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Un «maestro ignorante» e i diritti dei bambini

Lodi insegnava ai suoi bambini prima di tutto a pensare, chiedere e dubitare, allenandone la capacità di pensare, chiedere e dubitare su ciò che si sa

03/03/2014
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Corriere della sera

Marina Santi

Non ho incontrato Mario Lodi e ora so che non lo potrò mai incontrare. Eppure la sua voce è vicina a me e agli studenti del corso di Didattica Generale dell’università dove insegno, a Padova, nel video di una intervista che proietto in aula per spiegare cosa sia stata e cosa possa essere una «scuola attiva». Lì il maestro Lodi racconta con i suoi modi gentili e insieme forti dell’autorevolezza, e dell’esperienza, i valori che hanno animato il suo impegno verso il diritto dei bambini ad avere voce nel mondo, a dare ad esso la propria voce e a far parlare il mondo di loro. Vi traspare la sapienza di un «maestro ignorante», che sa cogliere l’importanza di imparare dai bambini e dal loro modo di leggere il mondo. Lì Lodi denuncia l’arroganza di una cultura e una società che non sanno apprendere e attingere dalla parte più creativa, aperta e generativa dell’umanità, che abdicano alla responsabilità di nutrirla con la scuola.
In quell’intervista rimpiange le occasioni perdute — il mezzo televisivo lo è — per portare ricchezza di idee ai meno ricchi e privilegiati, ciò che seppe fare un compagno di strada come Alberto Manzi. Lodi ci ricorda quanto sia sciocco non cogliere nella ricerca di senso e di esperienza dei bambini non solo l’espressione di un diritto, ma un’opportunità di crescita collettiva. Egli insegnò a scrivere ai bambini stampando giornali di classe tra i banchi; giornali pieni di domande e risposte dei bambini sui problemi che li riguardano, anziché tracce di temi su conoscenze preconfezionate nei libri di testo.
I bambini muovevano con le loro braccia la macchina tipografica per vederne uscire il simbolo della libertà (perché questo pensava Lodi della stampa): la loro. Così Lodi insegnava ai suoi bambini prima di tutto a pensare, chiedere e dubitare, allenandone la capacità di pensare, chiedere e dubitare su ciò che si sa. Lodi non ha mai smesso una volta di allertarci «se i bambini non parlano», e per lui parlare era dipingere, scolpire, giocare e molto altro, con ogni mezzo. Perché un bambino che tace è un bambino in cui il ben-essere e il ben-diventare sono compromessi dall’assenza di qualcuno che ascolta.

 


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