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Sono adolescenti, non malati

Francesco Dell’Oro critica la mania di diagnosticare disturbi di apprendimento

20/12/2019
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Corriere della sera

di Elisabetta Rosaspina

Una volta molti di loro si chiamavano semplicemente «discoli». E l’autore, un ex Lucignolo, ne sa qualcosa. Oggi molti di loro finiscono catalogati sotto una sigla «Dsa», acronimo di «Disturbi specifici dell’apprendimento»: più che un’etichetta, un arcipelago di possibilità, dai comuni lazzaroni d’antan ai ragazzini iperattivi, dagli immaturi agli introversi, dai sognatori ai ribelli. In poche parole: il variegato (e complicato) mondo degli adolescenti.

Le nuove avventure di Francesco Dell’Oro, l’uomo bussola di migliaia di studenti, partono proprio da qui. Dalla improbabile epidemia che avrebbe colpito i millennials, falcidiati dalla dislessia, dalla discalculia, dalla disortografia e dalla disgrafia. Possibile, si chiede l’autore, che dagli screening a tappeto emerga che il 35 per cento di loro ha Bisogni educativi speciali (Bes)? Non sarebbe il caso di inserire nei processi di certificazione almeno un frammento di dubbio?

Così, forte della sua pluridecennale esperienza a capo del Servizio di orientamento scolastico del Comune di Milano, Dell’Oro si è rimesso alla tastiera per scrivere un rassicurante manuale di 142 pagine rivolto a genitori e insegnanti con lo scopo di sdrammatizzare e magari sorridere un po’ di questo allarmante dilagare di «disturbi specifici dell’apprendimento». Il titolo è già un avviso ai naviganti: Indietro tutta (Tralerighe editore). Perché forse è arrivato il momento perlomeno di frenare l’eccesso di «certificazione» e di non confondere l’adolescenza con una patologia.

Indietro tutta può anche essere un invito a ricordare il proprio passato, sé stessi da bambini, esercizio che a Francesco Dell’Oro riesce benissimo. In copertina, la sua foto in bianco e nero, diligentemente seduto a un banco, con la penna in mano, un vasetto di fiori di campo accanto e il pallottoliere alle spalle, assomiglia all’immagine posata che, in fondo a qualche cassetto, conservano quasi tutti gli scolari degli anni Cinquanta e Sessanta. Ma l’aria giudiziosa dell’autore non inganni. Oggi sarebbe un tipico caso di Adhd, Deficit di attenzione e iperattività. Soltanto che allora la diagnosi non esisteva e la terapia sperimentale escogitata dal suo insegnante, il professor Villa, si concretizzò in un paio di pattini a rotelle con i quali il piccolo Francesco sfogò i suoi eccessi di vivacità.

Ora che ha sulle spalle quasi mezzo secolo di attività come orientatore (in proprio dal 2013, quando è andato in pensione), Dell’Oro sa bene che le situazioni difficili esistono, e sono giustamente previste e regolate dalla legge 170. Non le banalizza, non le sottovaluta, ma avverte che il certificato non deve diventare una scorciatoia per ottenere strumenti dispensativi o compensativi (per esempio una calcolatrice in caso di discalculia) magari del tutto superflui. Il suo non è un amarcord né un nostalgico rimpianto della propria infanzia, anche se… la disgrafia esisteva pure allora, liquidata dai maestri come scrittura a «zampa di gallina». Il rimedio di allora? Gli esercizi di pregrafismo: «Nei primi due mesi di scuola — racconta — eravamo impegnati a riempire le prime pagine dei nostri quaderni, con la copertina nera e i bordi rossi, disegnando quadratini, aste e triangoli». E oggi? Oggi «basta entrare in una classe qualsiasi e osservare con attenzione i nostri studenti: tengono in mano la penna biro o la matita come se fosse un martello. Con un problema: il campo visivo viene compromesso e ridotto con le conseguenze che possiamo immaginare».

L’abitudine alla competizione, spesso alimentata dalle famiglie, rischia di diventare asfissiante

Bisogna lasciare ai ragazzi

il tempo necessario per respirare

Per non essere a norma, ai tempi in cui Dell’Oro portava il grembiule nero e il fiocco rosso, bastava confessare, nello svolgimento del tema «L’animale preferito», un’inopinata passione per l’ornitorinco, anziché limitarsi all’ordinario attaccamento a un cane, un gatto o un cavallo. Ma un’indole fuori dagli schemi continua a destare allarme anche sessant’anni più tardi, e può finire addirittura sotto esame di un neuropsichiatra.

Esiste «un fragile confine tra un apparente disturbo e i segnali dell’immaturità di un percorso infantile e adolescenziale — avverte l’autore —. La vita è strana e porta ognuno di noi ai blocchi di partenza con intelligenze, sensibilità molto diverse. Non sempre in linea con “la media” dei nostri coetanei». In ogni caso la scuola non dovrebbe essere considerata una corsa a premi.

«Non capirò mai l’orgoglio insensato dei genitori per i bambini che alle elementari studiano già l’analisi logica e vorrei avere di fronte per un minuto chi l’ha inserita nei loro programmi scolastici», dissente Dell’Oro, nel cui studio arrivano adolescenti afflitti perché non hanno conquistato un 10 in matematica. L’ansiogena abitudine al confronto e alla competizione nasce spesso in famiglia: «Se un ragazzino torna a casa annunciando di aver meritato 6, i genitori non dovrebbero rispondergli: e gli altri quanto hanno preso?».

Forse non è un caso che molti dislessici cessino di esserlo nel momento in cui Dell’Oro insegna loro a leggere lentamente, distanziando le parole come fanno gli attori, senza fretta. Prendendosi il tempo di respirare.


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