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Università, boom delle aziende create dagli atenei

Il Rapporto Netval rivela che il numero delle start up create in ambiente accademico è pari a 1.400. E l'86 per cento dura nel tempo. In testa agli "spin off" universitari il Cnr seguito dal Politecnico di Torino

09/05/2018
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la Repubblica

Corrado Zunino

ROMA - Le università italiane si sono messe a fare impresa. Impresa scientifica. Secondo gli ultimi dati aggiornati da Netval - l'associazione delle Università e degli Enti pubblici italiani impegnati nella valorizzazione dei risultati della ricerca -, il numero delle piccole imprese germinate in un terreno accademico è pari a 1.384. Hanno un buon tasso di sopravvivenza: l’86 per cento. Possono durare anche otto anni. Ca’ Foscari di Venezia, per spiegare, ha messo quote proprie in nuove Netvalaziende di chimica fine e in altre per videointerpreti. L’Ateneo di Foggia su intraprese agroalimentari, e in alcuni casi è entrato in scontro con gli stessi docenti proponenti. Bicocca di Milano ha creato un ramo d’università per ricompensare un’attività impegnativa, e non retribuita, come quella dei revisori degli articoli scientifici: peer review. Stanno nascendo fondazioni universitarie, per il fine, in molte accademie del Nord.
 
Il primo spin off universitario è del 1979. Si è superata quota cento (l’anno) solo nel 2010 raggiungendo il numero di 135 nuove aziende – un primato – nel 2014. Successivamente le start up  universitarie sono lievemente calate. 
 
· L'EXPLOIT DI GENOVA
Il maggior numero di aziende create, e sarebbe inspiegabile il contrario viste le dimensioni, è del Consiglio nazionale delle ricerche: sono 75. Poi viene il Politecnico di Torino con 74 e, con qualche sorpresa, un’università considerata in ripiegamento come Genova: è la terza per numeri, 51 spin off portati a compimento. Ancora, l’Università di Padova e la Scuola superiore Sant’Anna (48), Firenze (43), Pisa e Roma Tor Vergata (42), il Politecnico di Milano (41). La Statale di Milano ha incubato, ad oggi, 22 nuove aziende. La Sapienza di Roma 19. In fondo al gruppo delle sessantanove università considerate c’è lo Iuav di Venezia – architettura e design - con un solo spin off realizzato. Nel corso del 2016 sono stati ventotto gli atenei che non hanno registrato la costituzione di nuove realtà.
 
· AL NORD META’ DELLE NUOVE IMPRESE
Il 47,3 per cento delle imprese d’ateneo identificate è localizzato nell’Italia settentrionale (con un’età media pari a 7 anni di attività, lievemente più elevata nel Nord-Est rispetto al Nord-Ovest). Il Centro Italia ospita il 29 per cento delle strutture (la cui età media è pari a 6,7 anni) mentre alla parte meridionale e insulare del Paese appartiene il residuo 23,7 per cento (con un’età media di 6,2 anni). Gli atenei e i centri di ricerca pubblici di Toscana, Lombardia e Piemonte offrono la maggiore concentrazione di nuove realtà scientifico-industriali legata all’accademia.
 
Un quarto delle imprese (il 22,1 per cento) opera nel campo delle Tecnologie dell’informazione e della comunicazione (Itc), ma il peso del settore è progressivamente diminuito e sono cresciute le strutture impegnate nei comparti dei servizi per l’innovazione: attualmente è il primo settore rappresentato con un’incidenza del 26,4 per cento sul totale. Seguono energia e ambiente (16,7 per cento) e Life sciences (15,3 per cento).
 
Le università italiane – dice il XIV rapporto Netval - si stanno orientando con convinzione verso il coinvolgimento di studenti (tesisti in particolare) e PhD e programmano il loro ingresso in progetti di ricerca e una partecipazione a percorsi di formazione sull’imprenditorialità. Sono diversi gli atenei che organizzano iniziative di promozione della cultura di impresa per valorizzare il potenziale degli studenti talentuosi.
 
· CRESCONO I BREVETTI
Le università italiane e i centri di ricerca pubblici aumentano, con prudenza, gli investimenti sugli Uffici di trasferimento tecnologico: salgono a 280. Sono 56 gli atenei con uno staff che si occupa di brevetti, licenze e spin off: insieme detengono 3.917 brevetti, di cui 278 realizzati nel 2017. Tutti i parametri del trasferimento tecnologico migliorano. Il numero medio di addetti per università è passato da 3,8 a 4,2 dal 2015 al 2016. L’intero sistema spende 8 milioni di euro per questi uffici ponte tra il mondo della ricerca e il mercato. In media ogni università investe 240 mila euro per la protezione della proprietà intellettuale, contro i 53 mila dell’anno precedente.
 
I passi in avanti ci sono, timidi. Il confronto con alcune realtà estere è ancora improponibile. L’Imperial College di Londra ha dato vita all'Imperial Innovations, società che ha gestito più di 250 brevetti negli ultimi anni con un investimento corrente di 250 milioni di sterline. Cambridge, Oxford e University College hanno seguito l’esempio.


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