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Sole 24 ore - La filosofia della riforma

La filosofia della riforma Una miscela di spunti "nobili", che si deve ora confrontare con la rude realtà politica di Nicola D'Amico Esiste una "pedagogia Moratti" sottesa alla sua bozza di riform...

12/02/2002
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Il Sole 24 Ore

La filosofia della riforma
Una miscela di spunti "nobili", che si deve ora confrontare con la rude realtà politica
di Nicola D'Amico Esiste una "pedagogia Moratti" sottesa alla sua bozza di riforma scolastica? L'attenzione dei commentatori e dei leadere politici si è comprensibilmente accentrata sull'architettura dei nuovi cicli. E in questo senso la proposta di riforma dà risposte, anche se al capolinea la moltiplicazione dei percorsi è ancora fumosa. Ma non c'è costruzione architettonica che resista se non è legata da una "calce" viva e coesiva, un cemento compatto e coerente che la tenga in piedi. Ce l'ha questo cemento, la riforma proposta dal ministro Letizia Moratti? Certamente il testo approvato dal Governo i1 1° febbraio non manca di spunti. Valori universali. Molti dei riferimenti appartengono agli essenziali obiettivi di qualsiasi Paese civile e moderno, non è quaestio se di sinistra o di destra: "valorizzazione della persona umana, rispetto dei ritmi dell'età evolutiva" e "delle differenze", "lotta alla dispersione scolastica", "educazione continua", "pari opportunità" e ancora "educazione alla convivenza". Pedagogically correct. Appaiono pedagogicamente corretti propositi come: "rispetto dei ritmi dell'età evolutiva" (il laico Jean Piaget come il cattolico Agostino Gemelli); "rispetto delle attitudini e delle scelte personali", "integrazione delle persone in situazione di handicap", "concorso allo sviluppo affettivo, psicomotorio, cognitivo e sociale", "promozione dell'autonomia, della capacità di rapporti di relazione, della creatività" (Maria Montessori, John Dewey), il tutto in una conclamata "unitarietà didattica e pedagogica". La Costituzione. Alcune citazioni della riforma si rifanno direttamente al nostro sistema giuridico generale, dalla Costituzione e dai Trattati europei in giù: "principi sanciti dalla Costituzione" (parte I), "autonomia delle istituzioni scolastiche" (legge 59/97), "rispetto delle competenze costituzionali delle Regioni" (Legge cost. 3/2001 di modifica del titolo V), limitazione dei poteri normativi dello Stato alle "norme generali" (ibidem, articolo 117) per creare "un nucleo fondamentale, omogeneo, a carattere nazionale". Siamo tutti europei. L'Europa è tra noi, siamo noi. E allora, "dimensione europea dell'educazione" (Trattato di Roma, 1957; Maastricht, 1996), almeno una lingua della Unione Europea in primaria e due nella secondaria di I grado, coscienza "storica e di appartenenza alla civiltà europea". Casa, dolce casa. Ma siamo anche il Paese dei campanili. Per cui ecco "lo sviluppo della coscienza storica e di appartenenza", oltre che "alla comunità nazionale", anche alla "comunità locale". "Non possiamo non dirci cristiani". Come disse Benedetto Croce. La "quota" della riforma che è un tributo spontaneo o compensativo all'anima cattolica dell'attuale Governo, parte dalla "valorizzazione della persona umana" (Maritain, Labertonnière, Mounier), e arriva alla "cooperazione tra scuola e genitori", nella massima riverenza per "le scelte educative della famiglia", in maniera da "favorire la formazione spirituale e morale", per costruire la "comunità" educante (che fu un cavallo di battaglia cattolico nelle campagne elettorali per gli organi collegiali). Aziendalismo postmoderno? Qui incontriamo "sviluppo dell'istruzione e della formazione tecnica superiore", "alternanza scuola-lavoro", scuola-"apprendistato", "esercitazioni pratiche, esperienze formative e stage" realizzati "in Italia e all'estero". Aziendalismo? Materialismo? Classismo? Bisognerebbe studiare i loro contrari (attuali disorientamento, abbandono precoce, disoccupazione) prima di esprimere un giudizio compiuto


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