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Yunus: togliete i brevetti ai vaccini l'egoismo di pochi minaccia il pianeta

L'appello al Wto del premio Nobel per l'Economia bengalese

30/03/2021
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La Stampa


 

Karima Moual

I vaccini ci sono, ma non sono e non saranno per tutti. E' su questo che si sta consumando una battaglia globale e violenta destinata a metterci alla prova. Uscire dalla pandemia sembra infatti essere un percorso ad ostacoli, dove seppure il pericolo del Covid-19 continua a mietere vittime, non sembra essere abbastanza da riuscire a convergere su una solidarietà globale con un fine unico e alto: debellarlo ovunque si annidi e a qualsiasi prezzo. Quella porta chiusa ai paesi più poveri con la decisione del Wto di non accettare la deroga ai brevetti, ha evidenziato che gli interessi individuali ed economici, stanno vincendo la partita insieme al virus.

Il Premio Nobel per la pace Mohammad Yunus, con al seguito personalità di alto profilo, si è fatto promotore di un'iniziativa globale per la liberalizzazione dei brevetti.

Professor Yunus, che ripercussioni può avere questa scelta del Wto ?

«Non vedo molto sostegno da parte dei leader politici per rendere il vaccino un bene senza brevetto. L'iniziativa intrapresa dall'India e dal Sud Africa durante la riunione del Wto è stata una grande speranza. Ma non è riuscita a generare sostegno dai paesi ricchi. Molti paesi che hanno ricevuto la prima fornitura di vaccini potrebbero non ricevere i rifornimenti successivi o in prossimità di essa, se la capacità di produzione globale viene mantenuta legata alla capacità delle società farmaceutiche proprietarie di brevetti. Nel frattempo le frustrazioni in tutto il mondo non possono che essere espresse come "apartheid vaccinale", "nazionalismo vaccinale" o "tribalismo vaccinale". Molti leader hanno già sottolineato la crisi morale che questa situazione rappresenta per tutti noi».

Perché la politica non è riuscita a tradurre una voce così plurale e di alto profilo?

«I leader politici considerano più nel loro interesse sostenere le grandi aziende che contribuiscono all'economia nazionale. Ma di fatto scelgono il profitto, di proteggere l'economia a spese delle persone. In termini politici, le nostre voci non hanno potuto contrastare il peso delle aziende farmaceutiche così come quelle che beneficiano delle loro attività».

Sull'aspetto economico, i paesi più poveri hanno meno tutele, a maggior ragione la pandemia sconvolgerà diversi equilibri. Quali sono i rischi più gravi che questi paesi si troveranno ad affrontare nei prossimi anni?

«Tanto per cominciare, gli equilibri nelle società colpite dalla pandemia non erano saldi. Il mondo era su un percorso suicida, e ad un punto di esplosione. La macchina economica pre-pandemica creava continuamente distanza tra le persone e la ricchezza. Questa macchina ha mantenuto la maggior parte degli esseri umani nella parte inferiore del livello di reddito, mentre il 99% della ricchezza è distribuito a una manciata di persone. La pandemia ha peggiorato questa distanza tra le persone e la ricchezza perché le persone hanno perso il loro reddito e il loro sostentamento in modo massiccio mentre il reddito e la ricchezza dei super ricchi continuavano a salire. In questo quadro, la pandemia ha almeno fermato o rallentato il motore economico e ci da l'opportunità di costruire un nuovo motore economico in grado di unire persone e ricchezza e di tenerle insieme. Perché non solo la macchina economica pre-pandemica ci stava portando a un punto esplosivo, ma stava anche per distruggere il mondo attraverso il riscaldamento globale. Stavamo vivendo in una casa in fiamme e invece di spegnere il fuoco eravamo impegnati a fare una grande festa all'interno della casa per celebrare i nostri successi economici. La questione dei vaccini è diventata il simbolo di quanto siamo insensibili al nostro futuro. Dimentichiamo che gli esseri umani sono diventati la specie più minacciata del pianeta. Non c'è modo di sfuggire al nostro percorso suicida a meno che non lo riconosciamo e decidiamo di cambiare il nostro percorso. Dobbiamo dimostrare la nostra consapevolezza a partire dal vaccino: il vaccino non riguarda solo la protezione da un virus, ma la protezione da noi stessi».

È chiaro come il vaccino per i paesi più poveri sarà un bene difficile da conquistare, come pensa si possa affrontare questa emergenza?

«La verità, è che abbiamo sbagliato fin dall'inizio della pandemia. Non appena individuato il nemico globale, bisognava convocare una riunione d'emergenza del Consiglio di sicurezza Onu per avviare un processo per proteggere ogni singola vita sul pianeta. Lo si può fare ancora adesso. Elaborare un piano di protezione globale, per sostituire quello egoistico esistente. Il Consiglio di sicurezza può incaricare il Segretario generale di presentare un piano globale di produzione e distribuzione di vaccini in caso di emergenza. Questo Piano dell'Onu dovrebbe identificare ogni singola capacità di produzione di vaccini diffusa in tutto il mondo e anche offrire modi e mezzi per garantire che tutte queste capacità siano utilizzate e, ove possibile, potenziate».

Il focus sulla pandemia è rivolto soprattutto all'Europa e ai paesi più ricchi, che hanno la capacità di fornire dati e progettare una risposta. Poi abbiamo un continente come l'Africa dove i dati sono pochi…

«Il mondo è diventato molto egoista durante la pandemia. Le aziende di vaccini si concentrano sui paesi ricchi perché sono i migliori offerenti. Tutta l'attenzione è su di loro. Non è la disponibilità di dati che porta loro i vaccini, è il denaro».

L'Italia quest'anno ospiterà i leader del G20 e il vertice sulla salute per riflettere su come costruire un nuovo mondo dopo la pandemia. Che consiglio darebbe loro?

«È importante pensare a cosa succederà al mondo dopo la pandemia. Continuo a cercare di attirare l'attenzione delle persone perché comprendano che si tratta di una grande opportunità per ricominciare da capo, staccandoci dai vecchi modi di fare le cose. Il nostro lavoro per costruire un nuovo sistema economico deve iniziare oggi perché domani sarà troppo tardi. La vecchia macchina economica è oggi disattivata dalla pandemia e dobbiamo approfittarne. Per noi è chiaro che dobbiamo uscire dal nostro attuale percorso suicida. Dovremmo ridisegnare il nostro sistema educativo per preparare i giovani a diventare imprenditori, invece di abbandonarli a inconcludenti ricerche di lavoro. L'intero sistema finanziario deve essere ridisegnato per supportare ogni giovane a diventare imprenditore. Sarà necessario immaginare nuove leggi per creare istituzioni finanziarie per l'imprenditoria sociale. Aspettare che la pandemia arrivi alla fine per avviare nuove iniziative è un modo sicuro per non assumerci la nostra responsabilità. Non cadiamo in quella trappola. Cominciamo adesso il nostro nuovo viaggio». —


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