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Unità-Roma, la sinistra si ritrova

Roma, la sinistra si ritrova di Piero Sansonetti Il corteo è molto grande, invade le vie tra Porta Pinciana e via Veneto, si imbottiglia un po' ovunque, incespica nelle strade troppo strette e p...

17/04/2002
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l'Unità

Roma, la sinistra si ritrova
di Piero Sansonetti

Il corteo è molto grande, invade le vie tra Porta Pinciana e via Veneto, si imbottiglia un po' ovunque, incespica nelle strade troppo strette e poi invade Trinità dei Monti e il Pincio, sistemandosi a suo agio in questo scenario che è tra i più belli del mondo. La novità però non è né la grandezza del corteo né la bellezza di Roma: la novità è che quando il serpente di folla sbuca a Trinità dei Monti si scopre che a guidarlo sono due signori eleganti, di media statura, dai volti piuttosto noti. Sono D'Alema e Bertinotti. Procedono spalla a spalla, chiacchierano fitto, sorridono. È la prima volta che D'Alema e Bertinotti si trovano assieme alla guida di un corteo. Sembrano compiaciuti quando la gente inizia ad applaudirli, e a gridare, ritmando: "U-ni-ti, U- ni- ti". Vicino a D'Alema e Bertinotti ci sono Morese della Cisl, Musi della Uil (che è l'oratore ufficiale del comizio a piazza del Popolo), vari sindacalisti della Cgil, poi ci sono Franco Marini, Violante, Angius, Damiano (ex sindacalista che ha una lunga militanza in comune con Bertinotti nella Cgil e ora è nella segreteria dei Ds con Fassino); una fila dietro c'è Sandro Curzi, e qualche fila più giù camminano Salvi, Giovanni Berlinguer, Mussi, Tortorella e Gianni Cuperlo. C'è anche un giovane dirigente di Rifondazione (romanista sfegatato) che guarda D'Alema e Bertinotti e commenta: "Sono come Totti e Montella, se giocano insieme si vince sicuro..."
Il corteo è partito da piazza Barberini con un'oretta di ritardo. È uno dei due cortei sindacali di Roma: l'altro è partito da piazza Mazzini. Sono due cortei di oltre cinquanta mila persone ciascuno.
D'Alema è arrivato davanti al teatro Sistina verso le 10, ed ha aspettato lì che giungesse la testa del corteo, insieme a Cesare Salvi e a un gruppetto di giornalisti. I giornalisti prendono in giro D'Alema che è vestito con un bell'abito grigio e una cravatta lussuosa. D'Alema dice che anche sua figlia lo ha preso in giro, e allora lui ha spiegato alla figlia che gli operai il giorno dello sciopero generale mettevano sempre il vestito bello. Era una tradizione. In fabbrica con la tuta, in piazza col vestito. E le ha cantato la canzone di 'Rossini', che oggi nessuno conosce più ma una ventina d'anni fa i ragazzi di sinistra cantavano spesso. È una canzone tristissima, tragica,fa venire il magone: racconta la storia di un operaio comunista che va alla manifestazione col "vestito da festa", ma alla manifestazione la polizia attacca gli operai e Rossini viene arrestato, finisce in questura ed è torturato da un perfido commissario di polizia, poi sbattuto in prigione e condannato a trent'anni. Quando esce di galera la sua fidanzata si è sposata con un altro, ha fatto tre figli, è già in pensione, e non riconosce più il vestito da festa di Rossini.
Bertinotti è arrivato a piazza Barberini in ritardo, perché prima di venire a questo corteo è passato da piazza Esedra a salutare i partecipanti all'altro corteo, quello dei Cobas, che è stato anche questo piuttosto grande e si è concluso a San Giovanni. Così Bertinotti è rimasto intrappolato a metà corteo, su via Sistina, e non sa della presenza di D'Alema. Quando lo avvertono però decide di risalire la corrente e di andare a schierarsi coi capi del centrosinistra e coi sindacalisti.
