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L'università italiana è poco attrattiva e perde studenti. Un decalogo per rivitalizzarla

Secondo lo studio The European House - Ambrosetti, siamo penultimi tra i paesi Ue per numero di laureati e tasso di occupazione dei neolaureati. L'analisi propone 10 soluzioni per il passaggio verso "l'Università 5.0"

25/07/2020
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L'Huffington Post

Un sistema universitario di scarsa attrattività, che ci porta ad essere penultimi come popolazione totale laureata e per tasso di occupazione dei neolaureati all’interno dell’Unione Europea. È questo il quadro dipinto dallo studio svolto dal The European House - Ambrosetti, gruppo professionale fondato nel 1965 che dal 2019 ha avviato un dialogo con i principali stakeholder dell’università italiana per chiarire i problemi degli atenei e realizzare una “Università 5.0″, ”una infrastruttura abilitante della società 5.0 - cioè un modello di sviluppo sociale in cui gli attori dell’innovazione sono i protagonisti - attraverso 3 attività chiave: la didattica assicura un efficace trasferimento dei talenti per rispondere alle necessità presenti e future del mondo del lavoro; la ricerca elabora soluzioni, tecnologie e paradigmi innovativi in sinergia con altri attori dell’innovazione; rispondere ai bisogni del territorio di riferimento”

Secondo lo studio, che è stato presentato anche al Ministro per l’Università Gaetano Manfredi durante la Technology Forum Week, dal 2010 al 2015 l’università italiana ha avuto “un’emorragia di studenti”, perdendo l′11% degli iscritti. Inoltre, il premio salariale per i laureati ”è andato progressivamente calando, oggi è inferiore di 32 punti percentuali rispetto alla media Ocse (2018)”. 

Per quanto riguarda l’inserimento nel mondo del lavoro, il nostro paese presenta “un elevato mismatch di qualifica dei lavoratori”. Così, si fa più marcato il fenomeno della “fuga di cervelli”. Infatti, “ogni anno lasciano il Paese oltre 25mila laureati”. Secondo il Club Ambrosetti, tutto ciò equivale a “una perdita di risorse investite per il Paese, a partire dalla scuola primaria, di 3,6 miliardi”. 

Una delle problematiche principali è che si tratta di un sistema sottofinanziato. Le risorse pubbliche “sono in continua contrazione”. Il “Fondo di Finanziamento Ordinario (FFO)” nel periodo 2008-2019, ha registrato un ”-12% in termini reali”. Le poche risorse allocate vengono distribuite a pioggia, basandosi sul numero degli studenti e “danneggiando soprattutto le università del Sud”. Inoltre, si tratta di un sistema poco internazionalizzato - pochi studenti e docenti stranieri, e anche i corsi di lingua inglese scarseggiano -, che soffre di “overload burocratico” che fatica ad attrarre investimenti pubblici. 

Il decalogo per l’Università 5.0

Gli studiosi del The European House - Ambrosetti hanno stilato un decalogo per favorire il salto di qualità del sistema universitario italiano, e quindi il passaggio all’Università 5.0 che “incrementando il Fondo di Finanziamento Ordinario allo 0,9% del PIL (media UE) genererebbe una maggior crescita nel medio-lungo periodo: un’extra crescita +23 punti percentuale al 2060”. 

1. Portare a termine il processo di riforma, in linea con la strategia europea varata nel 2000, rafforzando il ruolo del Rettore e del Consiglio di Amministrazione, sul modello anglosassone: la riduzione del mandato del Rettore a 4 anni, con possibilità di rinnovo, favorirà un percorso di managerializzazione da completare con il legame fiduciario tra la figura del Rettore “manager accademico” e il Cda stesso. Di pari passo, è necessario eliminare vincoli alla rappresentanza esterna nei Cda universitari così da rafforzarne l’indipendenza rispetto alle logiche di singolo dipartimento/facoltà rappresentate dalle figure interne.

