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Senato - 7^ commissione - seduta 16 luglio

ISTRUZIONE (7a) MARTEDI' 16 LUGLIO 2002 102a Seduta (pomeridiana) Presidenza del Presidente ASCIUTTI Interviene il sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca ...

17/07/2002
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ISTRUZIONE (7a)

MARTEDI' 16 LUGLIO 2002
102a Seduta (pomeridiana)

Presidenza del Presidente
ASCIUTTI

Interviene il sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca Valentina Aprea.

La seduta inizia alle ore 14,30.

SUI LAVORI DELLA COMMISSIONE

Il presidente ASCIUTTI avverte che, per consentire ai senatori di partecipare alla votazione in corso nel Parlamento in seduta comune, la seduta è sospesa fino alle ore 15.

Prende atto la Commissione.

La seduta, sospesa alle ore 14,35, è ripresa alle ore 15,15.

IN SEDE CONSULTIVA

(Doc. LVII, n. 2) Documento di programmazione economico-finanziaria relativo alla manovra di finanza pubblica per gli anni 2003-2006
(Parere alla 5a Commissione. Esame e rinvio).

Riferisce alla Commissione il presidente relatore ASCIUTTI, il quale rileva che il Documento di programmazione economico-finanziaria (DPEF) indica gli obiettivi di finanza pubblica e le linee di intervento di politica economica per gli anni 2003-2006 ed enuclea tanto le principali riforme economiche che le principali riforme sociali e istituzionali che il Governo si propone di conseguire nel periodo considerato. In relazione al secondo gruppo, il Documento contempla la voce "scuola, università, beni culturali". Più indiretto è invece il coinvolgimento dei settori di competenza della Commissione per quanto concerne la riforma della pubblica amministrazione e l'attuazione della devoluzione.
Nel merito del Documento, è il paragrafo IV.2.2 che attiene alla riforma della scuola, dell'università e della ricerca, e che individua nella modernizzazione e nel potenziamento del sistema educativo nazionale le finalità da perseguire in tali settori, allo scopo di migliorare i livelli generali e individuali di apprendimento e di diminuire gli elevati tassi di abbandono.
In particolare, in merito al sistema d'istruzione e formazione professionale, il suddetto paragrafo fa esplicito riferimento al progetto riformatore del Governo (Atto Senato n. 1306) attualmente all'esame della Commissione. Vengono in tal senso richiamati gli obiettivi di cui al comma 3 dell'articolo 1 del predetto disegno di legge e, nell'ottica di un Documento economico-finanziario, quale è il DPEF, si afferma che tali obiettivi verranno sostenuti da un piano pluriennale di misure finanziarie da verificare nella loro compatibilità con i conti pubblici.
Sarebbe tuttavia opportuno, ad avviso del Presidente relatore, che il Documento recasse indicazione della strategia che il Governo intende seguire al fine di risolvere definitivamente il grave problema del precariato. A fronte, infatti, di graduatorie già ora in grado di soddisfare il fabbisogno di docenti del sistema scolastico, sarebbe improprio continuare ad abilitare personale docente che in questo momento finirebbe semplicemente per aumentare il numero dei precari.
Al tempo stesso occorre registrare l'assenza di un espresso riferimento alla questione della parità scolastica, che viceversa richiederebbe che nel DPEF venissero tracciate le linee guida per la piena attuazione della riforma avviata con la legge n. 62 del 2000.
Passando all'alta formazione artistica e musicale, egli ricorda che la Commissione si è da poco pronunciata su questo tema in relazione allo schema di regolamento in materia di autonomia statutaria e regolamentare delle istituzioni disciplinate dalla legge n. 508 del 1999 (Atto n. 106) e rende noto che in proposito il DPEF sottolinea come la riorganizzazione amministrativa e gestionale di tali istituzioni favorirà la razionalizzazione delle risorse.
Il medesimo Documento, inoltre, riguardo al comparto universitario, pone in evidenza che i traguardi da raggiungere concernono l'aumento del numero dei laureati, la riduzione dei tempi effettivi per il conseguimento dei titoli universitari e la garanzia di maggiori sbocchi professionali. Si prevede pertanto per i prossimi quattro anni '#8211; sempre compatibilmente con gli equilibri di finanza pubblica '#8211; un incremento delle risorse finanziarie destinate all'università e se ne enumerano puntualmente le finalizzazioni, che afferiscono al finanziamento della riforma degli ordinamenti didattici e al potenziamento delle attività di orientamento, di tutorato e di internalizzazione.

