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Unità- i ragazzi Moratti danno una mano

ragazzi Moratti danno una mano di Andrea Ranieri Una delle novità introdotte dal disegno di legge della Moratti sono i percorsi in alternanza scuola-lavoro dai 15 ai 18 anni, diversi sia dalla fo...

10/02/2002
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l'Unità

ragazzi Moratti danno una mano
di Andrea Ranieri

Una delle novità introdotte dal disegno di legge della Moratti sono i percorsi in alternanza scuola-lavoro dai 15 ai 18 anni, diversi sia dalla formazione professionale che dall'apprendistato, che sono le modalità attualmente previste, oltre alla scuola secondaria superiore, per l'adempimento dell'obbligo formativo a 18 anni.

Sono anche diversi dagli stages all'interno del percorso formativo scolastico e professionale, già disciplinati dalla legge vigente, e finalizzati a potenziare con un'esperienza sul campo il percorso di apprendimento del giovane, né tirocini di inserimento, che, secondo la legge non possono avere durata superiore ai 12 mesi, e non sono comunque all'interno dell'obbligo formativo. Sono altre cose, dense di ambiguità e di contraddizioni, al limite dell'inapplicabilità, e con qualche conseguenza eversiva rispetto all'intera strumentazione che si era posto in essere con patto di Natale del 1998 fra il governo e le parti sociali.

Intanto cominciano a 15 anni, come l'apprendistato. Perché comincia a 15 anni l'apprendistato è chiaro: a 15 anni finisce l'obbligo scolastico previsto dalla legge in vigore con il primo anno obbligatorio della secondaria superiore. A regime, secondo la riforma dei cicli Berlinguer-De Mauro, a 15 dovrebbe terminare il primo biennio della superiore, obbligatorio per tutti, anche per quelli che andranno a fare gli apprendisti. Ora, queste cose, non sono più contemplate dalla riforma Moratti. A 14 anni si esce dalle medie e si sceglie: o nell'istruzione liceale o in quella professionale. I destinatari dei nuovi percorsi in alternanza, come del resto i giovani apprendisti, fra i 14 e i 15 anni restano senza far niente: non c'è più, in questo anno, la scuola per tutti. Forse si pensa di ibernarli, più probabilmente si pensa che a quei percorsi accederanno quelli che hanno perso un anno nel ciclo di base, o che sono stati buttati fuori dopo il primo anno dal ciclo superiore. Altro che percorso di serie A, come scrive 'il Sole 24 ore', siamo di fronte alla vera e propria serie C della formazione, alla riapertura attraverso la selezione scolastica di un mercato del lavoro operaio esecutivo a bassa qualificazione. Altro che innalzamento del valore culturale e sociale del lavoro! Ma c'è un'altra contraddizione ancora più stridente: questi giovani in alternanza non possono iniziare prima dei 15 anni queste esperienze, perché tale è la disciplina nel lavoro minorile, però la Legge Moratti non li considera lavoratori, non avranno diritto a retribuzione alcuna, né al contratto di lavoro, perché studenti. Il loro tempo di lavoro sarà presumibilmente maggiore del tempo che passeranno a scuola - se fosse diverso basterebbe fare riferimento alla disciplina degli stages - ma sarà senza costo alcuno per le imprese. Sparisce anche il contributo delle imprese per borse di studio previsto nella prima versione della Moratti. Saranno cioè apprendisti alla francese o alla tedesca, o come nella Provincia autonoma di Trento, con probabilmente più ore di formazione degli apprendisti normali, ma senza paga, senza contratto, e senza sindacato. Il disegno di legge prevede infatti solo rapporti fra le strutture formative e le associazioni dei datori di lavoro. Credo che a questa deriva bisogna apporre alcune pacate ma ferme considerazioni:
1) che elemento costitutivo della stessa valenza formativa del lavoro è che il lavoro sia retribuito;

2) che il contratto, le modalità di esercizio dei propri diritti, l'accesso alle forme di rappresentanza, è elemento costitutivo di qualsiasi formazione al lavoro e sul lavoro, per lo meno all'interno dello spazio sociale e civile del nostro Continente.
In poche parole che non c'è lavoro senza paga, e che la paga presuppone un contratto. Ed occorre affrontare con decisione le difficoltà che incontra attualmente l'apprendistato fra i 15 e i 18 anni, per superarle positivamente. Come è noto, è previsto per gli apprendisti in questa fascia di età una formazione esterna di 240 ore, il doppio di quelli sopra i 18 anni. Le imprese preferiscono assumere apprendisti sopra i 18 anni, o, nelle situazioni in cui c'è carenza di manodopera a bassa qualificazione, a promuovere l'assunzione di ragazzi senza alcun rapporto formativo. Succede anche che l'apprendistato sia usato per lavoro stagionale senza il pagamento di contributi.

Insomma l'apprendistato come canale dell'obbligo formativo viene eluso perché è prevista troppa formazione, ed è eludibile perché la legge continua a permettere di assumere ragazzi sotto i 18 anni in rapporti di lavoro che non prevedono formazione alcuna. Se si è davvero tutti convinti che è necessario innalzare il livello formativo dei ragazzi che entrano al lavoro; se pensiamo davvero che "solo chi sa di più di quel che fa" è in grado di reagire al cambiamento senza esserne vittima, è necessario forzare questa situazione. Da un lato aumentando le ore di formazione nei rapporti di apprendistato collegati all'obbligo formativo, portandole ai livelli di altre nazioni europee, caratterizzando sempre più l'apprendistato come rapporto in alternanza studio-lavoro, ma mantenendone il carattere di rapporto di lavoro; dall'altro inibendo per via legislativa la possibilità di uso improprio dell'apprendistato - il suo uso "stagionale" -, come la possibilità di accedere al lavoro in questa fascia di età se non attraverso il percorso formativo previsto dall'apprendistato. Molti rispondono a queste proposte vantando la libera iniziativa dei giovani - proverbiali quelli del Nord-est - che abbandonano le aule grigie della scuola, i rituali della formazione, per accedere prestissimo al lavoro, popolare le discoteche e prenotare motorini. Peccato che quell'euforia continui poi a riprodurre marginalità, esclusione sociale, disoccupazione dell'età di mezzo, che continua a essere contrassegnata da bassa scolarità, permanenza in posizioni lavorative a professionalità bloccata, assenza di qualsiasi esperienza di apprendimento culturale e professionale nei luoghi di lavoro. Entrare nel lavoro come in un luogo in cui si può continuare ad apprendere era ed è la sfida del nuovo apprendistato e il senso profondo dell'obbligo formativo a 18 anni. Mettere in concorrenza al nuovo apprendistato, oltre al perdurare dei rapporti di lavoro giovanili senza formazione, il nuovo canale del lavoro senza contratto e dello studio senza scuola, rischia di far abortire le potenzialità positive di un percorso appena avviato. La sinistra, il sindacato tutto, dovrebbe rapidamente prendere coscienza che il "combinato disposto" della riduzione di fatto dell'obbligo scolastico, la canalizzazione precoce, l'estromissione del contratto di lavoro dai rapporti in alternanza, contenuti nel disegni di Legge Moratti, segnano un arretramento sul terreno dei diritti altrettanto grave dell'attacco all'articolo 18 dello Statuto.