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Top università

Gli atenei del nostro Paese forti per reputazione e qualità della ricerca A penalizzarli le facoltà sovraffollate e la scarsa capacità di attrarre stranieri

09/06/2017
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la Repubblica

Corrado Zunino

Ora ci sono quattro università italiane nelle prime duecento posizioni di una classifica di peso a proposito dell’educazione superiore nel mondo (è la

Qs World University Rankings, Londra, da tredici anni su piazza). Sembrano piazzamenti di retrovia, a fronte del dominio delle americane (primi quattro posti, con il Mit Massachusetts ancora in testa e capace di produrre startup come se fosse l’undicesima economia nel mondo). Sembra ottimismo nazionalistico, a fronte delle alte scuole inglesi che occupano il

ranking dal quinto all’ottavo posto, della crescita di Singapore, dell’ingresso di un’accademia australiana tra le prime venti. Ma la lenta scalata delle università italiane nelle ultime stagioni è percepibile, da noi e all’estero. In alcune discipline siamo competitivi con i migliori.

Per il terzo anno consecutivo il primo ateneo italiano nella “Quacquarelli Symonds” è il Politecnico di Milano, 170°, in grado di sfornare ingegneri, urbanisti e designer graditi al mondo del lavoro: il giudizio di 40.455 recruiter globali gli assegna il 53° posto. Il Polimi, che ha il settimo Dipartimento di Design, è cresciuto di tredici posizioni, di cinquantanove in tre anni.

L’Alma Mater di Bologna è al numero 188 (guadagna venti posti, ne perde tre rispetto al 2015), le viene riconosciuta una facoltà di Archeologia di tutto rispetto (32esima), è tra le prime cento per occupabilità dei laureati e la migliore in Italia per reputazione accademica (Qs ha consultato 75.015 tra docenti e ricercatori). Vengono poi i due atenei speciali pisani, tra l’altro sempre più federati. Sono entrambi, new entry per Qs, al numero 192 della classifica. L’indicatore che le ha portate subito in alto è quello che misura l’impatto della ricerca: la Scuola Normale superiore è 18esima al mondo per citazioni, la Scuola superiore Sant’Anna è 27esima.

Ci sono trenta università italiane nelle prime mille del ranking e La Sapienza di Roma torna a salire: è al numero 215, migliora di otto posti. Padova entra nella top 300 e scala 46 posizioni, la Statale di Milano avanza di 45. L’università Luigi Bocconi di Milano non figura nella classifica globale perché specialistica (economia), ma è la preferita dai datori di lavoro tra le italiane: al 30° posto.

Ecco, il sistema universitario italiano è considerato bene sui primi tre parametri del Qs: la reputazione certificata dagli altri accademici, la soddisfazione delle aziende che hanno assunto laureati e il numero di citazioni dei loro lavori nel periodo 2011-2016. Cala in maniera sensibile nei rimanenti tre indicatori: il rapporto docenti-studenti (solo Normale e Sant’Anna sono nelle prime 100, poi Trieste 475esima) e l’internazionalizzazione dell’ateneo: sia per docenti che per studenti stranieri. Il responsabile della ricerca Qs, Ben Sowter: «L’Italia è un Paese straordinario, deve incrementare l’investimento per università e ricerca». La ministra Valeria Fedeli: «Abbiamo eccellenze e realtà storiche prestigiose, dobbiamo sostenerle».


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