2. Eliminare il valore legale del titolo di studio, che irrigidisce l’offerta formativa dei diversi corsi, ed effettuare un ridisegno strategico dei corsi di laurea attraverso un processo di razionalizzazione di sistema e di tematizzazione degli atenei in ottica 5.0. In coerenza con gli obiettivi della Società 5.0, la priorità dovrà essere assegnata a specifici temi o bisogni sociali o a necessità specifiche che emergono dai territori di riferimento.

3. Ridurre l’overload burocratico introducendo un Testo Unico abrogativo per il Sistema Universitario che disciplini tutta la normativa vigente relativa alla formazione terziaria e che sia funzionale a:riconoscere peculiarità del Sistema Universitario rispetto ad una P.A. standard; rimuovere vincoli specifici (es. divieto di iscrizione a più corsi di laurea, vincoli ai corsi in inglese, ecc.): superare l’attuale meccanismo dei punti organico e aggiornare i parametri per la valutazione della qualità di ANVUR

4. Potenziare la didattica fornendo competenze multidisciplinari e soft skill, rafforzando i link università-impresa e introducendo un Sistema compiutamente duale, a partire dagli Istituti Tecnici Superiori (ITS), con azioni specifiche sia per le Università (insegnamenti multidisciplinari, potenziamento delle soft skills, docenza da parte di professionisti dal mondo business, ...) che per le imprese (potenziamento di dottorati industriali e apprendistati di alta formazione, Life Long Learning, condivisione di infrastrutture, finanziamento all’R&D, ...)


5. Incrementare la spesa pubblica per il Sistema Universitario portando il Fondo di Finanziamento Ordinario a 0,9% del PIL, in linea con la media UE (oggi vale lo 0,4%) nel triennio, o al più tardi entro il 2030. Parallelamente perseguire una finalizzazione delle risorse erogando le risorse aggiuntive a supporto di
piani di sviluppo delle singole Università.


6. Spezzare il circolo vizioso che blocca il rilancio delle Università del Sud, utilizzando parte delle risorse aggiuntive per sostenerne piani di sviluppo e rilancio, rendendo gli atenei più qualificati del Meridione baricentro della formazione nel Mediterraneo.


7. Completare lo sblocco del turnover garantendo la sostituzione del personale in uscita e completando l’assorbimento dei ricercatori a tempo indeterminato che creano un collo di bottiglia per i più giovani. In parallelo è fondamentale accrescere il salario del personale accademico in modo strutturale, allineandolo ai competitor UE 


8. Lanciare un piano straordinario di investimenti, extra-Fondo di Finanziamento Ordinario, per l’upgrade delle infrastrutture universitarie (sedi, aule, laboratori, ecc.). Avviare, di raccordo con il settore privato, un potenziamento delle residenze universitarie per soddisfare la crescente domanda e incentivare lo
sviluppo di strumenti di didattica digitali (MOOC, certificazione della valutazione, ecc.) favorendo una sinergia tra componente fisica e digitale sempre più importante nello scenario post-Covid-19.


9. Migliorare la capacità del Sistema-Italia di attrarre finanziamenti pubblici alla ricerca per le Università. Le Università devono orientare il proprio Piano della Ricerca secondo la tematizzazione distintiva identificata, potenziare le strutture tecnico-amministrative di supporto per assistere i propri ricercatori nell’applicazione a bandi di ricerca e definire forme di contratto incentivanti la partecipazione a bandi e l’attrazione di ricercatori internazionali. In parallelo occorre adottare il sistema dell’Institutional Ownership (abolendo il Professor’s Privilege), defiscalizzare i progetti di R&D delle imprese realizzati in ambito universitario e rendere strutturali gli incentivi fiscali per i ricercatori universitari (nazionali e esteri).


10. Favorire il diritto allo studio attraverso strumenti basati sul merito e vincolati alla performance universitaria (in termini di attività curriculari, ma anche extra-curriculari) degli studenti aumentando le risorse per le borse di studio
di merito e rimuovendo il fenomeno degli aventi diritto non idonei, potenziando le borse di studio per la mobilità attraverso l’adeguamento del sistema delle residenze universitarie, incentivando l’erogazione di borse di studio da
parte dei privati e delle aziende e valutando di raccordo con il sistema bancario, forme innovative per far conoscere lo strumento del prestito d’onore.