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Un Sistema per la ricerca

Elena Cattaneo

20/11/2019
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la Repubblica

Caro direttore, l’intervista di ieri al professor Walter Ricciardi, stimato collega, nella veste di neo coordinatore del Consiglio scientific o — o, stando al comunicato ufficiale, dell’Organismo di consultazione scientifica — della Fondazione Human Technopole (HT) apre molti interrogativi di merito e metodo.

Specialmente in chi, come la sottoscritta, ha studiato e pubblicamente commentato (anche su queste pagine) ogni aspetto della neo-Fondazione, fin dall’annuncio "petaloso", nel febbraio 2016, dell’allora presidente del Consiglio, Matteo Renzi.

Prima del merito, non posso non osservare come la carica del professor Ricciardi, nominato venerdì 15 novembre scorso, statuto della Fondazione alla mano, semplicemente non esista. Esiste un organo consultivo della Fondazione, il Comitato scientifico, di 15 membri, di cui almeno otto non operanti in Italia, che al proprio interno elegge un presidente. L’organismo di cui il professor Ricciardi è coordinatore sembra essere un curioso surrogato di quanto previsto dallo statuto.

E ora il merito: della volontà di HT di "diventare una risorsa per tutto il Paese" e della "apertura agli scienziati esterni", "scritta nelle nostre linee programmatiche", ad oggi, nessun documento dotato di una qualche forza vincolante chiarisce modalità, entità di risorse e criteri d’accesso: la norma istitutiva dice solo che la Fondazione è nazionale e lo statuto non fa che conferirle l’ovvia facoltà di creare accordi e convenzioni con attori esterni.

Ogni atto, testo, nomina e dichiarazione, prima che fosse nota l’iniziativa di intervenire con un emendamento in legge di bilancio, deponeva anzi per la "gelosa custodia del forziere" con cui svolgere ogni ricerca interna senza competizione e selezionare, fior da fiore, le interazioni scientifiche esterne utili ad HT.

Ciò mi ha indotto, insieme ad alcuni senatori, e in concerto con Miur, ministero Salute e Mef, a ritenere indispensabile un intervento legislativo di apertura strutturale di HT a tutti i ricercatori del Paese, che ne assicuri — senza sottrazione di risorse già destinate, né altri oneri a carico dello Stato — la prevalente e ufficiale funzione di hub della ricerca nazionale.

Human Technopole, come chi ha seguito la vicenda ricorderà, è nato per legittima decisione politica di costruire una nuova casa della scienza nell’area ex Expo, cui ha fatto però seguito l’arbitraria decisione (contraria alle regole internazionali della scienza e della buona amministrazione pubblica) di escludere dalla progettazione del contenuto della casa tanti brillanti ricercatori ed enti del Paese (alcuni specializzati proprio sulle tematiche che HT dice di voler trattare al suo interno), impedendo loro di elaborare cosa realizzare in quel luogo, con quale modello, per rispondere a quali esigenze della ricerca e del Paese, per poi confrontarsi tra di loro perché vincesse la migliore idea da sviluppare con il denaro dei cittadini.

Oggi la normativa vigente dispone che la Fondazione benefici dell’enorme dotazione di 140 milioni di euro pubblici ogni anno, per sempre, per ricerche che verranno finanziate senza competizione, e quindi senza alcuna garanzia che siano le migliori a cui il Paese possa destina re i propri investimenti. Una grossa lacuna tecnica e politica circa l’efficienza e la trasparenza nell’uso dei fondi pubblici, che l’emendamento proposto va a colmare, vincolandone una parte — il 60%, ossia 80 milioni di euro/anno — ad assicurare l’accesso sistematico su base competitiva alle tecnologie d’avanguardia di HT, da identificare mediante consultazione pubblica, a tutti i ricercatori di università, Irccs ed enti di ricerca del Paese, da Nord a Sud alle isole, sul modello dello Science for Life Laboratory

svedese.

La competizione, per essere davvero trasparente, aperta e ad armi pari, deve avere delle regole, certe, chiare e uguali per tutti: è questo il momento in cui la politica può e deve stabilirle, integrando quanto previsto nello statuto di Human Technopole e non ancora attuato.

Non si vede perché una tale apertura secondo criteri meritocratici dovrebbe (nientemeno) mettere a rischio la sopravvivenza di HT; se anche il vincolo fosse operativo dal 2020, la Fondazione avrebbe comunque nella sua disponibilità circa 340 milioni di risorse pubbliche già assegnate, per poter perseguire gli impegni assunti.

Gli scienziati assunti sono poche decine. Il master plan originale è in via di profondo e libero cambiamento.

Cambiare, quindi, si può. Nell’aprire al Paese un progetto che alimenterebbe libertà, progettualità e competizione, l’emendamento trasformerebbe anche l’area ex-Expo in un centro di attrazione di studiosi e idee, per diritto competitivo, e non per concessione.

Oltre a svolgere le sue ricerche interne con i 60 milioni garantiti per legge, HT potrebbe quindi, allo stesso tempo, onorare l’impegno più grande e più importante di tutti: essere una vera infrastruttura, che mette le proprie risorse, tecnologie e facilities al servizio del sistema della ricerca italiano, garantendo ai cittadini che i loro soldi saranno investiti, grazie alla competizione, per implementare con le migliori tecnologie le idee migliori, volano di crescita per tutto il Paese.

Non si tratta di "inutile burocrazia", ma di basilare equità.