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«Tre scenari possibili, dipende dalle condizioni Il rientro a settembre non sarà uguale per tutti»

Bianchi, capo della task force: reinventiamoci

08/05/2020
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Corriere della sera

Gianna Fregonara

Professor Bianchi, come sarà la scuola del dopo Coronavirus?

«Molti dicono che dopo quest’emergenza si deve tornare alla normalità: dobbiamo invece avere la capacità di uscirne innovando».

È ottimista nonostante tutto Patrizio Bianchi, già rettore dell’Università di Ferrara, poi assessore in Emilia Romagna, ora titolare della cattedra Unesco in Educazione crescita e uguaglianza e a capo della task force del Miur per la ripresa delle lezioni.

«Quest’emergenza ci ha costretti a farci alcune domande che avevamo lasciato indietro. La prima: a che cosa serve la scuola oggi? Quando ero bambino forniva nozioni e strumenti per elaborarle poi separava gli studenti tra coloro che proseguivano gli studi e chi doveva imparare una professione. Oggi che siamo alluvionati di informazioni la scuola ci deve insegnare la capacità critica, l’uso consapevole degli strumenti e a fare comunità, cioè a lavorare insieme».

Cosa resterà della didattica a distanza? Il governatore di New York Cuomo dice addirittura che dovrebbe essere la normalità

«Il virus ci ha letteralmente precipitati nel mondo digitale: non disperdiamo quello che abbiamo imparato in questi mesi».

Pensa che si debba cambiare il curriculum: le materie e il modo di studiarle?

«Il curriculum deve essere più flessibile e dobbiamo valorizzare l’autonomia delle scuole: serve un sistema nazionale che sorregga le aree fragili, come le periferie, e poi bisogna dare spazio ad un insegnamento più informale, valorizzando musica, storia dell’arte, educazione civica, capacità espressiva».

Diranno che i risultati di italiano e matematica degli studenti non sono brillanti.

«Le faccio un esempio: una volta per sapere chi fosse Carneade bisognava leggere Manzoni, oggi basta prendere un telefonino. Voglio dire che non ci mancano le informazioni ma quello che non sappiamo è usarle bene».

Gli insegnanti sanno lavorare in questa nuova scuola?

«Dobbiamo investire in formazione dei docenti. Purtroppo le ultime riforme sono state fatte come se si fosse trattato di ordine pubblico non avendo una visione».

Come sarà il rientro a settembre?

«Stiamo lavorando a tre scenari a seconda delle condizioni sanitarie. E a diverse modalità per i diversi gradi di scuola: i più piccoli e i ragazzi con disabilità sono quelli che hanno più bisogno di stare in classe. I più grandi possono essere un po’ più autonomi».

Si tornerà a scaglioni?

«Cercheremo di garantire la presenza a scuola il più possibile: ho un’unica preclusione. Non voglio i bambini in classe come quelli cinesi, in banco col cappello e divisi dal plexiglas. La scuola a ci deve garantire il diritto di essere noi stessi. Senza lasciare indietro nessuno».


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