Il sottosegretario Valentina APREA prende la parola per segnalare che il termine da ultimo citato dal Presidente relatore costituisce un mero refuso contenuto nel Documento in oggetto, dovendosi piuttosto intendere il potenziamento delle attività di "internazionalizzazione".

Riprendendo la propria esposizione, il presidente relatore ASCIUTTI fa presente che le altre finalizzazioni degli stanziamenti destinati al comparto universitario riguardano la realizzazione sostanziale del diritto allo studio per mezzo di interventi diretti e indiretti a favore degli studenti quali la copertura delle tasse versate alle università legalmente riconosciute per garantire agli studenti capaci ma privi di mezzi il diritto di scelta, gli investimenti strutturali al fine di fornire agli studenti un ambiente idoneo alle funzioni didattiche e infine il potenziamento della ricerca scientifica attraverso l'utilizzo di incentivi per le istituzioni che più proficuamente utilizzano i fondi per la ricerca.
Rimane irrisolto invece il nodo dello stato giuridico dei docenti universitari, che il Documento in esame non menziona e che pure richiederebbe una chiara presa di posizione da parte del Governo.
Ancor più manifesto è poi l'impegno ad aumentare i finanziamenti per il sistema pubblico della ricerca, per il quale si dichiara di voler passare dall'attuale 0,6 per cento verso l'1 per cento del PIL. Il Governo peraltro prevede che l'incremento complessivo delle risorse destinate al settore dovrebbe essere maggiore del predetto impegno pubblico, in considerazione degli investimenti in ricerca effettuati dal sistema industriale italiano e dei meccanismi di cofinanziamento pubblico-privato. Il Paese appare quindi in linea con gli impegni assunti in sede di Unione europea, ove è stato previsto che gli investimenti per la ricerca dovranno approssimarsi al 3 per cento del PIL entro il 2010.
Al riguardo, il DPEF rinvia del resto alle "Linee guida per la politica scientifica e tecnologica del Governo", predisposte dall'Esecutivo sulla base degli articoli 1 e 2 del decreto legislativo n. 204 del 1998. Se ne evince che ci si propone di favorire l'impatto economico, occupazionale e sociale degli investimenti in ricerca e sviluppo e il posizionamento internazionale del sistema italiano, con particolare attenzione agli effetti sull'attività di innovazione dei prodotti, dei processi e dei servizi offerti e all'aumento della competitività nelle produzioni ad alta tecnologia. Inoltre, l'azione del Governo si incentrerà sul sostegno e la ricerca di base, sul supporto alla ricerca relativa a tecnologie chiave a carattere multisettoriale, sul potenziamento delle attività di ricerca industriale al fine di aumentare la capacità del sistema industriale italiano a trasformare le nuove conoscenze in maggior valore aggiunto, sulla promozione delle capacità di innovazione nei processi e nei prodotti da parte di piccole e medie imprese valorizzando sinergie a livello territoriale e infine sulla promozione del sistema di rete delle grandi infrastrutture e dei processi di internazionalizzazione dell'attività di ricerca.
Quanto al settore dei beni culturali, la ridefinizione della spesa prevista dal DPEF riguarderà in primo luogo un mutamento di carattere qualitativo, con il passaggio degli stanziamenti destinati a questo comparto dalla tradizionale inclusione fra le spese correnti al ricollocamento fra le spese in conto capitale, dal momento che il settore viene ritenuto di importanza strategica per lo sviluppo di altri rilevanti segmenti del sistema economico nazionale. La spesa, inoltre, andrà rimodulata sotto il profilo quantitativo, impegnandosi anche qui il Governo a garantire