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Università, l'ultimo Profumo sa di Gelmini

Diritto allo studio

07/02/2013
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il manifesto
Dalla modifica dei requisiti per le borse di studio al decreto per valutare gli atenei. Il colpo di coda del ministro agita gli studenti Ava non è un detersivo Allarme rientrato, dunque? Forse sul fronte delle borse di studio, anche se non è detto. Di certo non lo è su quello dell'applicazione della riforma Gelmini che procede spedita come un treno. È stato infatti pubblicato il decreto Ava, acronimo di
Roberto Ciccarelli
Il disordinato attacco al diritto allo studio del ministro dell'Istruzione Francesco Profumo è stato respinto. E già si preannuncia una nuova offensiva, questa volta sull'accreditamento e la valutazione degli atenei con il decreto Ava. che ha il nome di un detersivo, ma rappresenta l'ultima tappa della demolizione programmata dell'istruzione universitaria in Italia iniziata con la riforma Gelmini.
Andiamo con ordine. La conferenza Stato-Regioni prevista per oggi pomeriggio non potrà approvare le modifiche ai requisiti per erogare le borse di studio agli studenti fuorisede. Lunedì scorso il Consiglio Nazionale degli studenti universitari (Cnsu) non ha approvato il decreto inviato in bozze giovedì 31 gennaio da Profumo. È stato decisivo il boicottaggio degli studenti di centrosinistra (Unione degli studenti e la Rete universitaria nazionale) che hanno fatto mancare il numero legale. Il parere di questo organo voluto dalla Gelmini è obbligatorio, ma non vincolante. «Il ministero adesso non sa cosa fare - afferma Michele Orezzi dell'Udu - Se oggi proveranno ad approvarlo ricorreremo. Dovranno spostare tutto dopo le elezioni. È la degna chiusura del mandato fallimentare di questo ministro. È la vittoria di tutti gli studenti che con le loro mobilitazioni dal 2008 cercano di salvaguardare il carattere pubblico dell'università e quel che resta del sistema del diritto allo studio».
Il bluff del governo
Profumo ha cercato far finta di nulla. L'ansia di portare a casa il decreto prima della scadenza della legislatura lo ha spinto a modificare un provvedimento ispirato al «leghismo universitario», com'è stato felicemente ribattezzato dagli studenti che si sono prontamente mobilitati, occupando l'Adisu a Napoli e a Bari, una facoltà a Cagliari, e poi le residenze di Venezia, Macerata e Urbino. Ieri sera c'è stata una veglia a Modena, a l'Aquila si organizzano, oggi sono previste azioni in tutte le città. Gli hashtag su twitter da seguire sono: #nodecreto, #borseggiatori #dirittoallostudio.
Il punto debole di Profumo è il comma 8 dell'articolo 4 che prevede la creazione di tre macroregioni di riferimento per la residenza che regolererebbero il livello massimo di Isee (l'indicatore della situazione economica equivalente) per accedere alle borse: Nord (Liguria, Piemonte, Valle d'Aosta, Lombardia, Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia, Veneto, Emilia Romagna) con tetto massimo di 20mila euro, Centro (Toscana, Marche, Lazio e Umbria) con tetto di 17.150 euro e Sud (Molise, Abruzzo, Campania, Basilicata, Puglia, Calabria, Sardegna, Sicilia) di 14.300 euro. Profumo ha provato a modificare i parametri. A Nord l'Isee varrà da 19 a 21 mila euro, nel Centro da 17 mila a 18.500 euro e a Sud da 15 mila a 17 mila. «In questo modo - ha aggiunto - il numero delle borse di studio passerà da 115 mila a 140 mila, l'ammontare delle singole borse da 4.900 a 5.500 euro».
Un ottimismo fuori luogo per Federico Nastasi, coordinatore di Run: «Considerate le risorse del fondo per le borse, la riduzione dell'età massima per beneficiare delle borse e l'innalzamento dei criteri di merito, Profumo vuole restringere la platea degli idonei come avviene dal 2008 con i tagli del governo Berlusconi». Per gli studenti del coordinamento universitario Link è tutto fumo negli occhi: il decreto resta immutato. «Se è vero - dice Luca Spadon - che aumenta l'importo complessivo delle borse, non vi è nessuna inversione di tendenza rispetto ai criteri di reddito e merito».
Ciò che ha fatto indignare gli studenti è la norma sui fuorisede. Se passasse il decreto uno studente di Gravina di Puglia, a 60 km da Bari, non sarà più considerato un «fuorisede» bensì un «pendolare» e non avrà diritto a una borsa di studio, né alla stanza in una residenza. «Lo status di fuorisede - aggiunge Spadon - viene riconosciuto solo a chi impiega un tempo superiore a 75 minuti per raggiungere l'ateneo». Da Gravina a Bari, salvo traffico, ci si impiega di meno. Figurarsi da Livorno a Pisa o da Grosseto a Firenze, tanto per fare altri esempi. Per gli studenti non c'è verso: «il decreto dev'essere ritirato».
Ava non è un detersivo
Allarme rientrato, dunque? Forse sul fronte delle borse di studio, anche se non è detto. Di certo non lo è su quello dell'applicazione della riforma Gelmini che procede spedita come un treno. È stato infatti pubblicato il decreto Ava, acronimo di Autovalutazione, Valutazione e Accreditamento del sistema universitario italiano. Si tratta di un sistema integrato che fa capo all'agenzia della valutazione Anvur che assicurerà la qualità (Aiq) dei corsi di laurea. Gli atenei hanno tempo fino al 4 marzo per ricevere l'accreditamento iniziale dal Miur. Per attivare una triennale sono richiesti 12 docenti, per una magistrale 8.
Con quei docenti si possono accettare studenti fino a un certo numero massimo, che dipende dalla classe del corso: ad esempio per Fisica, 75 studenti alla triennale e 60 alla magistrale; a Economia, rispettivamente 230 e 100. Cosa succede ai corsi che non rientrano in questi parametri?
Per i prossimi tre anni nulla, o quasi. Dal 2016/2017 la musica cambierà perché per avere corsi numerosi, e quindi per essere valutati positivamente dall'Anvur e ottenere fondi dal Miur, gli atenei dovranno raddoppiare i docenti. Solo che, a causa del blocco dei concorsi e del pensionamento di massa nei prossimi anni, i docenti saranno dimezzati e quindi corsi come fisica o economia dovranno essere chiusi o accorpati ad altri per mancanza di professori. Come conseguenza, prevedono Giuliano Antoniciello, Alessandro Ferretti e Lia Pacelli su Roars.it, ci sarà «l'introduzione generalizzata del numero chiuso». L'ultimo colpo di coda di una legislatura maledetta che ha programmato il dissesto dell'università. E per domani ha previsto l'estensione del numero chiuso, oggi già presente in metà delle facoltà.

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