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Sinopoli (Cgil): «Governo in grave ritardo, Azzolina ascolti invece di accusare»

Il segretario generale del comparto formazione: «Sempre fatto proposte per riaprire in sicurezza»

22/08/2020
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il manifesto

MAssimo FRanchi

Un’intervista agostana, urlata, sparata in prima pagina. A quattro settimane dal ritorno a scuola, la ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina si difende dalle critiche attaccando i sindacati. Rei di essere «sabotatori» della riapertura. Si tratta della stessa ministra che dal 2014 al 2017 ha «svolto attività sindacale» all’Anief, sigla autonoma, radicata in Sicilia e in ascesa per le cause vinte contro il ministero.

Francesco Sinopoli, segretario generale della Flc Cgil, state sabotando la riapertura?
La ministra Azzolina mi ricorda quella scena dei Blues Brothers in cui per giustificarsi si elencano scuse sempre più incredibili fino alle cavallette. Noi abbiamo sempre affrontato i problemi nel merito e lo abbiamo fatto, diversamente dalla ministra, senza nessuna personalizzazione. Fin da aprile denunciamo il ritardo del governo e nel frattempo abbiamo lanciato proposte – a partire dalla richiesta di personale e risorse aggiuntive – molte delle quali, con mesi di ritardo, poi seguite dal governo. Abbiamo perfino fatto uno sciopero – in un momento molto delicato – su una piattaforma assolutamente finalizzata alla ripartenza.

Azzolina sembra far riferimento a «diffide», «minacce di sciopero», «richieste in massa di aspettative» che sarebbero arrivate ai dirigenti scolastici in questi giorni.
In tutta onestà non so a cosa si riferisca, spero che lo spieghi meglio. E comunque si tratta di problemi molto minori rispetto al tema della riapertura in sicurezza: dalla carenza di personale docente e Ata ai problemi di collegamento fra scuola e Asl che dovrà decidere nel caso di contagi, a quelli legati al trasporto pubblico locale che deve portare i ragazzi nelle scuole.

C’è poi l’accusa ormai storica al sindacato: difende i precari e non accetta il merito. Tema legato ai concorsi in atto.
Su questo ormai ci siamo stancati di rispondere. Noi siamo contenti che tanti giovani possano fare il concorso e svecchiare il corpo insegnante. Sui precari – che avranno un concorso a parte per le tante pronunce della Corte di giustizia europea che tutela i loro diritti – ci siamo limitati a chiedere una procedura semplificata per titoli per garantire la loro immissione in ruolo a settembre. Nessuno ha messo in dubbio che servisse un esame, solo che noi proponevamo di tenere la prova finale a fine anno. In questo modo il primo settembre avremmo avuto 25 mila docenti di ruolo. E invece avremo ancora 25 mila precari e altre migliaia di posti vacanti e supplenti da nominare.

Sui nodi della riapertura – spazi, docenti, banchi – qual è la situazione?
La situazione è che siamo al 21 agosto e tutti i dirigenti scolastici non sanno ancora quanto organico aggiuntivo – per ridurre il gruppo classe – avranno, quanto personale Ata, quanti banchi e quando arriveranno. Insomma, a parte i territori in cui gli enti locali hanno messo per tempo a disposizione delle scuole risorse proprie, i dirigenti scolastici, soprattutto nel meridione, non sono in grado di programmare la riapertura. E per questo molti di loro, specie alle superiori, stanno organizzando un orario ridotto e almeno un giorno alla settimana di didattica a distanza.

E nella scuola primaria si riuscirà a garantire il tempo pieno?
Anche su questo abbiamo ben poche certezze, a parte le tante segnalazioni di problemi degli Rsu e dei dirigenti. È da luglio che chiediamo al ministero e al commissario Arcuri di poter conoscere i «monitoraggi» sul tema «tempo pieno» che sappiamo essere in corso, a partire dal famoso «cruscotto» (il rapporto fra spazi e alunni che fissa il livello massimo di ricettività per ogni scuola, ndr). Ma nessuno ce li ha forniti. Il grosso problema è trovare spazi per la mensa oppure per igienizzare le aule se la mensa sarà fatta in classe.

La diffidenza tra genitori e docenti va evitata contribuendo seriamente a una riapertura in presenza. Ma è stata alimentata da Confindustria e giornali per dare spazi alle private

Voi comunque nelle ultime settimane avete firmato con Azzolina il Protocollo per il rientro in classe. È uno strumento valido?
Quella firma, come il precedente protocollo per l’esame di maturità in presenza, dimostra il nostro senso di responsabilità e la volontà di tornare alla scuola in presenza. Abbiamo criticato la didattica a distanza ( Dad) e chi ne sostiene le «infinite possibilità» non perché siamo luddisti, ma sappiamo che la scuola è presenza e partecipazione non mediata. Il protocollo del 6 agosto sulla riapertura però va ora aggiornato rispetto a quanto deciso dal Comitato tecnico scientifico (Cts), anche perché il Protocollo stesso parlava di «tavolo permanente». Ci auguriamo una convocazione a brevissimo per adeguarlo alle nuove disposizioni sui contagi e la medicina scolastica, presidio sparito dalle scuole a causa del processo di smantellamento del servizio sanitario locale, che siamo contenti possa tornare a esistere.

In caso di un contagio, qual è la priorità per il sindacato?
Per noi la priorità è assicurare il tampone a chiunque sia stato in contatto nel minor tempo possibile. E a oggi – come dimostra il fatto che i dirigenti debbano inserire i nomi dei docenti nelle liste dell’Asl per i test sierologici – non pensiamo che il procedimento sia stato definito in modo puntuale.

Non c’è il rischio del solito provincialismo italiano? Nei paesi dove le scuole sono già riaperte – come la Germania – i problemi e le chiusure ci sono già.
Siamo coscienti di essere davanti a problemi totalmente inediti e di enorme complessità. Per questo pensiamo il governo avrebbe dovuto muoversi prima e ascoltandoci.

La chiusura delle scuole da marzo a fine anno ha lasciato strascichi in ogni docente e famiglia. Critiche perché il sistema di Dad non funzionava, critiche per la poca presenza dei docenti. Avverte anche lei il rischio che si sia creata una diffidenza difficilmente superabile fra genitori e docenti?
Sicuramente la situazione straordinaria ha scaricato sulle persone il costo della pandemia, contribuendo a far insorgere diffidenza. Dobbiamo assolutamente evitare un conflitto fra genitori e lavoratori tutti. È possibile se ognuno contribuisce nel modo più serio ad una riapertura in presenza. Va però sottolineato come questa diffidenza è stata alimentata da Confindustria e alcuni editorialisti che parlavano di «fannulloni» per alimentare spazi di mercato per le scuole private. Invece abbiamo bisogno di rafforzare il pubblico: per questo i fondi del Recovery fund andranno utilizzati soprattutto per sanità e scuola.


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