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Tuttoscuola-I compiti a casa del ministro

SOMMARIO 1. Riforma della scuola: i compiti a casa del ministro 2. Tempi e modi per la revisione dei cicli 3. Giu' le mani dalla primina 4. L'ondina lunga della materna 5. Ingresso anticipato a...

14/01/2002
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Tuttoscuola

SOMMARIO

1. Riforma della scuola: i compiti a casa del ministro
2. Tempi e modi per la revisione dei cicli
3. Giu' le mani dalla primina
4. L'ondina lunga della materna
5. Ingresso anticipato alle elementari: la situazione in Europa
6. Ingresso anticipato alle elementari: dalla Falcucci alla Moratti
7. Se i professionali si regionalizzano. Oppure no

1. Riforma della scuola: i compiti a casa del ministro

Lo stop improvviso che ha subito il ddl sul riordino dei cicli, che
dovra' essere rivisto per ottenere il via libera del governo, conferma
che molte delle questioni che "TuttoscuolaNEWS" aveva sollevato
nell'ampio lavoro di approfondimento dedicato, fin nei dettagli, al
documento della commissione Bertagna, erano centrate.
Cosa ha indotto infatti venerdi' scorso alcuni ministri, nella sala
consiglio di palazzo Chigi, a chiedere al ministro Moratti e al
premier Berlusconi, di spegnere la lavagna luminosa, di mettere da
parte grafici e indicatori e di riflettere una volta di piu' sugli
aspetti educativi della grande riforma della scuola? Le perplessita'
avanzate dai colleghi della Moratti riguardano l'ingresso a sei anni
nel ciclo formativo, le competenze regionali in materia di istruzione
professionale e la copertura finanziaria del provvedimento. Temi sui
quali avevamo gia' offerto ai nostri lettori elementi di riflessione e
analisi, gli stessi che piu' di un ministro non ha voluto risparmiare
alla Moratti che ha dovuto ingoiare il rospo e tornare a Viale
Trastevere con i compiti a casa. Torniamo, a nostra volta, su quanto
gia' scritto e approfondito su questi temi, e non facciamo mancare il
nostro consueto contributo settimanale ad una seria riflessione su una
riforma tanto discussa e delicata.

2. Tempi e modi per la revisione dei cicli

Cominciamo con un primo elemento non ancora messo in luce dalla
stampa: nel disegno di legge di riforma, manca la definizione di tempi
e procedure per l'avvio dei nuovi cicli. La legge 30/2000, quella
votata dall'Ulivo che il ddl della Moratti intende esplicitamente
abrogare, prevedeva infatti l'attuazione progressiva dei nuovi cicli,
definita da un programma quinquennale adottato dal Parlamento, nel
quale, fra l'altro, dovevano essere definiti gli effetti finanziari
della riforma, gli interventi di formazione e riqualificazione degli
insegnanti, i tempi e le modalita' di attuazione della legge, i
criteri di ridefinizione dei curricoli di insegnamento, il piano per
l'adeguamento delle infrastrutture. Forse anche per questa rilevante
assenza della procedura di attuazione della nuova riforma il Consiglio
dei ministri ha ritenuto opportuno un esame piu' approfondito della
proposta Moratti.

