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Stangata statali: Il tesoro studia un nuovo blocco biennale dei salari

Dal 2010, ormai, 3,3 milioni di lavoratori dello Stato si vedono negare da governi di vario colore il rinnovo contrattuale: una misura che è stata confermata dall’ultima legge di Stabilità fino alla fine del 2014.

20/08/2014
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Il Messaggero

LA STRETTA
La questione la riassume in termini crudi una fonte di primo livello del ministero del Tesoro: «se non si toccano sanità, pensioni e statali, la spending review non riuscirà a centrare i suoi obiettivi». Meglio ancora, «bisogna intervenire su almeno due su tre di questi capitoli». Ecco, la revisione della spesa dalla quale il governo punta ad incassare 16-17 miliardi nel 2015 è un rebus che Palazzo Chigi deve sciogliere in tempi sempre più stretti. La legge di Stabilità, va presentata al Parlamento entro metà ottobre e dopo il tempo delle ipotesi indicate dal commissario Carlo Cottarelli, Matteo Renzi è chiamato ad operare le scelte politiche. Scelte che, considerata la consistenza dei risparmi che si vogliono realizzare, rischiano di essere molto pesanti e niente affatto indolori per la maggioranza che sostiene il premier.

I MALUMORI
Una delle ipotesi sulla quale, con molta prudenza, si sta lavorando e che sta già suscitando diffuso malumore nel Pd, è quella di prorogare per altri due anni il blocco delle retribuzioni del pubblico impiego. Dal 2010, ormai, 3,3 milioni di lavoratori dello Stato si vedono negare da governi di vario colore il rinnovo contrattuale: una misura che è stata confermata dall’ultima legge di Stabilità fino alla fine del 2014. Per l’indennità di vacanza contrattuale, invece, è previsto uno stop ai valori del 2012 fino al 2017. La stretta sugli stipendi degli statali ha permesso di risparmiare, tra il 2010 e il 2014, qualcosa come 11,5 miliardi di euro. Il nuovo blocco della contrattazione inserito dal governo Letta nella manovra finanziaria ha permesso ulteriori risparmi per altri 5 miliardi di euro, grazie non solo al congelamento delle retribuzioni, ma anche al blocco del turn over fino al 2018. E l’impatto sui conti pubblici dell’intervento che Via XX Settembre ipotizza di estendere al prossimo anno si evince in maniera chiara dalla lettura del Def 2014 laddove i tecnici hanno scritto che «nel quadro della legislazione vigente, la spesa per redditi da lavoro dipendente delle Pa è stimata diminuire dello 0,7% per il 2014, per poi stabilizzarsi nel triennio successivo e crescere dello 0,3 per cento nel 2018, per effetto dell’attribuzione dell’indennità di vacanza contrattuale riferita al triennio contrattuale 2018-2020».
Insomma, congelare la busta paga ai statali fa risparmiare una montagna di soldi alle casse dello Stato. Più di un consigliere di Renzi, però, fa notare che un’eventuale ulteriore blocco avrebbe effetti recessivi sui consumi deprimendo ulteriormente la domanda. Di taglio in taglio, in effetti, i dipendenti pubblici nel giro di 5 anni hanno visto ridursi il salario reale del 14,6%. Con un sacrificio pro-capite che la Cgil quantifica in circa 4 mila euro.

IL SALASSO
Il carico, ovviamente, cambia a seconda della mansione svolta: un impiegato ministeriale con meno di 30 mila euro lordi di stipendio ha dovuto rinunciare a circa 2.800 euro lordi, che diventerebbero 4 mila con il prolungamento al 2015 e 2016. Il salasso cresce salendo i gradini della gerarchia: sono 8.900 euro per un dirigente di seconda fascia, e arriva ai 19 mila euro di un ministeriale apicale e se lavora per un ente pubblico non economico (Inps, Aci, o Istat) si sorpassano i 21 mila euro all’anno.
I docenti universitari hanno perso tra i 4.500 euro e i 9.500 euro, mentre i medici del servizio sanitario hanno visto andare in fumo 7.550 euro. Di certo una eventuale proroga del blocco degli stipendi non incontrerebbe alcun ostacolo di legittimità costituzionale. Secondo un recente pronunciamento dell’Alta Corte, infatti, «il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, trovano giustificazione nella situazione di crisi economica».
Michele Di Branco


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