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Università, è ora di valutare i professori come insegnanti, non solo come ricercatori

Lettera aperta del pedagogista Raffaele Mantegazza alla ministra dell’università Cristina Messa: «Finora si è valutata solo la produttività scientifica. Bisogna rimettere al centro il rapporto maestro-allievo»

04/03/2021
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Corriere della sera

Raffaele Mantegazza *

Gentilissimo signor Ministro,
Le confesso anzitutto che è la prima volta che una persona che conosco diventa Ministro; Le faccio i miei più calorosi auguri per il Suo lavoro. Come sa, Lei è stata la mia Rettrice in Bicocca per cui conosco molto bene il Suo interesse per i diritti degli studenti, dimostrato anche nel Suo sostegno al lavoro delle Commissioni Paritetiche (due delle quali ho avuto l’onore di presiedere). Per questo motivo Le scrivo per chiederLe di occuparsi seriamente della qualità della didattica negli Atenei italiani. La creazione di un sistema di valutazione della ricerca è stata difficile e non sempre accettata da tutti i colleghi; ma una valutazione seria della didattica sostanzialmente non esiste. Si raccolgono i pareri degli studenti e delle studentesse alla fine dei corsi ma raramente questi dati servono a un reale cambiamento. Le Commissioni Paritetiche svolgono un lavoro prezioso ma i nodi problematici della didattica restano grossomodo gli stessi da anni. Li si potrebbe riassumere così: quali competenze relazionali, comunicative, di ascolto, di percezione del feedback, in altre parole quali competenze PEDAGOGICHE deve possedere un docente universitario? L’attuale sistema di reclutamento le ignora bellamente. L’abilitazione nazionale prevede la valutazione della capacità di ricerca e della produzione scientifica ma nessun reale sguardo qualitativo sulle competenze pedagogiche e didattiche. Persino la terza missione è più valutata di quanto non sia la didattica.

Ora, possiamo ancora permetterci un’Università che non mette al centro del suo pensiero e della sua azione il rapporto maestro/allievo e la necessità che le esperienze e le competenze del primo diventino patrimonio del secondo? Possiamo ancora pensare che il rapporto di 1:300 che in molti corsi di laurea intercorre tra insegnanti e studenti (soprattutto con le matricole, che sono coloro che hanno maggiore bisogno di una attenzione relazionale) possa definirsi «lezione»? E’ ancora pensabile che l’efficacia dell’insegnamento, il benessere degli studenti, la capacità di valutare, di seguire Tesi di laurea, di orientare i ragazzi contino meno di nulla nella carriera di un professore universitario? Possiamo ancora accettare che un docente universitario sostenga che «la pedagogia non mi interessa perché i nostri studenti sono grandi» quando da decenni si studia la pedagogia del rapporto con gli adulti e con gli anziani? Possiamo ancora credere che il rapporto positivo con gli studenti sia una questione di «empatia personale» piuttosto che una precisa e specifica competenza professionale? Per dirla brutalmente: possiamo ancora permetterci un sistema universitario nel quale tutto viene sottoposto a verifica e a valutazione tranne la capacità di un docente di insegnare?

Signor Ministro, io sono entrato in Università a 19 anni e non ne sono ancora uscito. Ho incontrato alcuni Maestri, alcune persone che hanno segnato profondamente la mia vita come studente e alcuni colleghi dai quali ho imparato preziosissime lezioni sul rapporto con gli studenti. Ma devo dire con tristezza che spesso ho incontrato queste persone dentro l’Università ma non «grazie» all’Università; anzi, a volte le ho incontrate «nonostante» l’Università. Migliaia di studentesse e di studenti meritano che questi incontri siano la norma, non l’eccezione.
Un carissimo saluto
*professore di Pedagogia generale e sociale all’Università Bicocca di Milano


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