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Università, con la «no-tax area» fino a 20mila euro di Isee, si rischia un buco di 225 milioni di euro

A beneficiare di sconti e agevolazioni sarà uno studente su due, secondo Talents Venture: lo stanziamento del ministero potrebbe non bastare.

15/07/2020
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Corriere della sera

ANtonella De Gregorio

’Università di Catania calcola che metà degli studenti l’anno prossimo non pagherà le tasse, dopo aver adeguato - come previsto dal decreto ministeriale (n. 234/2020) appena pubblicato - la soglia della «no tax area» dai precedenti 14 mila a 20 mila euro di Isee. L’università di Palermo ha allargato la no tax area oltre la soglia indicata nel «Decreto Rilancio»: non 20, ma 25mila euro. Quella di Pavia rimarca che da anni non pagano contributi universitari tutti gli studenti sotto i 23 mila euro di Isee: il 30 per cento del totale. Misure destinate a supportare i ceti più bassi e alleviare il carico economico delle famiglie in un momento di crisi.

Uno su due

Ma l’allargamento dell’esenzione dalle tasse universitarie, per garantire il diritto allo studio nell’anno terribile del Covid - a cui vanno sommati gli sconti previsti (fino all’80%) per i redditi sotto i 30mila euro, e alle borse di studio e agli incentivi per colmare il divario digitale - rischiano di far saltare i bilanci di molti atenei. Complessivamente, stima la società di consulenza Talents Venture, a beneficiare di sconti e agevolazioni saranno circa 820mila studenti: un iscritto su due. Per supportare le università il ministero ha stanziato 115 milioni di euro (50 per coprire il mancato incasso della no tax area, 65 per gli «sconti») da distribuire tra i diversi atenei. Ma non bastano, dicono i ricercatori: il mancato incasso dalla contribuzione studentesca potrebbe superare i 163 milioni di euro.

Mancati incassi

Se le misure vanno nella giusta direzione, gli atenei rischiano di andare incontro a enormi difficoltà: «Lo stanziamento provvisto dal Miur potrebbe coprire solamente il 70% dei minori introiti, traducendosi di fatto per gli atenei in uno scoperto di quasi 50 milioni di euro», si legge nel rapporto. E gli effetti sarebbero peggiori per le università del Sud e delle isole, che potrebbero veder mancare oltre 17 milioni di euro dai propri bilanci. Risorse preziose che rappresentano oltre il 4,5% degli incassi delle università del Mezzogiorno. Le stime sono «ottimistiche», avvertono poi i ricercatori: si rifanno alla situazione ante-Covid e non tengono conto della possibile contrazione della ricchezza provocata dalla pandemia: se invece dei 230mila previsti beneficiari dell’estensione della no-tax area e dei 300mila della scontistica offerta, i numeri dovessero essere rispettivamente 300 e 450 mila, il mancato incasso degli atenei potrebbe superare i 225 milioni di euro.

Soluzione-tampone

Il rischio è che chi ha un Isee superiore (magari anche di poco), ai 30mila euro, veda scaricato su di sé parte dei mancati incassi provenienti dai ceti più bassi. Il contributo del Miur, poi, è una soluzione-tampone, che non è detto che venga confermato nei prossimi anni. Diventa importante allora, conclude lo studio, che venga fatta una programmazione triennale delle risorse da stanziare nel Ffo, così da garantire continuità nei piani degli atenei, costretti di anno in anno a dover scoprire le risorse messe a disposizione dallo Stato


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