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Università: "Un aumento di 200 euro al mese per 21mila dottorandi"

Petizione per il ministro dell'Istruzione: "Siamo i proletari dell'università e mandiamo avanti il sistema. Le nostre borse di ricerca tra le più basse d'Europa". Il 28 settembre le firme saranno consegnate alla Camera

07/09/2017
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la Repubblica

Corrado Zunino

n questi giorni di sciopero dei docenti universitari, c'è una categoria gerarchicamente sottoposta che reclama un aumento: sono i dottorandi. Nelle 91 università italiane sono ventimilasettecento (un dottorato post-laurea dura tre stagioni) e, quasi tutti, da dieci anni prendono il minimo sindacale: 12.241,89 euro netti in dodici mesi, che fanno 1.020,11 euro mensili. Una cifra lontana da quella prevista negli atenei francesi e tedeschi: "Le nostre borse di ricerca sono tra le più basse d'Europa". Due università sono recentemente riuscite ad aumentare il "quantum": nel marzo 2015 la Bicocca di Milano ha portato la borsa a 14.556 euro l'anno, pari a 1.213 euro il mese. Seguita a ottobre 2016 dalla Statale, sempre a Milano, che ha incrementato la borsa fino a 1.216 euro netti. Di questo secondo aumento ne hanno usufruito i dottorati in consorzio con la Statale di altre quattro università: Genova, Torino, Bergamo e Pavia. Ma solo quando lavorano insieme all'ateneo milanese.

Dei 2.709 dottorati italiani dell'anno accademico appena chiuso, il 99,7 per cento è compreso tra 13.638 e 18.000 euro e il 77 per cento è sotto i livelli attuali di Statale e Bicocca. L'Università di Bologna - per capire le differenze rispetto all'Europa avanzata - paga i post-laureati italiani al minimo mentre prevede borse di Diritto riservate ai dottorandi stranieri da 33.600 euro. Un'offerta pari al triplo: serve per attrarre "cervelli" abituati ad altri trattamenti all'estero.

Ora, sempre da Milano, arriva la richiesta di aumentare di duecento euro le borse in tutta Italia. Giulio Formenti, rappresentante della categoria nel Senato accademico della Statale di Milano, dice: "Se le rivendicazioni sugli scatti d'anzianità dei docenti sono giuste, queste non devono sopraffare le richieste di chi ai docenti è subalterno: assegnisti di ricerca, dottorandi, borsisti. In queste categorie si trovano gli anelli deboli del sistema universitario, i proletari degli atenei. Il contributo che diamo al funzionamento dell'accademia in termini di didattica e ricerca è importante".

Per sostenere la richiesta è partita a luglio una petizione, che ha ricevuto le prime 1.600 firme. Con l'avvio della nuova stagione universitaria i fogli di raccolta firme "per l'aumento di 200 euro" gireranno ancora tra i dipartimenti e il 28 settembre saranno consegnati alla Camera dei Deputati. Il costo per lo Stato, secondo i calcoli degli attori, sarebbe di 70 milioni di euro. Ancora Formenti: "Se l'investimento lo fa una singola università non serve al sistema-paese, rivolgiamo quindi un appello alla ministra Valeria Fedeli affinché adegui le borse dei giovani ricercatori italiani agli standard internazionali". Ispirati dall'ultima scelta della responsabile dell'Istruzione - che ha prelevato 250 milioni dal tesoretto dell'Istituto tecnologico italiano di Genova per spalmarli sull'intera ricerca di base universitaria -, i dottorandi bussano nuovamente alla porta dell'Iit: "Ilfuturo della conoscenza italiana parte dalla qualità dei suoi ricercatori", si legge. "Contribuiamo sensibilmente al successo e al prestigio dei nostri atenei, per un sistema universitario che voglia eccellere in Europa e nel mondo questo apporto è fondamentale".