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Studenti e professori ora saranno più vicini

Lo scrittore docente Eraldo Affinati parla del futuro della scuola dopo l pandemia

31/03/2020
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Il Messaggero

«Nei giorni dell'isolamento la missione dell'insegnante è ancora più complessa e faticosa. Sono aumentate le variabili e le necessità relazionali. Paradossalmente si lavora di più», racconta Eraldo Affinati. Lo scrittore e professore, nato a Roma nel 1956, è un testimone d'eccezione del mondo della scuola, oggi condizionata dalla pandemia, per la conoscenza e le esperienze maturate nel sostenere la crescita degli studenti. Via dalla pazza classe. Educare per vivere (Mondadori) è il suo libro più recente, ma in larga parte dei testi di Affinati emerge il valore del suo impegno. A Roma, insieme alla moglie Anna Luce Lenzi, ha fondato la Penny Wirton, una scuola gratuita di italiano per immigrati, considerando la lingua strumento principe per l'integrazione.
Affinati, come è destinata a cambiare la scuola ai tempi del coronavirus?
«Il momento drammatico che stiamo vivendo obbliga tutti noi a riposizionarci: la dimensione digitale diventa un supporto inevitabile, anche se è evidente che non potrà mai sostituire la vera lezione che si fa in classe. In questi giorni molti ragazzi dei licei e degli istituti romani, affrontando la sfida della didattica on line, se ne rendono conto».
Quali dovrebbero essere lo spirito e le strategie della didattica a distanza?
«Quando ti viene a mancare il contatto personale, solo allora capisci l'importanza anche di una battuta, un sorriso, una pacca sulle spalle. In questi giorni sto parlando al cellulare con diversi adolescenti, i quali mi sembrano assetati di relazioni umane. E li capisco benissimo! Per non parlare dei bambini che stanno forse pagando il prezzo maggiore. Ecco, in futuro non dovremo dimenticarci della sensazione di prigionia che stiamo provando adesso. Così apprezzeremo di più la libertà ora negata».
In questa situazione inedita le sembrano più disorientati gli studenti o i professori?
«Lo sono entrambi in forme diverse. Ma la scoperta di questa fragilità che ci accomuna, può essere l'esperienza più proficua da cui ripartire. Sta crescendo una consapevolezza di coralità sulla quale noi educatori dovremmo lavorare, quando tutto questo si spera sarà finito».
L'acuirsi delle paure e del carico informativo come influisce sulla concentrazione? Modifica i tempi dello studio a casa?
«È come se non riuscissimo ad accettare il silenzio e l'isolamento che un tempo venivano considerati imprescindibili per leggere e scrivere. La solitudine di oggi è di forma e qualità diverse rispetto a quella passata: la connessione permanente, che ci consente la grande Rete, modifica persino il nostro modo di pensare. I ragazzi sono in grado di muoversi meglio degli adulti in questa nuova prospettiva: passano rapidamente da un contesto all'altro con una disinvoltura impressionante e sanno costruire percorsi mentali inediti in mezzo al frastuono informatico».
La quarantena accentua il divario economico e sociale tra gli studenti?
«Questo sicuramente sì, purtroppo. In molte famiglie non ci sono gli strumenti tecnologici adeguati a fronteggiare la sospensione didattica. È la cosa che personalmente mi preoccupa di più».
A tale proposito, come vi state muovendo con le scuole Penny Wirton?
«In questo momento le lezioni uno a uno, che a Roma teniamo nell'ostello universitario a Casal Bertone, sono sospese. Grazie alla collaborazione delle strutture di accoglienza, stiamo organizzando una didattica on line sui generis, basata su contatti telefonici diretti e personali fra i volontari docenti e gli studenti».
Come se li immagina i prossimi esami di maturità?
«L'ho chiesto a diversi studenti che li stanno preparando, gli stessi che hanno fatto alla Penny Wirton un periodo di alternanza scuola-lavoro. Capiscono di essere delle avanguardie preziose, perché l'esperienza digitale che si accingono a compiere potrebbe risultare utile anche il prossimo anno. Oggi siamo obbligati, ma in futuro questa modalità didattica anche valutativa potrà diventare la norma».
Stiamo riscoprendo i tempi e il senso della lettura?
«È una lettura più intensa che ci dovrebbe aiutare a scremare l'essenziale facendoci capire cosa è importante e cosa non lo è. A volte i festival letterari, pur coinvolgendo tanta gente, ci portano altrove, verso protagonismi e narcisismi accessori rispetto all'impegno che comunque presuppone la vera letteratura».
La crisi potrebbe produrre degli effetti virtuosi nel mondo dell'editoria?
«Abbiamo appena saputo che l'Unesco ha concesso l'accesso libero alla Biblioteca Digitale Mondiale. Basta cliccare in Rete per disporne. È come se in questi giorni il sapere planetario millenario entrasse nelle nostre case. Questo cambia tutto, anche se nessuno può stabilire con precisione in quale modo. La necessità di guidare il lettore verso ciò che è decisivo resterà sempre. Anzi crescerà ancora di più l'esigenza di ripristinare le gerarchie di valore nel mare magnum del Web. Ricordo quando da ragazzo, per raggranellare qualche lira, andavo in giro a vendere l'Enciclopedia della Scienza e della Tecnica, la famosa Est della Mondadori. Credo di non aver fatto nemmeno un contratto, però mi piaceva il rapporto che riuscivo a instaurare con i potenziali clienti».
A livello personale qual è l'effetto di queste giornate?
«Sono abituato a vivere in casa, appunto per leggere e scrivere. Per me l'Esquilino, il quartiere dove sono nato e cresciuto, è stato quasi un atollo oceanico. Ma prima, quando uscivo, e ho fatto tanti viaggi, trovavo le persone, ora come tutti sento la mancanza degli amici che nel mio caso sono specialmente i volontari e gli studenti della Penny Wirton. Per fortuna manteniamo i rapporti telefonici. Ieri l'altro mi ha chiamato un giovane albanese annunciandomi in anteprima l'iniziativa del suo presidente, Edi Rama, di inviare in Italia alcuni medici».
L'attuale pandemia davvero cambierà il nostro modo di stare nel mondo?
«L'immagine di Papa Francesco che prega da solo a San Pietro di fronte alla piazza vuota, essendo tuttavia collegato con il mondo intero, è la rappresentazione plastica della paradossale condizione che stiamo vivendo. Resto fiducioso per un motivo: il sentimento di sconforto che ora ci affligge fra qualche tempo potrebbe diventare il nostro punto di forza. Essere passati insieme attraverso la tempesta ci aiuterà a farci sentire più uniti».
Gabriele Santoro


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