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Stato giuridico dei docenti: la protesta delle Università

Mozione del Consiglio di Facoltà di Ingegneria di Roma La Sapienza. Il DDL contro l'Università condanna per Mezzogiorno - Università della Calabria. Mozione assemblea dei docenti degli Atenei di Milano. Mozione approvata nell’assemblea aperta di tutta la comunità accademica di Roma La Sapienza

16/02/2005
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Mozione del Consiglio di Facoltà di Ingegneria di Roma La Sapienza

Il Consiglio della Facoltà di Ingegneria dell'Università "La Sapienza" di Roma ha espresso profonde critiche nei confronti delle proposte di riforma dello stato giuridico dei docenti universitari in data 21 settembre 2004. In quella occasione si erano in particolare criticate le previste procedure di ingresso nel mondo accademico, notando che "la legge in discussione introduce elementi disincentivanti l'ingresso di forze giovani nella ricerca universitaria"; la messa ad esaurimento dei ricercatori, e facendo notare che "la ricerca senza giovani non è possibile e la didattica sarà svuotata di quel necessario legame con la ricerca che rende l'Università unica e insostituibile per il futuro della nostra nazione e dell'Europa"; ed infine stigmatizzava "l'assoluta mancanza di connessione tra il ddl e la questione centrale del finanziamento dell'università e della ricerca"

Si registra ora una accelerazione dell'iter di approvazione relativo al disegno di legge proposto, per il quale è prevista la presentazione di emendamenti integrativi i cui contenuti sono incerti, ma che non sembrano metterne in discussione profondamente la sostanza.

Il CdF di Ingegneria ribadisce, quindi, la propria posizione critica rispetto ai contenuti del disegno di legge e delle proposte integrative avanzate e la propria ferma opposizione al metodo sinora seguito che, tra le altre cose: ricorre a percorsi legislativi straordinari e non ordinari; affronta il tema della riforma universitaria e dell'autonomia degli atenei in maniera frammentaria e non organica ed approfondita; non considera minimamente le sollecitazioni emerse dalla comunità scientifica e non sviluppa un dibattito ampio e aperto.

Il CdF di Ingegneria inoltre, per esprimere pubblicamente tali posizioni critiche e per sviluppare la discussione su questi temi decide:

- di dar mandato al preside di convocare un'assemblea docenti-ricercatori-studenti, con sospensione dell'attività didattica, per sviluppare la discussione e rendere partecipi gli studenti della fase critica che sta attraversando l'Università, nella data che verrà fissata per la discussione del disegno di legge in parlamento;

- di chiedere al Rettore dell'Ateneo di dare seguito alle decisioni prese nel Senato Accademico del 8 febbraio e di convocare quanto prima tutto il personale dell'Ateneo per un'assemblea che discuta la proposta di riforma ed esprima fortemente le proprie posizioni critiche in merito, dandone diffusione a livello nazionale.

- di sostenere tutte le forme di protesta di Ateneo in atto, in attesa di una chiara e definitiva evoluzione dell'iter parlamentare e dei contenuti del decreto. In particolare decide di sospendere l'attività didattica per il giorno 21 febbraio 2005; di rinviare le sedute di laurea previste per la settimana compresa fra il 21 ed il 25 febbraio, aderendo ad analoghe iniziative promosse da altre facoltà del nascente AST;

Il CdF di Ingegneria di riserva di adeguare le predette forme di protesta ai successivi sviluppi dell'iter di discussione della riforma universitaria ed in particolare di convocarsi nuovamente in seduta straordinaria qualora l'iter parlamentare subisse ulteriori accelerazioni.

Roma, 16 febbraio 2005

Il Decreto Legge Moratti contro l’Università condanna per il Mezzogiorno.