un consistente e progressivo adeguamento dello sforzo finanziario al fine di pervenire a percentuali di livello europeo rispetto al PIL. Tale risultato potrà essere conseguito sia attraverso incrementi annuali della spesa pubblica di competenza del Ministero per i beni e le attività culturali '#8211; che siano ovviamente compatibili con lo stato generale della finanza pubblica '#8211; sia attraverso l'accresciuto apporto dei privati da coinvolgere nella gestione dei beni culturali anche grazie all'adozione di opportune misure incentivanti (incremento delle donazioni e delle varie forme di sponsorizzazione, creazione di fondi etici).
Anche per questo comparto, d'altra parte, il DPEF precisa quali saranno gli assi strategici sui quali si fonderà l'azione del Governo. Essi riguardano innanzi tutto il processo di privatizzazione del settore, da attuarsi sia attraverso la partecipazione del Ministero competente a fondazioni e società, sia mediante l'affidamento in concessione a privati della gestione di servizi finalizzati al miglioramento della fruizione pubblica dei beni culturali. Una più razionale ed economica utilizzazione delle risorse dovrà poi essere ottenuta grazie alla riorganizzazione del settore e alla revisione delle procedure amministrative e dei meccanismi di incentivazione. Inoltre, dovranno essere predisposte forme di raccordo più attive tra i diversi livelli di governo (Stato, regioni, ed enti locali) e dovranno essere altresì realizzate nuove forme di connessione tra le politiche culturali e dello sport e quelle concernenti altri ambiti dell'azione politico-amministrativa del Governo (trasporti, turismo, attività produttive, ambiente). In definitiva, osserva il Presidente relatore, tali linee strategiche appaiono sostanzialmente conformi ai principi e ai criteri cui dovrà informarsi l'attività legislativa delegata del Governo alla stregua dell'articolo 10 della legge n. 137 del 2002, recante delega per il riassetto e la codificazione in materia di beni culturali e ambientali, spettacolo, sport, proprietà letteraria e diritto d'autore.
Come per il settore della scuola, peraltro, nulla si dice in relazione alla sistemazione dei precari del Ministero per i beni e le attività culturali; questione su cui la Commissione è da tempo in procinto di esprimersi, ma sulla quale grava ancora il problema della totale copertura finanziaria. Nel delineare le linee della politica economica governativa, il presidente relatore ritiene pertanto utile fornire indicazioni chiare per la soluzione definitiva delle situazioni di precariato.
Da ultimo, con riferimento alla devoluzione, egli osserva che la piena attuazione della riforma del Titolo V della Costituzione e l'ulteriore sviluppo dell'assetto regionalistico e autonomistico non potranno non riguardare anche i settori dei beni culturali e dell'istruzione, il secondo dei quali è già pienamente interessato al processo di riordino. In proposito, il DPEF ribadisce i principi che si intendono affermare con la proposta riforma costituzionale (Atto Senato n. 1187), sottolineando nel contempo che il trasferimento di nuove competenze legislative e amministrative alle regioni, anche nei campi dell'organizzazione scolastica, della gestione degli istituti scolastici e di formazione e della definizione di parte dei programmi scolastici e formativi, non potrà che accompagnarsi al trasferimento delle occorrenti risorse finanziarie, con contestuale riduzione delle corrispondenti voci di costo a carico del bilancio dello Stato, anche al fine di evitare duplicazioni di strutture e di competenze.
Propone conclusivamente l'espressione di un parere favorevole con le osservazioni sopra richiamate.

