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Unità: Se la scuola è un Pericolo

Marina Boscaino

22/08/2006
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l'Unità

In una recente intervista a l’Unità il ministro dell’Istruzione Giuseppe Fioroni ha confermato alcune significative priorità nella propria idea di indirizzo e governo della scuola italiana. Oltre all’apertura delle scuole durante il pomeriggio - destinata, nelle intenzioni del ministro, a contrastare il flagello della dispersione - colpiscono due elementi. Sul tema del finanziamento alle scuole private Fioroni ha ricordato (dolorosamente, per alcuni di noi) che la legge 62 sulla parità è stata fatta dal governo D’Alema, e ha sostenuto che le enunciazioni del governo Berlusconi sulla tutela alle private siano state «un luogo comune, folklore», non corrispondendo ai fatti.
Dolorosamente dicevo, perché proprio quella legge ha rappresentato uno dei momenti meno felici e più problematici del precedente governo di centrosinistra, sottolineando una insanabile contraddizione all'interno della maggioranza in merito alla laicità dell'istituzione scolastica e alla tutela senza se e senza ma della scuola pubblica. La promessa di Fioroni - una minaccia, a mio modo di vedere - è quella di ripristinare in Finanziaria i 500 milioni di euro di contributi alle private fissati da quella legge, ridotti, a detta del ministro, a 167 dal governo Berlusconi. Una promessa giustificata e sublimata dall'insidia della messa in discussione del diritto alla scuola per il 48% dei bambini delle scuole materne: o dalle suorine o niente scuola. Mi permetto di osservare a questo proposito che la campagna elettorale del centrosinistra, nonché numerosi interventi e pubblicazioni usciti durante il governo Berlusconi, hanno individuato la generalizzazione della scuola materna come momento primario del progetto di scuola della coalizione.
Su tutt'altro fronte, Fioroni ha con forza evidenziato un problema strutturale della scuola italiana, segnalato diverse volte dallo stesso ministro come priorità assoluta: il problema della sicurezza. Nel corso di questi anni, nonostante i gravissimi episodi che ne hanno testimoniato l'urgenza (primo tra tutti ma non unico, il dramma sconvolgente di San Giuliano), è sembrato che parlare di messa in sicurezza degli edifici fosse un obbligo formale più che un'esigenza reale. Tutti hanno nominato il problema, nessuno ha creduto di doversene occupare realmente.
Eppure, se la scuola è il luogo della tutela, della crescita, della formazione non esiste una contraddizione tanto stridente come quella rappresentata dalle condizioni di tanti edifici scolastici esistenti nel nostro Paese. E non si tratta semplicemente della fatiscenza estetica di taluni edifici trascurati, dimessi, cadenti; quanto soprattutto della mancanza di condizioni di sicurezza rispetto alle quali spesso solo la casualità fa sì che vengano scongiurate sciagure anche più agghiaccianti di quelle che si sono verificate. La dequalificazione cui è sottoposto da un punto di vista sociale il lavoro dell'insegnante, la scarsa considerazione in cui viene tenuta l'istituzione scolastica - al di là delle dichiarazioni obbligatorie e formalmente necessarie - si riverberano nella frequente inadeguatezza dei luoghi di lavoro. Il problema assume aspetti più drammatici se ad essere messa a rischio non è la gradevolezza dell'ambiente, ma la sicurezza, l'incolumità di coloro che lo frequentano. Il ministro Fioroni sa, perché lo ha detto, che il 50% delle scuole italiane non sono a norma. Dunque costituiscono un potenziale pericolo per coloro che le frequentano.