La maggior parte delle Università italiane è in stato di agitazione. Parimenti la mobilitazione investe gli atenei calabresi. Dopo il rinvio dell’inizio degli anni accademici, le lezioni bloccate, i ricercatori in rivolta, docenti che si attengono al minimo richiesto dalla normativa, presidenti di corsi che minacciano di dimettersi, rettori e senati accademici che protestano, sono di nuovo sospese in molte facoltà le attività didattiche. Il 21 febbraio il Decreto Legge Moratti sul riordino della docenza universitaria sarà presentato alla Camera. Di fronte alle questioni che occupano le prime pagine dei giornali sembra che quella universitaria passi in secondo piano. Essa, invece, al pari e forse più di altre, è nodo critico e riguarda il futuro immediato e prossimo della nostra condizione civile, dei diritti democratici e delle risorse che il nostro paese ha ed avrà a disposizione. In questo caso si tratta di quella fondamentale risorsa, di carattere immateriale, così importante nella nostra epoca, che è la cultura, la capacità di fare ricerca, di produrre innovazione, di formare nuove competenze. La questione è centrale per le regioni del Sud e per la Calabria in particolare.
Il DDL (disegno di decreto legge) Moratti sullo stato giuridico dei docenti universitari, che in realtà non riguarda soltanto il riordino delle carriere e degli accessi alla docenza, contiene ed introduce principi di fondo che snaturano il ruolo della università pubblica, della ricerca e della didattica universitaria. I punti in questione sono: - la messa ad esaurimento degli attuali ricercatori e la cancellazione del ruolo di ricercatore, che verrebbe sostituito – cosa gravissima – da ripetuti contratti a termine di diritto privato; - la cancellazione della distinzione tra tempo pieno e tempo parziale, che - senza definire chiaramente diritti e doveri - consente a tutti i docenti di assumere impegni esterni, allentando il loro rapporto con l’università ed allontanandone la ricerca; - il fatto – sostanziale – che la presunta riforma dello stato giuridico non è finanziata ed in realtà si basa soltanto sui risparmi ipotizzati in base all’abolizione di incarichi di supplenza, trasformati d’un sol colpo in carichi didattici ordinari di 120 ore di insegnamento (che possono corrispondere anche a quattro corsi per docente). Il Decreto sancisce una previsione di precariato destinata ad incidere negativamente sulla qualità della didattica e della ricerca ed introduce forme surrettizie di reclutamento di docenti al di fuori di procedure concorsuali ispirate a principi di trasparenza e imparzialità, tali che, ad esempio, la Conferenza dei Rettori "reputa inammissibili e anche eticamente inaccettabili". Nell’insieme questi provvedimenti sollevano problemi più generali.
1. La precarizzazione della docenza universitaria che il DDL Moratti introduce non riguarda soltanto una inaccettabile condizione di insicurezza, protratta per anni, per quanti vorranno accedere alla carriera universitaria nella istituzione pubblica; la lunga serie di verifiche a seguito di contratti a tempo determinato di natura privata, il fatto che il giudizio sulla idoneità dei candidati non sia espresso da commissioni esclusivamente scientifiche, il fatto che le stesse Facoltà – indipendentemente dalla idoneità scientifica dei candidati – possano anche esprimere parere negativo per l’assunzione, tutto ciò implica l’introduzione di un principio di selezione ideologica e di controllo politico che mina le basi stesse dell’università pubblica e democratica. Se – come recita la Costituzione, art. 3 – il sapere, la scienza e l’attività di ricerca sono libere, il DDL Moratti segna una terribile regressione e ci rimanda pericolosamente a tempi in cui il principe, il tiranno o il duce dettavano quale dovesse essere il sapere "giusto" e quale quello da mettere all’indice, al rogo, al confino o in prigione.
2. L’eliminazione del ruolo di ricercatore e la precarizzazione della docenza e dell’attività di ricerca, l’abolizione della distinzione tra docenti a tempo pieno e docenti a tempo parziale (che svolgono libere professioni e attività imprenditoriali), un pesante carico di docenza frontale assegnato sulla sola logica del contenimento della spesa, tutto ciò – dettato dal DDL Moratti - implica uno scadimento delle attività di ricerca e della didattica, ovvero una dequalificazione dei titoli ed un netto peggioramento delle competenze dei laureati. Il fatto, grave in generale, è inaccettabile per le Università e per la società del Mezzogiorno. Le prospettive di benessere e di progresso delle regioni del Sud non possono oggi che basarsi sulla valorizzazione del "capitale intellettuale", ovvero sulla capacità di innovazione e sulla creatività. Su ciò tutti si trovano concordi e la stessa Comunità Europea fissa questi obiettivi per il prossimo decennio. In questo quadro, caratterizzato dalla sostanziale assenza di ricerca nel settore privato, il ruolo delle università come luogo in cui si forma il primato del "capitale umano" è cardinale. Ed è nel medesimo tempo fondamentale il ruolo della università pubblica, che produce, trasmette conoscenza, ne certifica la validità in quanto bene pubblico, disponibile per tutti.
3. Come di recente ha anche affermato il presidente della Conferenza Nazionale dei Rettori, prof. Tosi, l’università è un "soggetto politico" nei processi di sviluppo culturale, sociale ed economico, è un "nodo" di reti di relazioni, che comprendono enti culturali, istituti di ricerca, imprese, organizzazioni internazionali, parchi scientifici e tecnologici, amministrazioni locali, agenzie per l’innovazione territoriale. È – come si dice -"vantaggio competitivo" fondamentale per i territori, perché è agente trainante di sviluppo dei sistemi socio-economici locali, soprattutto in virtù della capacità di integrare tali sistemi con le conoscenze scientifiche generali e codificate, che circolano a livello globale. E tuttavia i parametri che misurano gli investimenti nella formazione superiore e nella ricerca pongono il nostro Paese agli ultimi posti in Europa: dal numero degli studenti per docente a quello dei ricercatori, dai fondi per il funzionamento e per l’edilizia alle residenze per gli studenti. Così come è tra i più bassi il numero dei laureati. Il DDL Moratti peggiora questo stato di cose e blocca quei processi che, al contrario, sono stati avviati nell’ultimo triennio laddove la sperimentazione è stata in grado di innovare la didattica e di collegare, attivamente e senza subalternità al mercato, l’università al territorio. I dati al momento disponibili – per quanto si voglia mettere in discussione la nuova articolazione degli ordinamenti varata tre anni or sono - sono peraltro positivi: la percentuale degli abbandoni è oggi al 39% sugli immatricolati rispetto al 70% di tre anni fa; sale il numero dei laureati in corso; i laureati sono aumentati del 15% nell’ultimo anno; così come aumentano sensibilmente gli immatricolati all’Università sui diciannovenni, gli studenti stranieri e gli stage.
Il futuro della università riguarda tutti i cittadini, i giovani e le loro famiglie. Non è questione separata, soprattutto in Calabria e nel Mezzogiorno. Bloccare l’iter parlamentare in base al quale si vorrebbe approvare entro febbraio il DDL Moratti, e quindi riaprire una democratica discussione che coinvolga tutti, appare a questo punto un obiettivo del quale dovrebbero farsi carico tutte le forze politiche e sociali calabresi, a partire da deputati e senatori, siano essi di centro destra che di centro sinistra.
In tal senso la protesta che, in varie forme, oggi coinvolge ricercatori, precari dell’università, studenti e docenti va intesa come voce che esprime un interesse collettivo. Essa è anche un appello alla società civile per un coinvolgimento attivo di quanti riconoscono nel sapere e nella conoscenza la risorsa più importante per la dignità stessa della nostra terra .
Osvaldo Pieroni
Presidente corso di Laurea in Discipline Economiche e Sociali
Università della Calabria - Arcavacata di Rende 16 febb. 2005

