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Università, sciopero degli esami: il rebus delle adesioni

Iniziate le sessioni nelle università, molti prof non si pronunciano. Il braccio di ferro col capo dei rettori

06/09/2017
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Valentina Santarpia

Da Palermo a Milano, è iniziata la roulette degli esami universitari. Dopo la lettera-annuncio di 5.400 docenti universitari che hanno proclamato uno sciopero per le sessioni autunnali di esami e di laurea, negli atenei si naviga a vista. La commissione di garanzia sugli scioperi ha ritenuto la protesta legittima, e invano ha chiesto alla ministra dell’Istruzione Valeria Fedeli di incontrare i docenti per scongiurare che saltassero prove e discussioni di tesi. Per cui ogni giorno accademico si apre con un enigma: quanti professori saranno al loro posto? Negli atenei si fanno conti prudenti.

A Milano Bicocca, ad esempio, 7 prof su 2.000 hanno anticipato di partecipare allo sciopero. Ma non c’è nessun obbligo da parte del docente di rivelare se intende aderire. «E noi non possiamo chiederlo, altrimenti violeremmo il diritto allo sciopero», spiega Daniela Mapelli, responsabile della didattica all’università di Padova. «Da noi 174 docenti su 2 mila hanno firmato la lettera, ma non è detto che tutti sciopereranno o che non ce ne saranno molti altri ad aderire a sorpresa. Quindi ci siamo organizzati con le segreterie per far sì che almeno i laureandi possano verbalizzare gli esami fino a 5 giorni prima perché possano discutere la tesi».

Il presidente della conferenza dei rettori, Gaetano Manfredi, in verità ci ha provato: inviando una lettera ai direttori dei dipartimenti per chiedere quali docenti avrebbero scioperato nel suo ateneo, la Federico II di Napoli, e poter avere un quadro della situazione. Apriti cielo, sembrava volesse boicottare lo sciopero: «Assolutamente no — chiarisce —. Ma mi sembra un’azione di rispetto nei confronti degli studenti comunicare le proprie intenzioni, per evitare che si presentino inutilmente». Le associazioni degli studenti, dal canto loro, sono fiduciose: «Gran parte dei professori ci sta annunciando come intende comportarsi», spiega Andrea Torti di Link coordinamento universitario. Inizialmente le motivazioni dello sciopero — il mancato scatto stipendiale — li aveva allontanati dalla protesta. Ma adesso che si sta allargando, sono gli studenti stessi a supportarla, con assemblee pubbliche, come quelle di ieri al Politecnico di Torino e all’università di Pisa. «L’università è in macerie, è un’occasione per far sentire il disagio di tutti», spiega Torti. E Corrado Petrocelli, ex rettore dell’università di Bari, professore di Filologia classica, conferma: «Io sciopero, ma non per i soldi. Protestiamo per ragioni che condividiamo tutti: il definanziamento, un’Anvur troppo burocratica, le sperequazioni tra Sud e Nord, i professori non sostituiti. Ma non tutti hanno il coraggio di venire allo scoperto».


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