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Un "Recovery" per la ricerca

L'ue sostenga gli studi di base

23/11/2020
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La Stampa

Elena Cattaneo *

Caro direttore,
«L'Erc, il Consiglio europeo della ricerca, è una garanzia di eccellenza globalmente riconosciuta e i suoi bandi sono fra i più ambiti al mondo per la ricerca: il mattone indispensabile su cui poggiare ogni linea di ricerca applicata e traslazionale». Come ricordato dal suo presidente Bourguignon, anche in riferimento alla ricerca sui vaccini, «gli studi di frontiera si possono trasformare in cose molto concrete molto rapidamente».

Ma hanno bisogno di basi che rendano possibile «immaginare nuovi modi di guardare alle cose». È ancora poco diffusa tra i cittadini e i decisori politici la consapevolezza che la straordinaria accelerazione della ricerca ai tempi della pandemia, a cominciare da quella sui vaccini, è stata possibile grazie a conoscenze frutto della ricerca di base, anche orientata a studiare mondi lontani.

Basti pensare che il "padre" dell'innovativo vaccino che si sta sviluppando con l'utilizzo dell'Rna messaggero è Ugur Shain, vincitore, pochi anni or sono, proprio di un importante finanziamento dall'Erc finalizzato a individuare terapie immunologiche contro il cancro. Per diffondere questa consapevolezza oggi è essenziale ribadire in Italia l'importanza dell'agenzia europea Erc, che identifica su basi competitive i progetti più innovativi in Europa, ad altissimo potenziale scientifico e con forti implicazioni sociali. Ciononostante, proprio in Italia, il vertice della nostra giustizia amministrativa – a sprezzo del ridicolo scientifico – sta mettendo in discussione l'affidabilità dei meccanismi di valutazione europei.

Mi riferisco, in particolare, al progetto LightUp, vincitore – come quello di Shain – di un finanziamento Erc e, purtroppo, oggetto di una nuova sospensione da parte della terza sezione del Consiglio di Stato. I ricercatori delle Università di Torino e Parma responsabili di tale studio – che prevede una sperimentazione sui macachi al fine di comprendere i meccanismi di recupero della funzione visiva – sono da tempo oggetto di una campagna di disinformazione da parte di movimenti animalisti, parallela ad iniziative legali, tanto da aver ricevuto minacce e intimidazioni anonime accompagnate da proiettili. Il fatto che il supremo giudice amministrativo stia questionando, sospendendolo per due volte, la validità di un progetto vincitore di Erc, quindi già ampiamente valutato sotto ogni aspetto scientifico ed etico, ci fa tristemente ricordare che l'Italia è ancora il Paese di Stamina – su cui questo giornale ha tanto giustamente battagliato.

È il Paese in cui nel 2013 il Tar del Lazio, nel pieno dell'isteria politico-mediatica (con la trasmissione «Le Iene» in prima fila, la stessa che oggi sta rilanciando la fake-panacea del plasma iperimmune per il Covid19) decideva di vanificare il giudizio tombale della Commissione ministeriale incaricata di valutare la poltiglia pericolosa promossa dall'oggi defunto professor Vannoni, esperto di comunicazione. I giudici disponevano, sull'assunto inedito e pericoloso di applicare la "par condicio" alla scienza, che della Commissione – composta da autorevoli studiosi e staminologi – dovessero far parte esperti che sulla validità dell'inesistente protocollo Stamina «non avessero già preso posizione» o, in loro mancanza, che fossero «chiamati in seno al Comitato, in pari misura, anche coloro che si sono espressi in favore di tale metodo»". È penoso persino ricordarlo, ma la scienza non è una salumeria in cui si entra quando serve e si chiede la quantità del prodotto che si desidera. Un'opinione, se non documentata, non vale l'altra.

Il caso LightUp, con il preoccupante protagonismo del Consiglio di Stato, è anche il segnale inequivocabile di quanto il Paese sia rimasto, anche di fronte all'emergenza pandemica, ostile alla scienza e di quanto sia necessario lavorare ad ogni livello per preservare il valore della ricerca che, l'attualità lo sta dimostrando, rappresenta nel mondo la speranza di un futuro migliore.

È anche per questo che sostengo e rilancio convintamente l'appello del presidente dell'ERC circa la necessità che l'accordo sul Quadro finanziario pluriennale dell'Unione, nelle trattative sul budget disponibile per la ricerca e sulla sua distribuzione tra i tre pilastri del programma Horizon 2021-2027, garantisca e tuteli il primo di questi pilastri, vale a dire proprio la ricerca di base europea finanziata dall'ERC. Si potrebbe raggiungere questo scopo a costo zero. Basterebbe, come lo stesso Bourguignon ricorda, un impegno esplicito a impiegare i 4 miliardi supplementari destinati al programma Horizon per l'Excellent Science, di cui l'ERC rappresenta i 2/3.

È vero che il Recovery Fund prevede di destinare alla ricerca 5 miliardi aggiuntivi, ma – ricorda Bourguignon – questi sono riservati ad azioni relative alla ricerca finalizzata e applicata in campo industriale e sociale (secondo e terzo pilastro). In questo modo, senza dover reperire altri fondi, la ricerca di base europea troverebbe una giusta compensazione per la riduzione di budget dovuta alla pandemia. Le risorse per la ricerca fondamentale hanno bisogno di un pensiero strategico. Anche nell'emergenza pandemica, dobbiamo ricordare che è necessario da oggi iniziare a lavorare all'Europa di domani, consapevoli che le migliori idee di ricerca e innovazione, tra sette anni, saranno indispensabili "sentinelle" ai confini della conoscenza a difesa del nostro futuro.

*Docente alla Statale di Milano e Senatrice a vita —


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