Mozione assemblea dei docenti degli Atenei di Milano

L'Assemblea, convocata per valutare lo stato dell'iter parlamentare della legge delega al governo per il riordino dello stato giuridico dei professori universitari ha constatato che con l'espressione del parere favorevole della commissione bilancio, il DDL Moratti verrà, come previsto, discusso e votato dalla Camera nella settimana tra il 21 ed il 25 febbraio.
L'Assemblea non può che confermare tutte le critiche al provvedimento già espresse nelle precedenti assemblee e da molti organi accademici incluso il Senato Accademico dell'Università degli Studi di Milano in data 27 settembre 2004.
L'Assemblea esprime grande preoccupazione per il futuro dell'Università pubblica e per le inevitabili conseguenze economiche e sociali del suo declino che l'approvazione della legge comporterebbe.

L'Assemblea dichiara di aderire alle iniziative di protesta proposte nel documento del 4 Febbraio 2005 dalle organizzazioni sindacali e dalle associazioni della docenza universitarie, e delibera pertanto le seguenti forme di mobilitazione :

- occupazione simbolica del Rettorato dell'Università degli Studi di Milano il giorno 21 febbraio dalle ore 10,30 alle ore 11,30 in coincidenza con l'inizio della discussione in aula del DDL.

- una settimana di agitazione dal 21 al 25 febbraio durante la quale i docenti sono invitati ad individuare le forme di protesta più incisive in relazione alla realtà nella quale operano, tra le quali per esempio la rinuncia agli affidamenti e agli incarichi didattici facoltativi.

- adesione alla giornata di sciopero indetta dalle OO.SS. per il giorno 2 Marzo 2005 .

L'Assemblea chiede al Rettore dell'Università degli Studi di Milano di farsi promotore, in tempo utile, di un dibattito pubblico con i Rettori degli Atenei Milanesi e i Presidi di Facoltà sulle conseguenze che l'eventuale approvazione del DDL avrebbe sul sistema universitario e sul futuro della ricerca scientifica.
In tale occasione verrà presentato l'appello alle massime autorità dello Stato promosso dal Coordinamento ricercatori dell'Università degli Studi di Milano, contro la messa ad esaurimento del ruolo dei ricercatori , che si può trovare al sito : https://laren.dsi.unimi.it/raccolta/ e che l'Assemblea chiede venga sottoscritto da chi ha a cuore le sorti della ricerca scientifica.

