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Unità-La Cgil chiama Pezzotta e Angeletti

La Cgil chiama Pezzotta e Angeletti di Felicia Masocco Calato il sipario sul congresso di Rimini si apre una settimana delicata e decisiva per le prospettive dei rapporti tra le tre confederazion...

11/02/2002
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l'Unità

La Cgil chiama Pezzotta e Angeletti
di Felicia Masocco

Calato il sipario sul congresso di Rimini si apre una settimana delicata e decisiva per le prospettive dei rapporti tra le tre confederazioni sindacali.
Lunedì la Cgil formalizzerà a Cisl e Uil la richiesta di un incontro per verificare la tenuta del patto di unità d'azione stretto per arrivare allo stralcio dalle deleghe del governo delle norme sui licenziamenti, l'arbitrato e la decontribuzione previdenziale. Su quell'accordo Cofferati, Pezzotta e Angeletti avevano chiamato alla mobilitazione e allo sciopero i lavoratori italiani. Un chiarimento è necessario per Corso d'Italia che, come è noto, propone di continuare unitariamente le iniziative senza escludere lo sciopero generale. Con diversi argomenti Cisl e Uil hanno già dichiarato di pensarla diversamente sugli strumenti di contrasto da mettere in campo. Ci sono alternative? Anche a questa domanda la Cgil chiede una risposta "da valutare serenamente", riservandosi di far valere "la propria autonomia di giudizio e di azione" come scritto nel documento approvato dal congresso. C'è infatti un elemento che per la Cgil non può essere ignorato: accettare di accantonare la discussione sull'articolo 18 come proposto da Fini, o togliergli centralità come detto da altri esponenti del governo facendo marciare i tavoli su altri argomenti, il Mezzogiorno ad esempio o la previdenza, non produce effetti diretti sui licenziamenti, la delega andrà avanti comunque fino all'approvazione prevista tra una ventina di giorni. A quel punto il sindacato si troverebbe davanti al fatto compiuto. La pressione sul governo per la Cgil va fatta ora, dopo non serve. Martedì la Cisl riunisce la propria segreteria per valutare il dopo-Rimini e pensare a iniziative di mobilitazione alternative allo sciopero generale. È pesata nell'atmosfera di questi giorni l'assenza nelle dichiarazioni del leader cislino della parola "stralcio". Assenza che ha insinuato dubbi tra i dirigenti e la base riunita al Palacongressi. Savino Pezzotta respinge le insinuazioni, non ci sta a farsi attribuire "malafede" e "retropensieri", li reputa "offensivi" per sé e la confederazione che guida. Domenica, nel corso di un convegno di Confartigianato a Mogliano Veneto è tornato sull'argomento: ancora una volta non è ricorso al termine "stralcio", ma i contenuti ci sono tutti. "Non si può togliere la tutela a chi è stato ingiustamente licenziato", ha detto ribadendo la propria "opposizione sull'articolo 18". "Vengo dai tessili - ha continuato Pezzotta - so bene come si fanno i licenziamenti: se riconosciamo che una persona è stata licenziata ingiustamente, deve essere reintegrata nel posto di lavoro". Su questo punto, ha sottolineato con forza, "non sono tenuto a rispondere ai segretari di altri sindacati, ma soltanto ai miei iscritti". Ancora: "Un buon sindacalista non è quello che fa gli scioperi, è quello che fa gli accordi, gli accordi buoni se no non li firmo", ha affermato forse trascurando che, come è avvenuto per il pubblico impiego, scioperi e buoni accordi non sono tra loro alternativi e spesso i primi, anche se solo minacciati, possono cambiare il corso delle cose. Il segretario della Cisl è tornato anche sulla necessità di modificare il modello contrattuale. La sua proposta è di un "federalismo contrattuale", con un contratto nazionale "leggero" e uno territoriale "in modo da collegare il salario ad efficienza e produttività". "Il che - ha aggiunto - può portare anche a differenza salariali tra Nord e Sud". Unica condizione, la titolarità della contrattazione deve restare alle categorie.
La Cisl rivendica la propria autonomia e la propria dignità, la Cgil pure. Né Cofferati, né Pezzotta intendono subire una linea decisa dall'altro. Se si dovesse suggellare la rottura chiedersi chi è stato sarebbe ozioso. E sebbene sia rimasta più defilata rispetto al cuore dello scontro, c'è anche la Uil. Luigi Angeletti lo ha ripetuto domenica: "Sono un sindacalista, sto con i lavoratori, e difenderò i loro diritti a qualunque costo, utilizzando tutti gli strumenti che saranno necessari, sciopero generale compreso". È su questo terreno squisitamente sindacale, la difesa dei diritti, che si misurerà il confronto con il governo. Il quale è al lavoro: lo "stralcio" dell'articolo 18 non è all'ordine del giorno, "Maroni andrà per la sua strada", ha fatto sapere Bossi. Si mormora piuttosto di "limitare" la sua abolizione ad una sola fattispecie delle tre inizialmente previste, cioè per chi passa da un contratto a termine a un contratto a tempo indeterminato. Anche la decontribuzione - è confermato dal sottosegretario al Welfare Brambilla - non verrebbe stralciata, diventa invece volontaria. Il neoassunto può scegliere se versare il 33% dei contributi all'Inps, o solo il 28% stornando il 4% alla previdenza complementare e incassando l'1% in più in busta paga. La Confindustria caldeggia la prima proposta e boccia la seconda. Aumenterebbe poi l'indennità di disoccupazione. Questi in sintesi i punti di compromesso maturati in contatti e incontri più o meno riservati. A Cgil, Cisl e Uil la scelta se prendere o lasciare.


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