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Sicurezza: Il piano da sette miliardi frenato da ritardi e burocrazia. Speso solo un euro su dieci

L’investimento del governo è stato massiccio ma in molti casi i finanziamenti non sono stati erogati. E Comuni e Regioni si dividono tra chi corre e chi arranca. Nel primo anno del programma cinquemila scuole su seimila si sono sentite dire no

13/10/2016
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la Repubblica

Corrado Zunino

Trascorsi 31 mesi e 16 giorni — due anni e mezzo abbondanti — da quel viaggio di Matteo Renzi alla periferia di Treviso, dentro la scuola media statale Coletti («se c’è qualcosa che non va segnalatelo alla casella matteo@ governo.it»), archiviate le foto con i pacchi delle segnalazioni dei sindaci d’Italia a proposito degli istituti sgarrupati e con loro archiviate le prime potenti promesse del presidente del Consiglio — «metto subito 4 miliardi per dare sicurezza e rendere belle le scuole d’Italia» — , si scopre che sì, l’investimento del governo Renzi sull’edilizia scolastica è stato notevole, il più forte da molti governi in qua, ma i denari ad oggi davvero arrivati alle ditte sono poco più di un decimo di quelli annunciati o stanziati. L’11,9 per cento, precisamente. Il pagamento fatto segnala che un cantiere è stato chiuso e consegnato o, perlomeno, è in uno stato lavori avanzato.
Le conferenze e le slide più recenti — che comunque presentano variazioni di un miliardo di euro a seconda delle voci prese in considerazione in quella che è una materia complessa e ingarbugliata come l’edilizia scolastica — dopo due anni e mezzo parlano di “risorse complessive” pari a 7,4 miliardi. Si mettono insieme muovendo denaro pubblico da 18 fonti. Lo stesso Renzi, in una lettera ai sindaci dello scorso 5 febbraio, aveva enumerato i cantieri aperti (3.766) e poi chiusi (2.435) nel corso del 2015 e i posti di lavoro attivati: 20.875. «Diventeranno più del doppio con i cantieri in partenza nel 2016».
Un controllo sulle diciotto voci del Piano “Scuole sicure”, verificato con le stesse strutture tecniche del ministero dell’Istruzione che hanno in mano una delle partite più delicate di questo governo, rivela che — ad oggi — di quei sette miliardi e quattro “messi a bilancio”, sul territorio sono arrivati solo 879 milioni di euro. In valore assoluto non sono pochi, ma rappresentano, appunto, l’11,9 per cento di ciò che era stato annunciato.
La macchina dello Stato è stata ancora una volta lenta? Il tentativo di portare “ad unum” le diciotto voci di finanziamento — mutui Bei, Fondi Pon, Fondo Protezione civile, Fondi immobiliari, Fondo Kyoto, l’utilità sociale dell’Inail, per citare — è fallito?
Innanzitutto, il governo in questa partita non è solo e ha sottostimato la risposta, spesso lenta, di comuni e regioni: «Qui nessuno sa niente», disse il primo sottosegretario all’Istruzione, Roberto Reggi, poi rimosso: «Matteo Renzi spara razzi nel cielo, quello è il suo talento, ma poi noi arranchiamo dietro. Mancano tutti i dettagli, e che dettagli». Già. Ci sono comuni iperattivi che hanno chiesto mutui per problemi risolvibili in proprio e altri che hanno scuole impraticabili e, commissariati, neppure hanno avviato la pratica “ristrutturazione scuola”. La Regione Sicilia, probabilmente quella con il peggior patrimonio edilizio scolastico nel paese, ha chiesto finanziamenti solo per 175 edifici quando la Lombardia si è attivata per 671, la Sardegna per 805.
Non sono neppure le disfunzioni periferiche, tuttavia, la spiegazione degli investimenti che non diventano cantieri. La vera questione è che muovere questa massa di lavori dopo anni d’inerzia è una fatica d’Ercole e che, a fronte di un patrimonio da recuperare «con 13 miliardi di euro» (stime della Protezione civile), nel 2015 il governo ha dovuto dire “no” a 5.036 scuole su 6.251, più dell’80 per cento. Per il 2015 c’erano 905 milioni della Banca europea degli investimenti da girare — 40 milioni l’anno per trent’anni (le rate del mutuo) — a chi ne aveva fatto richiesta. Bene, in questo primo finanziamento non sono entrati più di 1.215 istituti scolastici. Dopo il 15 ottobre si scoprirà quanti sono riusciti a rientrare. Se si va a vedere al microscopio quella cifra (i 905 milioni di Fondi Bei erogati per il primo anno) si scopre che sono stati fin qui liquidati solo 140 milioni, di fronte a “un bilancio triennale” di 2,8 miliardi (è la cifra che il governo fornisce). Su molte voci si scopre una distanza tra cifra “messa a bilancio” e quella erogata. I Fondi Pon — i strutturali europei — fino al 2020 valgono 1.025 milioni, ma fin qui sono stati “pagati” solo 30 milioni. Sulle scuole nuove — finanziate dai comuni con lo sblocco del Patto di stabilità — per il triennio ci sono 724 milioni nel triennio, ma quelli poi liberati sono 224. I 350 milioni previsti per le 51 scuole innovative, per ora, sul territorio hanno prodotto zero ricchezza.
Il governo si dice soddisfatto di come procede la grande ristrutturazione scolastica, ma la distanza tra l’annuncio e il fatto, il bilancio e il realizzato si vede. Lo vedono studenti e prof quando entrano in una classe italiana.