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Una sindacalista all'Istruzione

Segnale di discontinuità rispetto alla riforma della scuola

13/12/2016
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ItaliaOggi

Alessandra Ricciardi

Se segnale di discontinuità doveva essere, alla fine così è stato. Nuovo ministro dell'istruzione, università e ricerca è Valeria Fedeli, senatrice pd, vicepresidente vicario di Palazzo Madama, ex sindacalista della Cgil. La Fedeli si definisce «una sindacalista pragmatica, femminista, riformista, di sinistra».

Prende il posto di Stefania Giannini, alla fine l'unico personaggio di rilievo del governo Renzi a essere rimasto fuori dal nuovo esecutivo Gentiloni. Negli ambienti parlamentari democratici si motiva la scelta come il tentativo di mettere una pietra sulle polemiche e i problemi che hanno accompagnato la riforma della Buona scuola. Tra le cause principali, di questo era convintissimo anche Matteo Renzi, del calo di consensi al Pd e del voto contrario al referendum sulla riforma costituzionale. Se Renzi, e di conseguenza la Giannini, ha fatto una riforma all'insegna della rottura con il mondo sindacale e con la politica concertativa, ora nella stessa casella, impegnata sulla carta a dare gambe alla riforma, c'è una sindacalista di razza e di carattere. E di sinistra.

Sul tavolo di viale Trastevere, la Fedeli troverà dossier scottanti, che discendono tutti dalla Buona scuola: la mobilità dei docenti emigrati, il nuovo reclutamento, la situazione dei precari e delle relative graduatorie. E poi la chiamata diretta dei docenti e il bonus al merito assegnato direttamente dal dirigente scolastico.

Su tutti questi temi, la Giannini, nelle ultime settimane, aveva aperto dei tavoli di confronto con i sindacati, ora toccherà alla Fedeli portarli avanti.

Se l'obiettivo è ricucire con la scuola, creare un clima più sereno in questi mesi che ancora vedranno in piedi la legislatura prima del nuovo voto, quei tavoli dovranno portare a un risultato. Se cancellare la legge 107 non è possibile, servirebbe una nuova legge, è però possibile disinnescarla riportando nelle competenze della contrattazione alcuni temi che la riforma attribuiva al potere decisionale del datore di lavoro: in primis appunto chiamata diretta e bonus al merito. Una seconda partita si giocherà con le nomine dei sottosegretari, in questo caso la poltrona più delicata è quella di Davide Faraone, ma la linea è stata ormai decisa.


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