente per conquistare quei diritti sociali dai quali di fatto o diritto sono esclusi, richiamando l’attenzione sulla loro condizione materiale e giuridica e sul loro ruolo cruciale per la tenuta del sistema universitario.

Ci abbiamo provato senza successo già durante le trattative per il CCNL “Istruzione e Università” 2016/2018, la cui ipotesi è stata sottoscritta il 9 febbraio 2018: la nostra Piattaforma parlava di “inclusività” dei ricercatori precari ma dopo le iniziali aperture della Ministra Valeria FEDELI c’è stata la chiusura dell’ARAN.

È evidente che le norme di legge che regolano il rapporto di lavoro di tale figure professionali debbano essere interpretate in maniera costituzionalmente orientata, ai sensi del combinato disposto recato degli artt. 3 (eguaglianza formale e sostanziale) e 39 (libertà sindacale) della Costituzione, stante la natura manifestamente privatistica meglio contrattuale del loro rapporto che viene instaurato con la stipula di un contratto individuale di lavoro, con la conseguenza di ricondurli nell'ambito dell'efficacia soggettiva della contrattazione nazionale e integrativa e, ove ciò non sia possibile, debbano essere dichiarate incostituzionali.

L’importanza strategica della battaglia si coglie considerando che il blocco del turn over nelle amministrazioni pubbliche, il progressivo pensionamento del personale di ruolo e, infine, la legge n. 240/2010 (la c.d. riforma Gelmini) hanno trasformato il sistema universitario pubblico in un laboratorio di precarietà, stanno progressivamente e strutturalmente sostituendo docenti e ricercatori di ruolo con ricercatori precari senza i quali didattica e ricerca di fatto non sarebbero possibili nei nostri Atenei: non si tratta di lavoro temporaneo per esigenze temporanee ma di precariato strutturale. Come è noto, la legge n. 240/2010, ha messo ad esaurimento il ruolo dei ricercatori a tempo indeterminato.

Infatti, l’Associazione dei Dottorandi e Dottori di Ricerca Italiani (ADI), nel suo VII rapporto annuale rileva come il 90% dei dottori di ricerca dopo una pluralità di rapporti di lavoro precari (dalla borsa di dottorato al contratto a ricercatore a tempo determinato) che arriva a superare anche i dieci anni sono destinati ad essere “espulsi”.

Il Vocabolario Treccani ricostruisce così l’etimologia del lemma “precàrio 1 agg. e s. m. (f. -a) [dal lat. precarius, propr. «ottenuto con preghiere, concesso per grazia», der. di prex precis «preghiera»].”  Il Vocabolario Treccani ricostruisce così l’etimologia del lemma “precàrio 1 agg. e s. m. (f. -a) [dal lat. precarius, propr. «ottenuto con preghiere, concesso per grazia», der. di prex precis «preghiera»]” e infatti i lavoratori precari, anche nel pubblico, sono quelli che più hanno bisogno della tutela sindacale ma sono quelli che più hanno timore ad avvicinarsi al sindacato perché sono strutturalmente sotto ricatto del mancato rinnovo contrattuale, alla ricerca della “grazia” di poter continuare a lavorare in un circolo vizioso che non consente loro né di far valere i diritti acquisiti né di affermarne di nuovi.  Tale circolo vizioso, come la Storia insegna, può essere rotto solo attraverso l’organizzazione e l’attività sindacale che afferma un contropotere senza il quale il lavoro è ritorna ad essere merce.

Noi non ci fermiamo qui, ci riserviamo di agire in giudizio (non chiederemo alcuna provvedimento cautelare, non vogliamo danneggiare gli altri lavoratori con una sospensiva) per affermare il diritto alla contrattazione collettiva dei ricercatori precari, ove dovesse essere necessario, sollevando la questione di costituzionalità delle norme di legge che regolano il loro rapporto di lavoro (per gli assegnisti di ricerca e i ricercatori a tempo determinato rispettivamente gli artt. 22 e 24 della legge n. 240/2010) e lanceremo una petizione nazionale per una iniziativa legislativa in tal senso.

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