Non è stata ancora completata l'Anagrafe dell'Edilizia Scolastica, progetto presentato dal Miur nel 2004, attuazione tardiva della legge Masini, che si proponeva di censire 41000 edifici, usando i dati evinti per organizzare un sistema di priorità nell'evidenziazione delle emergenze e nella programmazione degli interventi. L'attuazione del D.Lgs 626/94 - la legge sulla sicurezza nei luoghi di lavoro - almeno per quanto riguardo gli edifici scolastici è stata prorogata per quattro volte dal Governo: dal 28 marzo 2003 al 31 dicembre 2004 ed ancora al dicembre 2005, per arrivare alla data del 30 giugno 2006. Unico effetto: mettere al sicuro gli Enti Locali dal rischio di chiusura per inagibilità degli edifici non ancora a norma; ma completa assenza di intervento sul problema.
Ed è difficile pensare che proroghe di pochi mesi, senza una concreta presa d'atto della situazione, possano avere un qualche effetto concreto sulle condizioni delle scuole italiane, soprattutto considerando la stretta finanziaria e la progressiva riduzione nel trasferimento di risorse agli Enti Locali, responsabili in materia di edilizia scolastica.
Un obiettivo di civiltà, quindi, che nel nostro paese continua ad essere rimandato, anno dopo anno, Finanziaria dopo Finanziaria. Dieci milioni di persone studiano e lavorano quotidianamente nelle scuole italiane. Persone che trascorrono ogni giorno molte ore negli edifici che ospitano le scuole. Studi piuttosto significativi sono pubblicati negli anni precedenti da Legambiente e dalla Cgil, che hanno evidenziato condizioni ben al di sopra del livello di allarme.
Dai dati Eurispes del 2003, i cui risultati purtroppo non sono stati modificati nei 3 anni seguenti, si evince che solo il 43% degli istituti hanno ottenuto la certificazione relativa all'agibilità statica, mentre Il 57,4% è privo della certificazione di agibilità igienico-sanitaria. Per quanto riguarda le condizioni ambientali, l'inquinamento acustico ed elettromagnetico, il 9,7% delle scuole è ubicato a meno di un chilometro da antenne ed emittenti radiotelevisive; il 7,1% entro un chilometro da aree industriali; il 2,6% da strutture militari; l'1,1% da aeroporti; lo 0,3% da discariche. La media nazionale delle scuole in possesso di certificazione sul fronte della prevenzione degli incendi è inferiore al 27%. In quasi 9 scuole su 10 l'atrio non dispone di standard di sicurezza adeguati; nel 91% è assente un accesso facilitato per i disabili; nel 70% non ci sono gradini antiscivolo; nel 36% la scuola è fornita di chiusura antipanico, aperta però solo nel 13% dei casi anche durante le attività didattiche. Solo 1 scuola su 3 possiede scale di sicurezza. In 1 scuola su 5 le vie di fuga non sono segnalate. Il 20,59% delle scuole non ha effettuato prove di evacuazione. È abbastanza?
Il fatto che il Ministro Fioroni avverta il problema della sicurezza nelle scuole come un'urgenza prioritaria e moralmente vincolante e senta l'esigenza di creare un patto per la sicurezza tra Stato, Regioni e Comuni per finanziare la messa a norma della metà delle scuole italiane non può che fare piacere, alla luce di quanto detto. Il progetto è ambizioso ma purtroppo promette di scontrarsi inevitabilmente con vincoli di bilancio e carenza di fondi. Quello che lascia francamente disorientati è l'annuncio di 167 milioni per le scuole private contemporaneo a quello dello stanziamento di 200 milioni per le zone sismiche. Si rimane disorientati perché allora i conti non tornano. E rischia di essere minata la credibilità di un'iniziativa, di una effettiva volontà e di una reale consapevolezza dell'emergenza di un problema concreto e drammatico come quello della sicurezza nelle scuole. Per far prevalere un'istanza cui certamente non tutta la maggioranza crede di dover dar voce.
L'auspicio del mondo della scuola è quello che il ministro riesca a individuare le priorità relative a tutta la scuola, abbandonando i particolarismi che - seppur legittimamente - ne caratterizzano l'estrazione culturale e la storia politica. Concentrando i propri sforzi su quanto occorre veramente a tutti subito per creare un'effettiva condizione di uguaglianza tra cittadini dello stato almeno all'interno della scuola pubblica: il luogo che più di ogni altro deve continuare a rappresentare tutela, crescita, pari opportunità.


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