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Stipendi pubblici scoppia la rivolta ma il congelamento può arrivare al 2018

La Cgil parla di soluzione «inaccettabile», la Cisl di ipotesi «immorale». E insieme alla Uil fanno fronte unico preannunciando un «autunno incandescente».

21/08/2014
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Il Messaggero

di Michele Di Branco

IL CASO
ROMA La Cgil parla di soluzione «inaccettabile», la Cisl di ipotesi «immorale». E insieme alla Uil fanno fronte unico preannunciando un «autunno incandescente». Sindacati all’assalto del governo che progetta, come anticipato dal Messaggero, di estendere fino al 2016 il blocco delle retribuzioni che dovrebbe terminare alla fine di quest’anno. Da Palazzo Chigi nessuna reazione. Trapela invece che, nelle migliori delle ipotesi, il congelamento dei salari, che va avanti dal 2010, potrebbe non essere biennale ma limitato al solo 2015. Insomma, una beffa che ha mandato su tutte le furie le parti sociali.

SULLE BARRICATE
«C'è da augurarsi che sia una bubbola agostana» ha ironizzato la Cgil, mentre il leader della Uil Luigi Angeletti, si è sfogato lamentandosi del fatto che «è più semplice prendere soldi dai lavoratori mentre da altre parti è faticoso». Molto dura la posizione assunta dai rappresentanti dei lavoratori. «Attendiamo una smentita da parte del presidente Renzi e della Madia» hanno sollecitato in una nota Rossana Dettori, Giovanni Faverin, Giovanni Torluccio e Benedetto Attili, segretari generali di Fp-Cgil, Cisl-Fp, Uil-Fpl e Uil-Pa. «Continuare a pensare che si possa eternamente intervenire sul salario dei dipendenti pubblici e sul loro diritto al rinnovo del contratto nazionale - si legge nel documento - è un errore madornale: una ricetta, non solo ormai improponibile sotto il profilo della giustizia sociale ma anche inutile per il governo dei conti pubblici». «Ci vuole tanto a capire - hanno proseguito i sindacati - che se negli ultimi quattro anni, a fronte di un sensibile calo dei dipendenti e della spesa per personale e redditi da lavoro, la spesa pubblica aumenta, fino a sfuggire a ogni controllo rispetto al Pil, il punto non è lì?».

LE CARTE
Fonti tecniche del Tesoro appaiono sorprese davanti alla violenta reazione sindacale. E invitano a leggere il Def del 2014. A pagina 31, nella sezione riservata al conto economico della Pa, il blocco delle retribuzioni è già chiaramente indicato nel calcolo tendenziale dei prossimi anni. E addirittura fino al 2018. Il che vuol dire, in poche parole, che fino a prova contraria (e cioè per effetto di una scelta politica di Palazzo Chigi che dia il contrordine) i salari sono destinati a restare al palo anche per i prossimi 4 anni. A meno che nella prossima legge di Stabilità, da presentare al Parlamento fra meno di due mesi, non vengano trovati fondi e relative coperture per 8,6 miliardi di euro. Solo nel 2015, per dire, ci vorrebbero 2,1 miliardi per sbloccare la situazione. Che salirebbero a 4,5 per scongelare gli aumenti nel prossimo biennio. Il premier Renzi avrà la forza e le risorse per riuscirci? I margini appaiono oggettivamente stretti. Il governo è alle prese con il complicato dossier spending review che, nelle intenzioni, deve fruttare non meno di 16 miliardi di euro.
Ma senza aggredire i tre pilastri della spesa pubblica (pensioni, sanità e statali, appunto) chiudere il cerchio è impossibile.

I SACRIFICI
Insomma scongiurare una ulteriore messa a dieta dei 3,3 milioni di statali è difficile. E i costi sociali rischiano di aggravarsi. Da quando è entrato in vigore,nel 2010, il congelamento ha portato oltre 11 miliardi di risparmi alle casse pubbliche e i dipendenti hanno visto ridursi il valore del salario reale di quasi 15 punti percentuali. La stessa Cgil, in calcoli precedenti, aveva sottolineato come il sacrificio sia finora ammontato a circa 4mila euro pr-capite. Anche i sindacati autonomi Sap, Sappe, Sapaf e Conapo, rappresentanti dei settori della sicurezza (Polizia di Stato, penitenziaria, Forestali e Vigili del Fuoco) hanno protestato affermando che «l'ipotesi relativa alle intenzioni del governo di voler prorogare per altri due anni il blocco delle retribuzioni è inaccettabile, pericolosa e ridicola. Soprattutto, cozza in maniera fragorosa con le roboanti dichiarazioni che i titolari del Viminale e della Difesa hanno rilasciato nelle settimane scorse».


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