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Tira aria di sciopero generale

La scuola e il pubblico impiego di Cgil, Cisl e Uil in piazza insieme sabato prossimo. Contro il blocco del contratto. Le assunzioni non bastano

04/11/2014
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ItaliaOggi

Alessandra Ricciardi

Il clima diventa di ora in ora più pesante. Quella ventata di ottimismo che c'è stata nella scuola all'annuncio delle 150 mila assunzioni, il più grande piano di stabilizzazione di precari pubblici fatto in un solo anno, si è ormai dispersa sotto i colpi di una contrapposizione sempre più dura ed ultimativa tra governo e sindacato sulle riforme in corso e la crisi economica che continua a mordere. E se sul Jobs act la Cgil va avanti da sola con lo sciopero contro il premier Matteo Renzi, con Cisl e Uil che per ora dicono no a una protesta a carattere politico, sulla scuola e il pubblico impiego la Triplice si è già riunita.

Le prove generali di quello che a breve potrebbe diventare il primo sciopero generale delle categorie si avranno sabato prossimo, quando Cgil, Cisl e Uil di tutti i settori pubblici, circa 3 milioni di lavoratori, scenderanno in piazza a Roma per manifestare contro il blocco del contratto e i tagli della legge di stabilità. La scorsa settimana sono state oltre 300 mila le firme a sostegno dello sblocco del contratto raccolte dai sindacati della scuola nel comparto e consegnate alla presidenza del consiglio dei ministri. Un assaggio di quello che potrà accadere sabato quando la manifestazione sarà la prima cartina al tornasole delle forze in campo.

«Se ci saranno gli estremi, se il governo continuerà a negare il dialogo, la strada non potrà che portare allo sciopero», dice Massimo Di Menna, numero uno della Uil scuola, «ma non ci fermeremo ad una singola azione, la mobilitazione sarà lunga. Non si può parlare di valorizzazione della scuola e poi ignorare i diritti di chi vi lavora. E non è solo una questione economica». Francesco Scrima, segretario Cisl scuola e coordinatore dei settori del pubblico impiego del sindacato di via Po, ragiona: «I servizi pubblici sono una voce della spesa dello stato, ma anche il bene più prezioso per la comunità, non è credibile che in una manovra da 36 miliardi non ci siano le risorse per i contratti di chi vi lavora». E lancia alcuni dati: dal 2010, anno in cui è stato introdotto il blocco della contrattazione, fino al 2013 la voce di spesa è scesa di 8 miliardi, i dipendenti pubblici hanno perso dai 2.800 ai 5.600 euro annui. E sono 310 mila i posti di lavoro pubblici cancellati. Eppure la spesa pubblica è in continua crescita. «Rivendichiamo più giustizia sociale e meno chiacchiere. Qui non è in gioco solo il futuro dei lavoratori, ma quello dell'intero Paese», rimarca Mimmo Pantaleo, segretario Flc-Cgil, «senza il rinnovo dei contratti non ci può essere buona scuola, buona università, buona ricerca».

Ieri è giunta ai sindacati la convocazione del ministro dell'istruzione, Stefania Giannini, per il 12 novembre. Nell'incontro, però, non si parlerà di contratto ma della Buona scuola. Il programma di riforma del governo è al centro di una consultazione che terminerà il 15 novembre e che finora è stata condotta on line (88 mila i partecipanti, di cui in 60 mila hanno compilato i questionari predisposti dal Miur) e con incontri a tappeto sul territorio (150mila i partecipanti) escludendo proprio le sigle sindacali. Anche la Buonascuola, con le sue 150mila immissioni in ruolo, è dossier caldo, visto che tutti i sindacati contestano per esempio il nuovo sistema di carriera, che darà aumenti al 66% dei docenti e non prima del 2019, e i tagli al personale Ata.


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