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Università, la carica degli onesti nasce l’osservatorio sui concorsi

Gli ordinari in campo al fianco dei precari “È ora di cambiare Bandi e risultati online per stanare gli illeciti”

30/01/2018
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la Repubblica

Ilaria Venturi

La proposta più provocatoria è quella di presentarsi nelle sedi d’esame con la scritta sulla maglietta: “Osservatori indipendenti”. Un po’ come i caschi blu dell’Onu. Intanto sono partiti sul web, fondando un Osservatorio sui concorsi universitari per dare visibilità a tutto quello che c’è da sapere, dalla lista dei candidati ai vincitori, e per segnalare bandi cuciti addosso a chi li deve vincere, solitamente il candidato interno al dipartimento che ha promosso la selezione.

È partita la rivolta dei professori che vogliono cambiare l’università dal basso. In poche settimane il portale, aperto nel social media Academia.edu, il più utilizzato dai ricercatori, ha già raccolto una cinquantina di adesioni da docenti di atenei in Italia e all’estero. Ed è la prima volta che, insieme ai precari cui vengono sbarrate le porte e agli esclusi che si rivolgono ai tribunali, a muoversi contro i baroni ci sono professori ordinari, associati e ricercatori a tempo indeterminato. « Mi è capitato di assistere a un paio di concorsi non del mio settore: ho visto cose vergognose. Non se ne può più. Abbiamo la responsabilità di mobilitarci. Siamo ancora pochi, non è facile sgretolare il muro dell’indifferenza, ma almeno partiamo » , spiega Paolo Trovato, 65 anni, storico della lingua italiana, anima degli indignati.

La mobilitazione, cresciuta sui social dopo la lettera-denuncia del ricercatore Massimo Piermattei pubblicata da Repubblica (e ora diventata un libro, Smetto quando voglio, di Libreriauniversitaria. it, con decine di testimonianze sulla

Spoon river degli accademici mancati) sta uscendo allo scoperto. A Trovato è bastato pubblicare alcune proposte perché «qualche volta possa vincere il migliore » per avere oltre 12mila visualizzazioni da parte dei ricercatori e oltre 500 partecipanti al dibattito: «Una rabbia che va rappresentata».

L’Osservatorio raccoglierà i concorsi banditi in tutti i settori per dare pubblicità a quello che è ( o dovrebbe essere) già pubblico. «Terremo gli occhi addosso alle commissioni, chiederemo ai rettori di pubblicare i verbali, daremo assistenza legale ai ricorsi, con raccolte fondi per sostenerli, saremo uno strumento di pressione nella speranza che prima o poi la legge sui concorsi cambi » . Qualcosa di simile si mosse anni fa con Secs Team, il gruppo di economisti che denunciava storie di « meritevoli ma non abbastanza ammanicati». Altra iniziativa, che dà il polso di come le riforme calate dall’alto — le ultime indicazioni sono arrivate dal piano anticorruzione di Anac e Miur — non bastino, è quella del gruppo Trasparenza e merito: ricercatori e docenti che si sono rivolti a Tar e procure dimostrando illeciti nei loro concorsi. Partiti in 8 a novembre, oggi sono una sessantina. «Vogliamo costringere le università ad applicare le sentenze » , spiega Giambattista Scirè, uno dei fondatori. Da vari rivoli, si gonfia la voglia di sanare un sistema che soffre di un deficit di trasparenza. « Non tutto, non sempre » , premettono i promotori dell’Osservatorio.

Sotto accusa è un sistema dei concorsi locale, con commissioni non più scelte a sorteggio. «Per un candidato esterno all’ateneo, anche se di grande caratura, entrare è quasi impossibile», continua Trovato. Il contrario di quel che l’università dovrebbe fare: attrarre il meglio. Solo che mancano i fondi, e a un ateneo costa meno lo stipendio di un vincitore locale. Poi c’è il problema della schiera di abilitati a diventare professori che rimangono nel limbo dei “non chiamati” dalle università. « Si creano idonei senza assumerli: così il sistema è bloccato. E quando non hai risorse per investire su progetti scientifici pluriennali, rischiano di prevalere le istanze peggiori. Il candidato interno diventa la scelta minore, non necessariamente la migliore » , osserva Carlo Consani, direttore del dipartimento di Lingue dell’università di Chieti-Pescara, tra i firmatari dell’Osservatorio.

Tra i promotori ci sono anche Marco Federici e Rosanna Morace: si definiscono «ricercatori mancanti » nel senso che ancora ci provano, sebbene ora, per vivere, facciano supplenze a scuola. « Vogliamo combattere l’arbitrarietà dei criteri di selezione — spiega Marco, 37 anni, ispanista — Ancora non getto la spugna: da perdere non ho nulla, se non la pazienza».


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