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Si fa presto a dire didattica a distanza: senza internet 2,7 milioni di studenti

Una famiglia su 4 senza connessione, problemi in molti istituti Il 75% delle classi nelle superiori obbligate a fare lezioni online dal nuovo Dpcm. La scuola stritolata dai conflitti tra le regioni e il governo centrale, dal fallimento della riapertura, delle politiche sui trasporti e dei mancati tracciamenti del virus

27/10/2020
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il manifesto

Roberto Ciccarelli

«Una scelta sofferta». Così il presidente del Consiglio Conte ha presentato il ritorno forzato alla «didattica a distanza» (Dad) di milioni di liceali deciso dal nuovo «Dpcm». Parlando agli studenti dell’Istituto Tecnico di Polistena, in una video-conferenza in memoria di Willy Montero, Conte non ha spiegato perché il governo non è riuscito a fare un vero piano dei trasporti, né a creare un funzionante sistema di tracciamento del Covid. Ha invece invitato gli studenti ad «abbracciare la logica della didattica a distanza» e non si è soffermato sui problemi relazionali, cognitivi, di conoscenza prodotti nei mesi scorsi dall’adozione improvvisata e totale del nuovo sistema di insegnamento. «Oggi dobbiamo integrare la Dad perché la curva del contagio è diventata molto preoccupante ma contiamo di farlo solo per qualche settimana, il tempo per riportare la curva sotto controllo». Si attende il 24 novembre, anche se prima tutta la scuola potrebbe tornare in lockdown totale.

AL DI LÀ DELLA RETORICA, si fa presto a dire Didattica a distanza «integrata» se i trienni delle scuole superiori saranno obbligati a restare a casa per un mese almenoi. Questo, concretamente, significa l’espressione «almeno al 75%» di Dad scritta, su sollecitazione delle regioni, nel «Dpcm». Si fa presto a parlare di «Dad» se 2,7 milioni persone, una famiglia su quattro, in particolare nel Mezzogiorno, non hanno un accesso Internet a banda larga capace di sostenere il traffico dati necessari a trasmettere e a ricevere le lezioni telematiche sulle piattaforme proprietarie, come Google classroom. Dopo sei mesi di chiusura, e quaranta giorni di una riapertura estemporanea, questa è la realtà emersa da un’analisi Uecoop condotta sui dati Istat. Senza contare che sono stati molti gli istituti scolastici ad avere denunciato la connettività insufficiente delle proprie infrastrutture. I tablet e i Pc ci sono. Mancano le reti per garantire la trasmissione.

A MILANO, dove la regione Lombardia ha deciso per le lezioni al 100% a distanza, l’attività didattica si è svolta in media già dal 25 al 50% online negli ultimi giorni. Nella caotica organizzazione dell’anno scolastico pandemico la speranza eradi arrivare a ottobre con un orario capace di riempire le aule in sicurezza. È accaduto l’opposto ed è stato cancellato il lavoro fatto a partire da agosto. «Comprendiamo le ragioni dell’economia, ma un Paese che non sa proteggere le sue scuole è senza futuro. Che delusione, che amarezza, che rabbia – ha scritto Domenico Squillace, preside del liceo scientifico Alessandro Volta ai genitori degli studenti – Siamo un paese che sembra aver smarrito la rotta, dove non si capisce più se comanda il governo nazionale o le giunte regionali».

QUESTO È IL PROBLEMA politico del momento: il federalismo sghembo all’italiana che ha massacrato la scuola alla quale tutti dicono di tenere. La situazione è precipitata dopo il fallimento della riorganizzazione dei trasporti. Invece di estenderli è stato imposto a milioni di studenti di restare a casa nelle ore mattutine. La chiusura dei ristoranti e bar alle 18, palestre e piscine è stata presa per tenerli a casa anche nel resto della giornata. Visto dalla scuola, il «Dpcm» è un provvedimento punitivo rispetto agli studenti, trattati da capri espiatori o come bersagli da parte di una politica che ha fatto poco o nulla di quanto avrebbe dovuto fare . In questa situazione potrebbero ritrovarsi le altre classi delle superiori, e non solo. «Cerchiamo di resistere – ha detto l’assessore lombardo all’Istruzione Melania Rizzoli- ma prendiamo in considerazione tutte le possibilità, a seconda del trend epidemiologico».

A QUESTA INCERTEZZA si è aggiunto un discreto caos sul contratto integrativo per la didattica a distanza tra Miur e sindacati sulla didattica a distanza. Non lo hanno firmato Gilda e Uil: «Un contratto burla». La Cisl lo ha firmato. La Cgil «farà la propria parte» a condizione che la sottoscrizione sia accompagnata dall’«impegno politico» della ministra Azzolina a un «confronto» sul sostegno per gli strumenti e i costi delle connessioni».


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