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Università e valutazione, il PoliMi dà un incentivo economico ai commissari della Vqr

I rischi della nuova valutazione che serve a distribuire oltre un miliardo tra gli Atenei. Il Politecnico incentiva i suoi prof a proporsi come valutatori. Il potere dei commissari

18/02/2020
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Corriere della sera

Orsola Riva

La macchina non si è ancora messa in moto che già il quadro elettrico segnala una serie di possibili malfunzionamenti. Parliamo della nuova tornata di valutazione della qualità della ricerca (Vqr) che dovrebbe partire quest’estate per concludersi entro la fine del 2021. Una macchina elefantiaca che dovrà passare al setaccio circa 180 mila lavori di ricerca con l’aiuto di un gruppo di esperti valutatori (i cosiddetti Gev): 600 ricercatori, professori associati o di ruolo che verranno estratti a sorte fra le candidature presentate dai vari atenei. Il Politecnico di Milano per cercare di motivare i suoi docenti a farsi avanti ha deciso di offrire loro un incentivo economico sotto forma di finanziamento al 50 per cento di una borsa di dottorato o alternativamente di finanziamento di un assegno di ricerca. Una scelta che non è passata inosservata ai colleghi tanto che il blog Roars ha pubblicato un pezzo, non firmato ma molto polemico, in cui accusa l’ateneo milanese di concorrenza sleale in quanto «spronerebbe i propri docenti a entrare nelle giurie al suono di decine di migliaia di euro» per risalire le classifiche.

La risposta

L’ateneo presieduto da Ferruccio Resta ha risposto alle illazioni comparse in rete con un comunicato in cui spiega che nel contesto più generale di una politica a favore dei dottorati di ri cerca e dei giovani ricercatori, «volendo supportare i docenti coinvolti in ruoli istituzionali e al tempo stesso consapevole dell’importanza della Vqr di Anvur per il sistema universitario italiano, per non sfavorire la candidatura dei docenti alla selezione per l’oneroso compito dei Commissari Gev, ha deciso di intraprendere azioni a supporto». Il contributo economico sotto forma di finanziamento di borse di ricerca o dottorati che verrà loro corrisposto, «servirà per compensare l’impegno sottratto alle loro abituali attività di ricerca».

I rischi della valutazione tra pari

Ma al di là della polemica sui compensi più o meno allettanti ai commissari, quel che è certo è che la nuova Vqr (già bocciata un mese fa dal Parlamento universitario in base a un lungo e dettagliato elenco di motivi) rischia di diventare un derby senza esclusione di colpi fra università italiane. Dal posizionamento nelle diverse aree di ricerca dipende, infatti, una fetta importante dei finanziamenti che ciascun ateneo riceve dallo Stato (circa un miliardo e mezzo su poco più di sette). Ma come vengono valutate le pubblicazioni? Finora per i settori che lo consentivano (tutte le scienze dure più medicina) si applicavano in modo abbastanza automatico dei parametri bibliometrici (numero di citazioni e peso delle riviste su cui sono stati pubblicati) che, almeno sulla carta, avevano il vantaggio dell’obiettività. Nella prossima tornata, per evitare alcune storture legate agli automatismi del vecchio sistema (con risultati paradossali come quello dei fisici della Normale di Pisa battuti dai colleghi della Kore di Enna), si è deciso di dare più peso a quella che nel mondo anglosassone si chiama peer review, valutazione fra pari. Di qui, la maggior responsabilità ma anche la maggior discrezionalità dei giudizi dei commissari Gev. Non per nulla nel bando della nuova Vqr sono state previste delle clausole di salvaguardia per evitare che i commissari incappino in situazioni di conflitto di interesse: non potranno valutare i lavori di parenti entro il quarto grado, affini, coniugi o conviventi more uxorio, appartenenti alla stessa istituzione (leggi: colleghi della stessa università) ecc. Basterà, questo codice etico, a mettere al sicuro la Vqr?


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