3. Giu' le mani dalla primina

L'ipotesi di anticipare l'obbligo scolastico ha sempre diviso gli
addetti ai lavori (anche l'Ulivo con il ministro Berlinguer ci aveva
provato, ma le riserve interne alla maggioranza lo avevano fatto
desistere).
Da una parte gli anticipazionisti evidenziano il vantaggio di un
intervento formativo che tiene conto di diffusi livelli di maturita'
dei bambini di oggi e di contesti culturali e sociali piu' stimolanti.
Tra i critici di ogni precocismo (lo stesso prof. Bertagna in piu' di
un'occasione ha stigmatizzato la moda della "primina") c'e' invece il
timore che possano essere compromesse fasi evolutive importanti per
una maturazione equilibrata e armonica del bambino.
Ma l'altola' venuto da esponenti della maggioranza alla proposta
Moratti potrebbe avere anche ragioni piu' concrete. Gia' oggi infatti
vi sono anticipazioni di fatto dell'obbligo grazie alla primina
organizzata dalle scuole materne private, prevalentemente cattoliche,
soprattutto del sud (per i dati vedi "TuttoscuolaNEWS" n. 32). Ogni
anno si avvalgono di questa scorciatoia circa 29 mila bambini. E la
primina, oggi esclusiva prerogativa delle private, fa richiamo e
business: si puo' stimare in almeno 70 miliardi di lire all'anno il
giro d'affari garantito dalle primine; una cifra di vitale importanza
per le scuole materne private, se si considera che il tanto discusso
contributo statale a loro favore per il 2001 e' stato di 176 miliardi.
Senza contare che molti di coloro che si iscrivono alla primina poi
restano nella scuola dove l'hanno fatta.
La proposta Moratti introdurrebbe dunque una forma di concorrenza - in
tal caso da parte dello Stato - in una "nicchia di mercato" che finora
e' stata appannaggio delle scuole private. Ecco il vero motivo del
contendere.

4. L'ondina lunga della materna

L'anticipo dell'ingresso a scuola, che ha lasciato perplesso piu' di
un ministro, avrebbe un effetto anomalo sulle iscrizioni in prima
elementare. Infatti, nel primo anno di eventuale anticipo dell'obbligo
di quattro (o sei) mesi si creerebbe un aumento del 33 per cento (o
del 50 per cento) della popolazione scolastica iscritta in prima
elementare, con ripercussioni sul numero delle classi e sugli assetti
degli organici del personale docente (
https://www.tuttoscuola.com/ts_news_33-1.doc ).
Il maggior fabbisogno di insegnanti (da un minimo di 13.500 a un
massimo 27.000, con un maggior costo stimabile dai 950 ai 1.900
miliardi di lire) contrasterebbe pero' decisamente con il taglio di
organici previsto dalla Finanziaria 2002 che dovrebbe comportare dal
prossimo settembre, proprio per l'elementare, una riduzione, secondo i
calcoli del ministero comunicati ai sindacati della scuola in questi
giorni, di 2.500 posti: un dare e un avere in evidente contraddizione.
L'onda di nuovi iscritti, anche se piu' contenuta di quella provocata
dall'applicazione della legge 30/2000 sui cicli, avrebbe ripercussioni
sui 12 successivi anni di scuola, trascinandosi quindi nel tempo,
oltre all'aumento anomalo di un'annualita' di iscritti, anche
l'incremento temporaneo di classi e di insegnanti per la scuola media
e poi per la secondaria superiore.
Si porra' ancora una volta, quindi, il problema della 'frantumazione'
dell'onda che tanto aveva appassionato e angustiato i tecnici del
ministero dell'istruzione per contenerne gli effetti negativi.
Come porre rimedio: una soluzione potrebbe venire dalla gradualita'
dell'anticipo, prevedendo, ad esempio, che nel primo anno si disponga
un anticipo di due/tre mesi, nel secondo anno di quattro/sei mesi, e
cosi' via.

5. Ingresso anticipato alle elementari: la situazione in Europa

La scuola dell'infanzia, che sembrava immune ad ogni modifica
strutturale, sembra dunque destinata a diventare vittima sacrificale
per il bene dei nuovi cicli scolastici. Dovrebbe ringiovanire di
quattro o sei mesi, accogliendo bambini piu' giovani di quelli di oggi
e cedendoli alla scuola elementare quattro o sei mesi prima di quanto
avviene attualmente.
Diverse scuole materne private accolgono gia' oggi bambini di eta'
inferiore ai tre anni; la stessa scuola statale dell'infanzia, se ha
posti liberi, puo' accogliere bambini che compiono tre anni entro il
31 gennaio. In Europa solo il Belgio accoglie prima dei tre anni di
eta' i bambini nella scuola materna (a 2 anni e mezzo).
Per quanto riguarda invece la scuola elementare, l'anticipo
dell'ingresso a scuola a 5 anni rappresenterebbe per l'Italia una
novita' assoluta, collocandola vicina ai pochi paesi europei che gia'
lo praticano (Olanda e Regno Unito). Il resto dell'Europa prevede
l'inizio dell'obbligo a sei anni di eta', con l'eccezione di
Danimarca, Svezia e Finlandia che lo ritardano ai sette anni.

