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Sfida degli scienziati dell’Iit: «Siamo qui per inventare non diventeremo burocrati»

Cingolani: no a obblighi sui brevetti. Ma vedo che il governo ci ripensa

26/01/2015
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Corriere della sera

MILANO «Che cosa farò? Riprenderò la valigia. Potrei tornare in Germania, per esempio. Ma quello che mi preoccupa di più sono i ricercatori che fanno parte del nostro Istituto. Oltre il 40 per cento viene dall’estero. Molti li ho convinti personalmente a lasciare il Paese di provenienza per venire da noi. Ora anche il loro futuro è a rischio. Ma credo ancora che ci sia spazio per salvare la situazione in extremis».
A parlare è Roberto Cingolani, direttore scientifico dell’Iit, Istituto italiano di tecnologia di Genova. Eccellenza della ricerca pubblica, con i suoi 1.400 ricercatori provenienti da tutto il mondo e 310 brevetti prodotti in soli dieci anni di attività.
Fuori i ricercatori
dentro il marketing
Ora l’istituto rischia di chiudere. O, nella migliore delle ipotesi, di cambiare mestiere. Il decreto battezzato «Investment compact» appena pubblicato in Gazzetta Ufficiale parla chiaro. L’Iit avrà una nuova competenza: commercializzare i brevetti prodotti da tutte le università e gli istituti di ricerca pubblici. E questo a parità di risorse conferite dallo Stato (a oggi si parla di circa 96 milioni l’anno). Questo significa che i soldi finora usati per finanziare la ricerca andrebbero a funzioni commerciali. Fuori i ricercatori, dentro gli addetti al marketing.
In queste ore Cingolani si aggrappa alle dichiarazioni del ministro dell’Economia. Pier Carlo Padoan ha assicurato che in sede di ratifica del decreto «saranno tolti di mezzo gli equivoci». Mentre il ministro dell’Istruzione e della Ricerca, Stefania Giannini ieri ha detto di essere rimasta stupita da questo «blitz». «La norma sui brevetti è incompatibile con l’autonomia sia delle università che degli enti pubblici di ricerca», ha preso le distanze Giannini che su questa faccenda ha inviato una lettera formale alla presidenza del Consiglio.
Rettori contro
Ma tant’è, ora al pasticcio si può rimediare solo con modifiche al decreto da apportare in Parlamento da qui a 60 giorni. Colpisce come la misura riesca a scontentare davvero tutti. Non solo l’Iit che vede messa in discussione la propria identità e ragione d’essere. Ma anche università e istituti di ricerca pubblici che custodiscono gelosamente i propri brevetti. Nei giorni scorsi sono arrivate le rimostranze del presidente dalla Crui, la conferenza dei rettori. Oggi tocca a Fernando Ferroni, a capo dell’Infn, l’Istituto nazionale di fisica nucleare. «Non abbiamo nessun interesse a conferire i nostri brevetti ad altri, sappiamo benissimo commercializzarli da soli», taglia corto Ferroni. Come è possibile che si sia arrivati a questo se anche l’Iit non ha nessun interesse a fare questo lavoro? «Temo che da parte della politica non ci sia la pazienza di affrontare i problemi entrando nel merito. E questi sono i risultati», risponde Ferroni.
Soci e startup
Una cosa è certa: sulla questione dei brevetti l’Iit non era stato consultato e ha appreso della nuova competenza solamente più tardi leggendo il decreto. «Avevamo chiesto tutt’altro. E cioè la possibilità di diventare soci dei nostri ricercatori che avviano una startup. Proprio come fanno i più importanti istituti in giro per il mondo», ricorda Roberto Cingolani. «Un passaggio necessario per far decollare certe scoperte — continua lo scienziato —. Il nostro essere soci si concretizzerebbe nella messa a disposizione di macchinari che altrimenti il singolo ricercatore non si potrebbe permettere».
Una scoperta al giorno
Per mantenere alta l’attenzione sulla vicenda che mette in discussione la stessa ragione d’essere dell’istituto, nei prossimi giorni l’Iit pubblicherà sul suo sito una scoperta al giorno tra quelle che potrebbero trasformarsi in nuovi prodotti da far sfornare alle nostre imprese. Oggi si parte raccontando come all’Iit sono nati i pannelli fotovoltaici stampabili. Per continuare c’è l’imbarazzo della scelta: dagli ultimi sviluppi della robotica, all’impiego del grafene per irrobustire i materiali, dalle nanotecnologie alla retina artificiale. Intanto online si moltiplicano le manifestazioni si solidarietà sotto gli hashtag #brevetti e #investmentcompact.
«Lo ammetto, sarebbe davvero una delusione enorme fare un passo indietro adesso — ammette al telefono il direttore scientifico dell’Iit Cingolani —. Prendiamo le ricerche sulla retina artificiale. Stiamo facendo ora la sperimentazione che precede quella sull’uomo. Tanti anni di lavoro e tanta attesa: che senso ha?».
I finanziamenti
In effetti questa vicenda di senso sembra averne poco. Il governo nei mesi scorsi aveva manifestato apprezzamento per il lavoro dell’Iit tanto che lo stesso presidente del Consiglio Matteo Renzi aveva visitato l’istituto. D’altra parte il centro ha dimostrato in questi anni si saper impiegare bene i fondi pubblici che gli sono destinati usando solo il 6% delle risorse per le spese di gestione della struttura in modo lasciare il massimo per la ricerca (l’Istituto riceve un finanziamento pubblico annuale di 95 milioni e trova risorse finanziarie indipendenti per altri 20 milioni grazie a fondi competitivi e technology transfer). Anche l’inquadramento dei ricercatori è estremamente flessibile, con elevato turnover e valutazione del lavoro di esperti esterni. «Non escluderei che dietro questa misura infelice ci fosse invece l’idea nobile di valorizzare una realtà d’eccellenza — allarga le braccia Fernando Ferroni dell’Istituto nazionale di fisica nucleare —. Ma se così fosse allora la politica deve imparare a parlare con le parti coinvolte. E non avere l’arroganza di pensare di poter affrontare tutto in splendida solitudine».
@rquerze

 


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