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Università, parte in anticipo l’iter per l’assegnazione dei fondi

Giannini: «Gli atenei quest’anno avranno certezza di risorse entro l’estate». Ffo fermo a 6,9 miliardi ma vengono triplicati i fondi per favorire le chiamate di docenti dall’estero

09/05/2015
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Corriere della sera

Antonella De Gregorio

Parte un po’ prima del previsto (e del solito) l’iter per l’assegnazione alle Università statali del Fondo di finanziamento ordinario (Ffo): 6,9 miliardi (erano poco più di 7 l’anno scorso) che costituiscono la principale fonte di entrata per gli atenei italiani. Il decreto che stabilisce come verranno ripartiti i fondi - in calo constante, e quest’anno non fa eccezione - è stato inviato alla Conferenza dei Rettori (Crui) per il primo dei pareri previsti per legge. Seguiranno quello del Consiglio universitario nazionale (Cun); del Consiglio Nazionale degli studenti universitari (Cnsu) e dell’Anvur, l’Agenzia di valutazione del sistema universitario.

Il rientro dei «cervelli»

«Prima dell’estate gli Atenei avranno certezza delle risorse di cui disporranno per il loro funzionamento», ha sottolineato il ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini. Una novità salutata con favore dal mondo accademico e dagli studenti: «Dopo anni di incertezza per gli atenei, che si vedevano pubblicare il riparto effettivo delle risorse solo a fine anno, questo anticipo è certamente positivo», dice un docente.
Il ministro ha illustrato così le novità: «Abbiamo triplicato i fondi per la mobilità dei professori tra atenei e le chiamate di docenti dall’estero, che passano da 3,5 a 10 milioni di quest’anno. La quota di risorse distribuite in base alla premialità passa dal 18% al 20% del Fondo: si tratta di 170 milioni in più da assegnare a chi ha i migliori risultati nella ricerca e nella didattica, a chi favorisce la mobilità degli studenti e la partecipazione ai programmi Erasmus».
Il Fondo di finanziamento 2015 prevede una quota base (4,9 miliardi) che sarà ripartita per il 75% su base storica e per il 25% (era il 20% nel 2014) in relazione al costo standard per studente. A disposizione ci sono poi 1,385 miliardi da distribuire in base alle performance degli atenei.

Le performance degli atenei

Ma è proprio sul delicato capitolo della premialità - 1,38 miliardi da distribuire «in base alle performance degli atenei» - che si concentrano le critiche. In assenza di un criterio ufficiale per valutare la didattica, il sistema prende attualmente in considerazione innanzitutto i risultati della ricerca scientifica, che «pesano» per il 65%. Il sistema utilizzato per misurare qualità e produttività dei ricercatori, la Vqr (Valutazione della qualità della ricerca) - una valutazione di tipo ibrido, peer-review per le scienze umanistiche e sociali e prevalentemente bibliometrica per le altre - non raccoglie però consensi unanimi: «Intanto la quota è eccessiva», dice l’Unione degli Universitari, che ritiene il metodo inadatto: «Il criterio è più quantitativo che qualitativo e potrebbe favorire il clientelismo». Il 20% della quota premiale viene assegnato in base alla valutazione delle politiche di reclutamento: un criterio nato sull’onda di Parentopoli e degli scandali del reclutamento universitario, per monitorare come si comportano gli atenei nelle assunzioni («Ma è un criterio perfettibile, meramente quantitativo, che nulla ha a che vedere con i processi reali di apprendimento», dice l’Udu).

Mobilità e didattica

La capacità di favorire la mobilità degli studenti e la partecipazione a programmi di studio all’estero vale il 3%. Per il 12% - circa 160 milioni di euro - ci si baserà sui «risultati della didattica». E questo è il punto più discutibile, secondo gli universitari: il decreto fa esplicito riferimento al numero di studenti che hanno accumulato 20 crediti nell’anno accademico precedente. «Si rischia di incentivare nuovamente gli atenei a liberarsi degli studenti fuori corso con tasse più alte, obblighi d’iscrizione part-time, o svalutazione della qualità, per far conseguire più crediti ai singoli studenti», commenta Gianluca Scuccimarra, dell’Udu. Che invoca «un recupero delle risorse sottratte dal 2008 ad oggi, almeno 800 milioni, e un ripensamento complessivo del sistema premiale, che superi una mera logica di concorrenza aziendale che mortifica la funzione pubblica dei nostri atenei».

5 milioni in più per i ricercatori

Ci sono poi 65 milioni per il «Fondo giovani», che sostiene soprattutto la mobilità internazionale, e 125 milioni destinati alle borse post lauream (in calo). Mentre vengono destinati 5 milioni per l’assunzione di ricercatori a tempo determinato di tipo B per il triennio 2015-2017. Infine, nessuna università potrà registrare una diminuzione delle risorse superiore al 2% rispetto al 2014 (il limite era il 3,5% un anno fa).


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