Bertinotti e D'Alema chiacchierano a lungo di vari temi politici moderni e antichi. Parlano anche della rivoluzione francese e di altre cose dotte, ma soprattutto discutono di attualità, e cioè della probabilità che in serata ci si troverà alla Camera a dover votare un emendamento inserito a tradimento dal governo in un decreto fiscale, e che riguarda il potere di contrattazione dei lavoratori dipendenti. D'Alema dice che è un vero e proprio schiaffo in faccia ai sindacati. Nel giorno dello sciopero generale. Fa notare che il governo aveva giurato di essere pronto al dialogo, e invece ora applica per decreto - e ponendo il voto di fiducia - una norma che va contro i sindacati. Bertinotti dichiara che una cosa del genere "sfiora l'irresponsabilità politica", che è un'autentica e incredibile provocazione. D'Alema dice anche che lui spera che il governo alla fine faccia marcia indietro. Su tutto l'articolo 18. Dice che sarebbe l'unica cosa ragionevole. Bertinotti spiega che la battaglia sull'articolo 18 non prevede la possibilità di un pareggio o di un armistizio: o si vince o si perde. E secondo Bertinotti le possibilità di vincere sono notevoli, perché la Confindustria è divisa mentre il movimento dei lavoratori e i sindacati sono molto uniti. Una giornalista chiede a D'Alema di una possibile riforma degli 'ammortizzatori sociali', (che vuol dire nuovi sostegni a favore dei disoccupati). D'Alema le risponde che per fare la riforma occorrono quattrini e che il governo i quattrini preferisce darli a quelli che già li hanno, per esempio levando le tasse agli ereditieri miliardari.
Quando ci si avvicina a piazza del Popolo si vede nel cielo volteggiare un areoplano che trascina uno striscione del Pdci, cioè dei comunisti di Cossutta. D'Alema e Bertinotti sorridono e prendono un po' in giro Cossutta.
Si arriva in piazza e quasi tutti i dirigenti del centrosinistra e di Rifondazione salgono sul palco. Solo Rutelli decide di non salire. Spiega ai giornalisti che lui è qui come cittadino e preferisce restare tra la folla e parlare con la gente. In piazza ci sono cartelli e striscioni di ogni tipo, contro Berlusconi e contro la Confindustria. C'è anche lo striscione del sindacato di polizia. Sotto il palco mi fanno notare un cartello che dice: "Sono troppo incazzato per abbassare i toni"; e chi lo porta giura di non essere stato mandato qui dal direttore del mio giornale... Al centro di piazza del Popolo il solito banchetto che vende magliette. Ce n'è per tutti i gusti: sobrie T-shirt bianche con scritte corrette, tipo 'difendiamo l'articolo 18', e poi magliette rosse con la scritta gialla in spagnolo, inquietante: 'guerrilla!!!'.
Magliette a parte, la differenza tra questa manifestazione e le grandi manifestazioni precedenti (quella dell'Ulivo del 2 marzo e quella della Cgil del 23 marzo) si vede a colpo d'occhio. I colori sono diversi. Quelle erano manifestazioni 'rosso fuoco', questa ha il blu, il verde, le bandiere della Cisl e della Uil che sono una parte molto consistente della coreografia.
La manifestazione è finita e le bandiere dei sindacati dilagano nel centro di Roma. Giù per via del Tritone scende una auto blu (credo una Lancia) dentro la quale, nel sedile davanti, siede il giovane ministro Alemanno.
È seguito da altre tre auto-blu (Lancia e Mercedes), segno che ancora un po' di scorte disponibili ci devono essere. Dietro al piccolo corteo ministeriale corrono due motorini guidati da ragazzi che portano ben in vista le bandiere dei Ds, rosse, con la quercia e la rosa. Ignorano Alemanno. Si vede che i tempi cambiano: quando ci fu l'ultimo sciopero generale, e Alemanno non era ministro ma attivista fascista, era improbabile che potesse passeggiare indisturbato tra i "comunisti"