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Valutazione e meritocrazia nei piani del Governo. Giannini: “Premi ai prof che lavorano di più”

Le promesse del ministro dell'Istruzione: nessun taglio a scuola e Università, certezza dei finanziamenti

13/03/2014
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Il Secolo XIX

Stiamo parlando con il ministro Stefania Giannini di scuola, università e ricerca: il suo dicastero. Giorni se non cupi, almeno ben poco chiari: la relazione dell'Anvur, Agenzia nazionale per la valutazione dell'università e ricerca, appena uscita, è impietosa. Ci sono criticità, come si dice oggi, in settori tradizionalmente buoni come le Scienze umane, che balzano all'occhio: i risultati peggiori fra i test condotti in molte università li hanno ottenuti gli studenti di Scienze della formazione primaria, insomma quelli che un giorno andranno o dovrebbero andare a fare i maestri. Un po' meglio vanno le facoltà (oggi i dipartimenti) scientifici, che hanno ottenuto una buona performance nei test di questa prima sperimentazioni "sul campo". E un'evidente riprova della separazione tutta nostrana fra le cosiddette due culture, quella scientifica e quella umanistica, sicuro retaggio di un'organizzazione scolastica tradizionale di stampo idealista che ha avuto nel passato molti meriti, ma che ha lasciato anche parecchie rovine. C'è poi un sensibile calo degli studenti universitari. «E un calo fisiologico», commenta il ministro, «ma non solo. C'è in giro una sfiducia generalizzata, che dobbiamo riporta re a un segno positivo. La scuola, come l'Università, serve: alla crescita, alla futura professione, alla consapevolezza. E una delle nostre possibilità per il futuro». Per questo, aggiungiamo noi, anche la dignità di chi nella scuola e nell'Università insegna deve essere salvaguardata. «Ho in mente, e l'ho già espressa, un'idea non automatica della progressione stipendiale, senza ovviamente cancellare quelli che sono i principi di anzianità. Ma corretti e potenziati da un'idea "premiale", come suol dirsi, relativa alla professione e alle competenze: chi lavora di più, chi produce di più, deve essere compensato in qualche modo. Non si può continuare con la storia ormai antica secondo cui tutti devono guadagnare la stessa cifra al ribasso». Per questo non ci saranno tagli, assicura il ministro. E ci sarà la certezza dei finanziamenti: finora, per esempio all'Università, lo stanziamento si conosceva, quando andava bene, al momento di stappare lo spumante per l'ultimo dell'anno. Era una condizione perenne di precarietà. Basta con l'emergenza come condizione assoluta del vivere in Italia. E necessario, dice il ministro, avviarsi verso una gestione della normalità, e non dell'eccezionalità. Già Renzi, del resto, ha reso noto lo stanziamento di due miliardi per l'edilizia scolastica, e la stessa Giannini aveva già rimesso in circolo i milioni non spesi per le urgenze. E un modo per ripartire dopo anni di stagnazione: vedremo se il seguito sarà finalmente figlio di un programma e non di colpi di testa e di mano, come è spesso accaduto fino ad ora. L'Università è stata un elemento scomodo per tutti i governi, finora. L'Agenzia che citavamo all'inizio è quella che, da qualche anno, appronta un monitoraggio continuo, spesso occhiuto e (opinione di chi scrive) poco trasparente e poco produttivo. «L'Anvur, pur necessaria, deve essere uno stimolo, non un ufficio di controllo e basta», commenta il ministro. Una delle tante ragioni dello sgomento e del fastidio di chi opera a scuola o nell'università è l'asfissiante atteggiamento inquisitorio degli organi che da qualche tempo sono preposti alla valutazione, non di rado produttori di burocrazia e di scartoffie informatiche di tali dimensioni e di tale abnormità da ostacolare l'esercizio dell'insegnamento aggiornato, della ricerca e della produzione di cultura. Dal nulla al troppo, in sede di controlli, è un salto assurdo e controproducente, anche perché la quantità, la sola che si può misurare con il computer e le tabelle, quando va a scapito della qualità è sintomo di un atteggiamento paranoico. Ma soprattutto, e il ministro in questo è d'accordo, è necessario che la macchina riprenda a procedere senza troppe scosse, e che questo, anche nel settore di cui stiamo parlando, possa finalmente essere un Paese normale. Roberto Fedi


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