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"Studierò come una secchiona. Pochi 53 miliardi per la scuola"

Giannini: mi sento un ministro politico, non tecnico

23/02/2014
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la Repubblica

Corrado Zunino

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Il neoministro dell’Istruzione (e dell’Università e della Ricerca) è Stefania Giannini, 53 anni, segretario di Scelta Civica, lucchese, glottologa, fino al 2013 rettore dell’Università per stranieri di Perugia. È l’unico ministro di Scelta Civica. «Provo una grande soddisfazione per il partito e sento la responsabilità del gravosissimo incarico».
Le piacciono i quindici colleghi, ministro?
«Formazione coraggiosa, età media che ispira rinnovamento. Dovrà essere una stagione di riforme strutturali e istituzionali».
Che ruolo avrà Scelta Civica?
«Garantirà che la priorità resti il lavoro e che nei primi cento giorni di governo la pressione fiscale scenda».
L’ha chiamata Mario Monti, il fondatore?
«Tra i primi. Mi ha ricordato quel giovedì in cui mi spinse a prendere la leadership del partito. Ero riottosa».
Monti da premier fu disinteressato a scuola e università: servivano solo per prelievi di cassa.
«Quello era un governo a termine, in emergenza: non si poteva programmare di scuola con lo spread oltre 500 punti. Il governo Renzi offrirà una svolta, avrà ambizione. Investimenti in capitale umano, ricerca: non faremo scelte timide».
La prima cosa che farà entrando in viale Trastevere?
«Studierò. Come una secchiona. Intendo la macchina, che è da adeguare. Un Paese non può spendere 275 miliardi in pensioni e 53 in istruzione. Abbiamo davanti un settennato europeo con 100 miliardi per investimenti infrastrutturali e 80 miliardi per la ricerca. Per vincere bandi europei, però, ci vuole una mentalità che l’Italia ancora non possiede».
E’ il terzo rettore consecutivo che diventa ministro: la scuola in mano ai tecnici.
«Considero questo incarico il mio, per elezione, ma lo eserciterò come un ruolo politico, di scelte».
Due temi che Maria Chiara Carrozza le lascia in eredità: il liceo in quattro anni e una grande consultazione nel Paese.
«Sì ai licei in quattro anni, è un modello internazionale. La consultazione sulla scuola, invece, mi lascia scettica».
Anche lei parla del valore del ruolo dell’insegnante, poi, però, non ci sono i soldi per valorizzarli davvero.
«I soldi sono necessari per la scuola pubblica e quella paritetica, che non lascerò indietro, ma il modello scatti d’anzianità va rivisitato con coraggio. Premi a chi si impegna, chi si aggiorna, chi studia. Tutti i mestieri che si rispettino prevedono premi. Valutazione e autonomia delle scuole, sul serio. Le scuole devono diventare università: gestire, scegliere».
Parla volentieri di diritto allo studio, ma in Italia un universitario meritevole su due non riceve la borsa di studio.
«Anche qui scelte politiche non timide. Un fondo nazionale per le borse, erogate anche nella forma del prestito d’onore».
Credito di imposta strutturale per le università?
«Singapore, così, ha attratto investimenti e creato una classe di studenti che eccelle nel mondo. E i crediti di imposta si stanno affermando in Gran Bretagna e in Francia».
Ha già detto: negli atenei troppi amministrativi.
«I bilanci di molte università sono traballanti anche per questo. C’è una forte pressione sindacale: assumiamo, poi si vedrà. Bisogna prendere i migliori, invece, amministrativi e docenti, altrimenti gonfi i bilanci e poi non assumi più nessuno. Stiamo perdendo generazioni di studiosi».