Milano, 17 febbraio 2005


La Sapienza respinge il DDL Moratti sullo stato giuridico dei docenti
COMUNICATO STAMPA

Gianni Orlandi: la Sapienza respinge il DDL Moratti sullo stato giuridico dei docenti

La comunità accademica del più grande Ateneo italiano chiede di rilanciare l’università pubblica con una politica investimenti e di vere riforme

Roma 16 febbraio 2005

Mozione approvata nell’assemblea aperta di tutta la comunità accademica della Sapienza “Per uno stato giuridico che concorra a rilanciare l’università pubblica”, tenutasi mercoledì 16 febbraio, presso l’Aula grande di Mineralogia, nella Città Universitaria

L’assemblea aperta di tutta la comunità accademica della Sapienza “Per uno stato giuridico che concorra a rilanciare l’università pubblica”, tenutasi mercoledì 16 febbraio 2005, presso l’Aula grande di Mineralogia, al termine di un ampio dibattito, introdotto da Gianni Orlandi, al quale hanno partecipato il coordinamento nazionale dei ricercatori e il coordinamento dei ricercatori della Sapienza, parlamentari, rappresentanti delle forze politiche, delle organizzazioni sindacali, delle associazioni della docenza, colleghi docenti e del personale della Sapienza, ha approvato quanto segue.

L’assemblea ribadisce con forza il giudizio negativo della comunità accademica su un’ipotesi legislativa che mortifica l’università pubblica rinnegando l’autonomia universitaria, disconoscendo il ruolo dei ricercatori e precarizzando la docenza universitaria: lo specchio di una complessiva logica di sottovalutazione del ruolo dell’alta formazione, della ricerca e dell’innovazione, come leve essenziali per il futuro del paese.

Chiede un’inversione di rotta nella politica complessiva dell’università pubblica a partire dall’incremento di investimenti e dal riconoscimento dell’intreccio qualificante tra didattica e ricerca. Occorre che negli Atenei entrino con certezza, in modo stabile e non attraverso forme di precariato, forze giovani e che venga finalmente arrestata la fuga dei cervelli.

Giudica inadeguata l’iniziativa prospettata dal Rettore con l’invito ai Presidenti dei corsi di studio e ai Direttori di Dipartimento a convocare i rispettivi Consigli, nella settimana dal 21 al 25 febbraio. Ciò darebbe luogo soltanto ad una serie di assemblee con mozioni e prese di posizioni, destinate inevitabilmente a ricalcare i testi di quelle già approvate nei mesi di novembre e dicembre dello scorso anno e delle quali sono disponibili versioni approvate in oltre 350 sedi collegiali del medesimo genere, molte delle quali romane e, in particolare, della Sapienza.

Non può essere accettata, infatti, la prospettiva di limitare le forme di protesta alla formulazione di mozioni, per di più in sedi istituzionali decentrate (Dipartimenti, Facoltà, Corsi di studio); al contrario le forme di protesta devono divenire incisive e visibili, a partire dalla decisione di interrompere l’attività didattica nella settimana dal 21 al 25 febbraio, decisione che va responsabilmente assunta in prima istanza proprio dagli organi di governo centrali dell’Ateneo.

Occorre eliminare l’equivoco che debbano essere i soli ricercatori ad assumere la guida della protesta: al contrario deve essere tutto il sistema universitario (personale docente, personale tecnico-amministrativo, studenti) ad opporsi ad una legge sbagliata, che danneggia in modo irreparabile l’università pubblica. L’assunzione a livello dagli organi di governo centrali dell’Ateneo della responsabilità delle forme di protesta è un passaggio indispensabile per chiarire questo equivoco.

L’assemblea chiede, pertanto, al Rettore:

• di assumere la decisione di interrompere l’attività didattica nell’Ateneo nella settimana dal 21 al 25 febbraio;
• di invitare Presidi e Direttori di Dipartimento a non procedere a sostituzioni nelle commissioni di esame dei componenti che in questo periodo ritengano di aderire alle diverse forme di protesta;
• di raccogliere in un “libro bianco” tutte le mozioni già approvate nei mesi scorsi contro il disegno di legge Moratti nelle sedi di Facoltà, di Corso di Studio, di Dipartimento della Sapienza, per presentarlo in una conferenza stampa, dalla quale emerga la posizione assolutamente contraria della Sapienza al Disegno di Legge;
• di manifestare, in occasione della cerimonia di inaugurazione dell’anno accademico, la netta e ferma volontà della Sapienza di opporsi al Disegno di Legge Moratti sullo stato giuridico.