6. Ingresso anticipato alle elementari: dalla Falcucci alla Moratti

Tornando all'Italia, chi ha buona memoria ricordera' che l'idea di
anticipare l'ingresso nella scuola elementare di alcuni mesi non e'
una scoperta della Moratti. Gia' negli anni '80 l'allora ministro
Franca Falcucci aveva provato a proporre le iscrizioni in prima
elementare ai nati entro il 31 marzo. Ma non aveva avuto successo.
Le analogie Moratti-Falcucci non si fermano li'. Per la riforma della
scuola elementare la Falcucci aveva pensato di integrare la figura del
maestro unico con l'apporto di insegnanti specialisti; poi aveva
dovuto accontentarsi - dopo un lungo confronto all'interno della
maggioranza dell'epoca - di vedere il docente prevalente nelle due
prime classi di elementare. Insegnante quasi unico, specialisti di
contorno, maestro prevalente: le somiglianze con il progetto del
gruppo Bertagna anche qui sono evidenti.
Accanto alle analogie, si colloca pero' anche una differenza
rilevante: la sen. Falcucci introdusse le citate novita' solo al
termine di lunghe e complesse mediazioni politiche e sindacali, mentre
le proposte contenute nel disegno di legge messo a punto dal ministro
Moratti non hanno avuto - come dimostra l'esito del Consiglio dei
ministri dell'11 gennaio - lo stesso tipo di preparazione e di ampio
coinvolgimento dei soggetti politici e sociali interessati alla
riforma.

7. Se i professionali si regionalizzano. Oppure no

Il disegno di legge di revisione della legge sui cicli non e'
esplicito in materia ma tutto lascia intendere che la gestione degli
attuali istituti professionali verra' passata alle Regioni, che
gestiranno in esclusiva in tal modo istruzione e formazione
professionale. L'operazione era stata tentata dal precedente Governo
dell'Ulivo, che nel testo iniziale del decreto legislativo 112/1998
aveva avanzato tale previsione di trasferimento totale degli istituti
professionali alla competenza delle regioni, ma, per una serie di
ostacoli politici e sindacali, aveva dovuto accontentarsi del solo
trasferimento dei pochi istituti professionali che avevano corsi di
durata non quinquennale (art. 141 decreto legislativo 112/98).
Oggi gli istituti professionali statali sono 482, organizzati in 14
tipologie, di cui quelli per l'industria e l'artigianato (IPSIA)
rappresentano con 193 istituti quasi il 40 per cento del totale,
seguiti dagli alberghieri e ristorazione con 100. Come gli istituti
tecnici, i professionali, oltre alla sede principale dell'istituzione,
hanno una notevole quantita' di sezioni staccate sul territorio (782).
I professionali sono in crescita di iscrizioni (vedi "TuttoscuolaNEWS"
n. 32) e dovrebbero superare i 600 mila studenti dal prossimo anno
scolastico (quasi il 23% degli studenti italiani di secondaria).
Veneto ed Emilia-Romagna sono le regioni con il piu' alto tasso di
iscritti ad istituti professionali (tra il 25 e il 26%), Abruzzo e
Molise con il piu' basso (14-15%).
La questione piu' problematica in caso di passaggio dallo Stato alle
Regioni sarebbe rappresentata dal personale statale attualmente
titolare negli istituti professionali: quasi 49 mila docenti, poco
meno di 500 capi d'istituto e diverse migliaia di personale Ata.
Alcune Regioni si mostrano pronte a rilevare questa complessa
eredita', ma molte altre non lo sono sicuramente.
Peraltro, non e' affatto detto che gli attuali Istituti professionali
e il loro personale accettino passivamente di essere trasferiti alle
Regioni: in molti casi essi potrebbero chiedere di essere accorpati
con gli Istituti tecnici di indirizzo affine, costituendone una
variante curricolare piu' orientata verso la formazione tecnica
superiore e il lavoro. Il tal caso il "secondo canale" di formazione
professionale, affidato alle Regioni, nascerebbe assai gracile.