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Unità: Primo: rilanciare la ricerca

La società della conoscenza è un termine un po’ astruso, non chiaro a molti, eppure non lontano dal sentire dei cittadini.

13/04/2006
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l'Unità

Rino Falcone,

La società della conoscenza è un termine un po’ astruso, non chiaro a molti, eppure non lontano dal sentire dei cittadini. In questi ultimi anni infatti essi hanno imparato - dalla politica, dai media, dalle classi intellettuali, ma soprattutto dalla loro diretta esperienza e vita - come il valore della conoscenza rappresenti la vera nuova ricchezza di una società. In grado di compensare, a volte di sostituire, l'assenza delle ricchezze tradizionali: le materie prime, il petrolio.
È vero che l'operosità e l'ingegno sono da sempre un valore aggiunto e l'Italia ha su queste qualità basato buona parte dei propri successi, della propria forza economica, del proprio patrimonio di civiltà, di cultura e di progresso sociale. Oggi però assistiamo ad un salto epocale, la conoscenza diviene fattore discriminante, ricchezza peculiare, elemento determinante per l'evoluzione positiva dell'umanità.
E questa idea, divulgata e trasferita alla società - in forme a volte semplicistiche - ha avuto un impatto sul sentire della cittadinanza. Così come un impatto ha avuto l'assistere alla stravolgente potenza di nuova conoscenza che pervade tutti gli ambiti della vita quotidiana e dei suoi più profondi significati.
Ai cittadini è anche chiaro che il motore principale della società della conoscenza è la formazione nelle sue varie articolazioni. E la ricerca, prima produttrice di nuova conoscenza rappresenta la fonte essenziale di quest'ideale fabbrica dei saperi. E allora, di cosa si lamentano gli scienziati e i ricercatori italiani? Finalmente queste professioni sono indicate internazionalmente come chiave di volta per sciogliere e semplificare i nodi complessi della società globale e post-industriale.
Il problema è che se si va nei centri di ricerca italiani, se ci si affaccia nei laboratori, si trovano professionisti seri, in contatto con i migliori team internazionali; gruppi motivati e preparati ma che operano in condizioni sempre più difficili, affollati in infrastrutture carenti. Che fanno i salti mortali per aggiornare uno strumento, per trattenere un bravo precario. Si trovano giovani brillanti e preparatissimi cui non viene riconosciuto alcun ruolo. Non sembra di trovarsi nel settore cui la comunità ha affidato le sorti del proprio futuro. O perlomeno, se così è, sembra che questa comunità non tenga molto al proprio futuro. Anche perché quegli stessi scienziati vanno spesso nei laboratori di colleghi stranieri o li ospitano. E si accorgono sempre più che la società della conoscenza non è uno slogan. Esiste realmente. E gli altri Paesi corrono verso di essa.
Siamo noi che abbiamo solo importato la moda, il concetto vuoto, la chiacchiera della conoscenza come capitale. Gli altri la stanno realizzando e le loro società progrediscono.
È vero, la ricerca in Italia non è mai stata una priorità, ma col Governo Berlusconi-Moratti si è toccato il fondo. Nell'agire politico degli ultimi anni non solo si è proceduto a tentoni con gretta incompetenza, ma anzi sono emersi e si sono imposti i vizi del controllo e della clientela tipici dell'invadenza della politica.
Si era promesso un raddoppio di investimento e - per dare una sola cifra - i fondi ordinari degli enti di ricerca si sono ridotti del 20%. Si sono chiuse le porte ai giovani (4 anni di blocco assunzioni). Si è ridotta l'autonomia degli scienziati. Si è applicato lo spoil system fino ai livelli più bassi dell'organizzazione scientifica in spregio alla competenza e al valore scientifico. Si è aggiunta inutile burocrazia. Si è tentato di imporre un modello aziendalistico della ricerca in controtendenza con le prestigiose aziende americane che svolgono ricerca perseguendo il modello della ricerca autonoma e di base (l'unica realmente utile alle ricadute). Si sono dette bugie sugli investimenti reali e sugli sviluppi del sistema complessivo.
L'Osservatorio sulla Ricerca - una rete di ricercatori, studiosi e scienziati italiani, spontaneamente costituitasi (www.osservatorio-ricerca.it) - ha tenuto alta la guardia in questi duri anni, vigilando, denunciando, affermando in tutte le sedi possibili i principi cardine dell'attività di ricerca, a volte persino organizzando mobilitazioni attive degli scienziati. Confortata spesso dalla solidarietà delle forze politiche di centro-sinistra.
Il nuovo Parlamento e il Governo che ne seguirà porterà tra le proprie responsabilità anche quella di restituire all'Italia la straordinaria opportunità di rilanciare una delle sue leve fondamentali. La società della conoscenza può finalmente uscire dai nostri sogni ed entrare nel nostro concreto futuro.
Carlo Bernardini,
Francesco Lenci,
Giulio Peruzzi
(Osservatorio sulla Ricerca)


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