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Studenti stranieri, in arrivo l’insegnante ad hoc

Il ministro: «Una classe di concorso per docenti di Italiano L2». L’esperto: «Meglio coinvolgere tutto il personale». Le proposte della Buona Scuola

27/01/2015
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Corriere della sera

Antonella De Gregorio

Stranieri, nati all’estero, «seconde generazioni»: sono 700mila nelle scuole italiane, il 10 per cento circa, e stanno trasformando il volto di un sistema che, nell’ultimo ventennio, è definitivamente diventato multiculturale. Per questi «bambini di altrove», l’apprendimento della lingua nostrana è un’emergenza, non solo didattica.

 
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Una lingua «speciale»

Le scuole, tra insegnanti sottopagati, malumori delle comunità e uno stigma sociale che spesso pesa, avviano corsi annuali di L2 (lingua italiana per stranieri); quando non bastano, fanno appello alla normativa sui Bes (i bisogni educativi speciali) che tra i tanti disagi degli alunni si preoccupa anche di quello linguistico. Per i «minori con cittadinanza non italiana», la legge prevede la possibilità di «usufruire di un piano didattico individualizzato e personalizzato», ma solo in via eccezionale, soprattutto alla scuola secondaria, dove alternativa più frequente è utilizzare le due ore di seconda lingua comunitaria per arrivare a padroneggiare l’italiano. Senza perdere di vista la lingua straniera, però, sulla quale tutti, alla fine, vengono valutati «nelle forme e nei modi previsti per i cittadini italiani».

Concorso

Il ministro ha detto di voler «attrezzare una generazione di maestri e professori per l’insegnamento linguistico agli alunni stranieri». Lo ha confermato il sottosegretario Toccafondi che, rispondendo a un’interrogazione parlamentare, ha precisato che il regolamento relativo è «in via di emanazione». Questione di un paio di Consigli dei ministri, fanno sapere al Miur e anche a «Italiano L2» si accederà con un percorso abilitante, così come richiesto per le altre materie. Un’occasione, per i docenti di «L2», che al momento non sono inseriti in graduatorie e hanno limitate possibilità di svolgere la propria attività nelle istituzioni scolastiche, pubbliche e private. Ma anche un nuovo dilemma da sciogliere: quanti insegnanti servono? I soldi, ci sono? Si è provato (governo Prodi) a censire tutti quelli che potevano vantare una formazione specifica e a ipotizzarne un distacco. Troppo costoso, per il ministro dell’Economia dell’epoca.

Sul campo

Intanto, è stata avviata la ricognizione. Non semplice, sono diverse le figure coinvolte: insegnanti «distaccati» (i facilitatori linguistici); specialisti con formazione specifica; insegnanti di scuola che prestano servizio «diffuso». E gli esterni: studenti universitari, volontari.

La Buona Scuola

Le consultazioni sulla Buona Scuola hanno messo a fuoco quello che manca, trasformato necessità in proposte. Che vanno dal mettere in guardia contro «la ghettizzazione» e le classi troppo numerose, all‘istituzione di un comitato interministeriale per le politiche inclusive; valorizzazione del volontariato; più laboratori per l’apprendimento di L2. Ai suggerimenti ha contribuito l’Osservatorio per l’integrazione degli alunni stranieri. Che vede l’insegnante specialista come una delle soluzioni possibili («non necessariamente la migliore, richiede tempi lunghi» - sostiene Vinicio Ongini, esperto di multiculturalità), ma forse «costo e alibi per gli altri, per togliersi da sotto l’ombrello della responsabilità».

Che cosa fare

Inserire subito i «neoarrivati», evitando liste d’attesa e trasferimenti continui, dicono gli esperti; sì ai piani personalizzati, ma che abbiano valutazioni finali coerenti; più orientamento; più coinvolgimento delle famiglie. La peer education, poi, è una risorsa: «importante coinvolgere gli altri studenti», dice Ongini. Formare tutti: dirigenti, insegnanti, personale; far passare l’idea che «accogliere i mondi» nelle classi, «può essere un problema, ma anche un’opportunità, un laboratorio di convivenza e di nuova cittadinanza». Appannaggio non necessariamente degli specialisti, ma di bravi insegnanti.


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