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Stipendi pubblici, si fa strada la mediazione: Blocco nel 2015

La questione non è tanto se il blocco alle buste paga sarà confermato. La questione, piuttosto, è per quanti anni ancora.

22/08/2014
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Il Messaggero

IL CASO
ROMA La questione non è tanto se il blocco alle buste paga sarà confermato. La questione, piuttosto, è per quanti anni ancora. Il governo non prende posizione sul tema del rinnovo dei contratti degli statali fermi ormai dal 2010. Ieri Matteo Renzi si è limitato ad escludere nuove tasse e interventi sulle pensioni («chiacchiere da calciomercato» ha tagliato corto il premier) aggiungendo che «se i sindacati vogliono un autunnocaldo facciano loro, già l'estate non è stata granchè». Più di un interlocutore, lungo l'asse Palazzo Chigi-Tesoro, conferma che almeno per il 2015 i margini per scongelare i salari degli Statali sono ridotti al lumicino. E casomai si tratta di accorciare al minimo, per gli anni a venire, i sacrifici di una platea di 3,3 milioni di persone. «Parlare di rinnovi o di sblocco delle retribuzioni in una fase come quella che stiamo attraversando - riassume una fonte - è fuori luogo. Il quadro si è deteriorato negli ultimi mesi: il Paese è piombato in recessione e deflazione». Il che vuol dire, viene spiegato, che le eventuali risorse che resteranno dopo aver finanziato gli 80 euro di bonus, le spese indifferibili e la correzione di mezzo punto del deficit (circa 23 miliardi di euro da indicare nella prossima legge di Stabilità da presentare a metà ottobre al Parlamento) saranno utilizzate per altre misure. Vale a dire ammortizzatori sociali, taglio Irap e magari qualche intervento fiscale per i pensionati a basso reddito. Se questa è l'agenda le rassicurazioni chieste dai sindacati, che hanno preannunciato battaglia in autunno, finiranno per cadere nel vuoto. Ancora ieri la Cgil ha protestato contro l'intenzione di far cassa sui dipendenti pubblici. «Si tratterebbe di un ennesimo intervento punitivo nei confronti delle lavoratrici e dei lavoratori del pubblico impiego» ha protestato il segretario confederale Gianna Fracassi.
LE PROTESTE
Ma resta forte il malumore anche in ampi settori del Pd. «Se si tratta soltanto di invenzioni di mezza estate ci vuole poco per chiarire la situazione» ha spiegato il presidente della commissione Lavoro della Camera Cesare Damiano chiedendo al premier Renzi di fare chiarezza e avvertendo che in caso contrario «darà l'impressione di voler colpire i soliti noti lasciando inalterate le situazione di privilegio». Le risorse, appunto, sono il nodo principale del problema.Per far ripartire le retribuzioni ferme da 4 anni (con un risparmio cumulato di 11,5 miliardi per le casse pubbliche) servono 2,1 miliardi di euro l'anno prossimo. Che salgono fino a 4,5 comprendendo anche l'esercizio 2016. L'orientamento del Tesoro (ma il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Delrio ieri ha smentito proposte in tal senso da Via XX Settembre) sarebbe quella di cercare un compromesso utile per placare le proteste sindacali e dell'area della maggioranza più sensibile ai mal di pancia dei dipendenti pubblici. Dunque conferme del blocco per il solo 2015 (e non fino al 2018 come da indicazione del Def che nel tendenziale prevede risparmi da 8,6 miliardi) prendendo l'impegno in legge di Stabilità a risolvere la questione negli anni successivi. E in tal senso si confida nel miglioramento del quadro economico e sul buon esito della trattativa Roma-Bruxelles sulla flessibilità dei conti pubblici (se ne parlerà all’Ecofin di metà settembre a Milano) che potrebbe aprire al governo spazi finanziari di manovra.
Michele Di Branco


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