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Università, vuoi un docente? Tassa di più gli studenti

La chiamano "meritocrazia".

03/01/2019
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il manifesto

Roberto Ciccarelli

La chiamano "meritocrazia". Dovevano cambiare tutto, hanno confermato il sistema creato da Gelmini-Monti: il caso della distribuzione dei «punti organico» tra gli atenei voluta dal governo dei gialloverdi Cinque Stelle-Lega. Gli atenei del Nord premiati da un sistema che penalizza quelli del sud nella distribuzione delle risorse per le assunzioni. In questo sistema conta chi aumenta le rette agli studenti. "L'università è sempre più classista in un paese dove le tasse sono aumentate enormemente" (Link studenti)

Il 28 dicembre scorso il governo giallo-verde ha pubblicato un decreto molto importante per le università: quello sui cosiddetti «punti organico». Ogni dipendente (docente e personale tecnico-amministrativo) e il rispettivo livello di inquadramento corrisponde a un equivalente in punti organico: un professore ordinario corrisponde a 1 punto; un associato a 0,70 punti; un ricercatore varia da 0,40 (per quelli di tipo A) a 0,50 punti (per quello B, a un passo dal posto vero e proprio); i tecnici-amministrativi non superano 0,65 punti.
Quest’anno i punti sono 2.038 e regoleranno il ridotto turn-over tra il personale che va in pensione e quello che può essere assunto (ricercatori in attesa di diventare associati o per essere rinnovati) esentato dal blocco delle assunzioni nella pubblica amministrazione fino a dicembre 2019.Alle università «più meritevoli» (in cima alla lista quest’anno ci sono Bergamo, Politecnico di Milano, Milano Bicocca , Varese Insubria, Milano Statale, Catanzaro, tra le altre) andranno più posti. A quelle meno “meritevoli” molti di meno, anche se è garantito di assumere almeno per il 50% dei punti organico. Il restante 50% della torta è distribuito in base ai bilanci “virtuosi”. Dunque tutto a posto? Non proprio. Come tutti i meccanismi della concorrenza – nell’università, dove si cerca di essere più squisiti, la chiamano «meritocrazia» – la gara è truccata.

Siamo nel 2012, il governo Monti sistematizza il pilastro della legge Gelmini varata nel 2011: gli atenei non possono decidere sul proprio turn-over. Lo decide il decreto del governo basato un meccanismo curioso: i pensionamenti avvenuti in un ateneo possono essere conteggiati come il turn over di un altro ateneo, a condizione che quest’ultimo abbia un bilancio più virtuoso dell’altro. E non importa se il primo ateneo conta, anch’esso, su una buona amministrazione delle risorse. È un caso limite nella pubblica amministrazione è resa più odiosa dal fatto che i parametri dipendono dall’aumento delle tasse degli studenti. è la legge più iniqua: se vuoi assumere un docente, devi tassare di più lo studente.

In base a questa legge, il Miur e il governo premiano gli atenei che tassano di più gli studenti obbligando così quelli che mantengono le rette ancora basse ad aumentarle. È un modo semplice, e classista, per peggiorare la condizione già gravemente squilibrata degli atenei. Puoi essere un buon amministratore, ma non conta. Chi più spreme gli studenti viene celebrato nel campionato della meritocrazia. E come ogni anno, anche il primo della stagione populista, è stata trasferita da Sud al Nord una quota preziosa della merce di scambio calcolata in «punti organico». Quest’anno dal centro e dal sud Italia, in particolare Roma Sapienza, Federico II a Napoli e Palermo, sono stati trasferiti agli atenei del nord, rispettivamente, 55 e 85 punti organico. È come se 280 ricercatori dovessero abbandonare gli atenei meridionali per essere trasferiti nelle più ricche università settentrionali” ha scritto Beniamino Cappelletti Montano sulla rivista online Roars. È solo l’ultima goccia del mare di risorse rifluite al Nord. Da quando Monti perfezionò il sistema, in sei anni sono stati calcolati 500 punti organico, cambiando strutturalmente la ricerca e la formazione nel nostro paese. Montano presenta un paio di esempi significativi: i due atenei «virtuosi» della Federico II e Udine. Dal confronto, uno di tanti possibili, i napoletani sono maltrattati con solo l’83% del turn-over, mentre ai colleghi friulani va il 113%. Impressionante la differenza tra l’università degli stranieri di Siena e Pavia: alla prima va un turn-over del 663%, alla seconda solo il 94%. «Si continua a non considerare che siamo il paese in cui le tasse universitarie sono tra le più alte in Europa e gli studenti esonerati dal pagamento rappresentano solo il 13% contro il 32% della Francia e il 30% della Spagna secondo l’ultimo rapporto Eurydice – sostiene Alessio Bottalico, coordinatore nazionale di Link Coordinamento Universitario – Pur essendo le condizioni economiche uno dei motivi che escludono gli studenti dal frequentare l’università, si continua a spianare la strada verso un’università classista».

In un ordine del giorno presentato nel 2013 i Cinque Stelle avevano chiesto una riforma più equa della ripartizione dei punti organico. Intento ribadito nel programma elettorale del 2018. Intenti scomparsi alla prima prova di governo. Lo chiamavano «cambiamento».


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