Si apre la discussione generale.

Prende la parola il senatore TESSITORE, il quale esprime un giudizio fortemente critico nei confronti del DPEF, da lui ritenuto un insieme di enunciazioni generiche e di frasi convenzionali, attraverso le quali si operano continui rinvii ad altri atti senza indicare le soluzioni che il Governo intende concretamente proporre riguardo ai problemi specifici. Considera infatti banale la mera ripetizione di alcuni obiettivi persino ovvii, quali il sostegno all'occupazione e alle attività produttive o, in merito al comparto dell'istruzione, il prolungamento dell'obbligo scolastico: occorrerebbe piuttosto affrontare le questioni nel merito. Egli si congratula peraltro con il Presidente relatore per lo sforzo compiuto nella sua esposizione, dalla quale è dato cogliere alcuni accenti critici riferiti all'assenza di adeguate strategie volte alla risoluzione di rilevanti problematiche concernenti i settori di interesse della Commissione.
In particolare, per quanto concerne la scuola, a fronte del parere espresso dalla Commissione bilancio sul disegno di legge n. 1306, egli si sarebbe aspettato una più puntuale ed esplicita indicazione delle misure finanziarie che il Governo intende adottare a sostegno della riforma scolastica. Al contrario, ci si deve limitare a registrare l'intenzione di una riduzione delle risorse superiore a quella già prevista dalla legge n. 144 del 1999.
Anche il settore universitario è stato affrontato con fretta e trascuratezza, al punto che ci si è limitati a riprodurre i medesimi obiettivi che si era posti la riforma Berlinguer. Non si esplicita tuttavia il modo in cui si pensa di conseguire quei risultati, né si forniscono dati puntuali sull'incremento dei fondi finalizzati all'università.
Quanto alla ricerca, egli dichiara di condividere il proclamato sostegno alla ricerca di base, ma esprime nel contempo la propria preoccupazione per il più volte ribadito proponimento di rafforzare, anche attraverso il potenziamento dell'attività di ricerca, il sistema delle infrastrutture e la competitività delle imprese italiane. Ne emerge una visione economicistica della ricerca, che contrasta fra l'altro con un contesto come quello italiano, ove il sistema imprenditoriale non partecipa alla ricerca o quando lo fa si avvale principalmente del finanziamento pubblico.
Disagio e preoccupazione sorgono peraltro anche in conseguenza del richiamo al cosiddetto "Patto per l'Italia", nel quale i settori della scuola, della formazione e della ricerca vengono citati in poche righe e attraverso espressioni ovvie e banali. Né si coglie la connessione esistente fra il disegno di legge n. 1306 sulla riforma scolastica e il n. 1187 recante la revisione dell'articolo 117 della Costituzione; provvedimenti entrambi richiamati dal DPEF ma che appaiono contrastanti fra loro.
In definitiva, il Documento in esame consacra la marginalizzazione della formazione e della ricerca nel sistema Paese: un gravissimo errore perpetrato dalla politica nazionale negli ultimi decenni e al quale i Governi di Centro-sinistra avevano timidamente tentato di porre rimedio, quanto meno evidenziando la centralità di quei settori anche dal punto di vista dello sviluppo produttivo del Paese. Egli manifesta inoltre la preoccupazione che la marginalizzazione sopra denunciata non nasca dalla inconsapevolezza dei problemi esistenti, ma celi un disegno che avrebbe effetti sciagurati per il Paese, a prescindere dalla prospettiva politica dalla quale si voglia valutare la questione. Egli teme cioè che si affermi anche in campo universitario una versione deteriore del liberalismo, che consenta ai soli atenei che lo vogliano di trasformarsi in fondazioni, lasciando gli altri istituti universitari nella loro configurazione attuale.

Il senatore MONTICONE si sofferma a sua volta sui temi relativi all'università e alla ricerca scientifica, sottolineando le contraddizioni esistenti fra i contenuti del DPEF e quelli delle "Linee guida per la politica e tecnologica del Governo". Tale contraddizione attiene soprattutto alla centralità delle risorse umane, che nel Documento economico-finanziario del Governo non risulta affatto evidente, anche perché non viene affrontata la questione dello stato giuridico dei docenti, né si pongono nel giusto rilievo le esigenze degli studenti, ai quali deve essere consentito di elaborare un originale progetto per il loro futuro, che non sia unicamente condizionato a livello di programmazione nazionale. Mancando questa attenzione, le finalizzazioni dei maggiori investimenti previsti dal Documento per l'università nei prossimi quattro anni rischiano di essere evanescenti.
Egli si associa peraltro alle osservazioni del senatore Tessitore, nel senso di ritenere che le enunciazioni recate dal Documento siano essenzialmente generiche. In particolare, per il comparto universitario mancano dati quantitativi chiari ed espliciti riguardo al previsto incremento delle risorse ad esso destinate. Si cita infatti sia la riforma degli ordinamenti didattici, che la realizzazione sostanziale del diritto allo studio, ma non è affatto chiaro in quale direzione tale riforma dovrà svolgersi, né in che modo possa effettivamente esercitarsi il diritto di scelta degli studenti, se non per la mera indicazione esemplificativa della copertura delle tasse versate alle università legalmente riconosciute, che non può certo esaurire in sé il concetto di diritto allo studio.
Altra lacuna che egli intende evidenziare riguarda poi la mancanza di una quantificazione degli stanziamenti da destinare al potenziamento della ricerca scientifica all'interno dell'università, limitandosi il DPEF a manifestare l'impegno per l'aumento dei finanziamenti per il sistema pubblico della ricerca nel suo insieme. E' assente quindi una visione complessiva delle problematiche dell'università e in proposito egli preannuncia una iniziativa al fine di consentire alla Commissione di discutere su un affare assegnato che riguardi appunto il settore universitario nel suo insieme.
Passando alla ricerca scientifica e tecnologica, egli dichiara di condividere pienamente quanto affermato nelle premesse alle "Linee guida", nel senso che le infrastrutture immateriali, che vanno assumendo una sempre maggiore rilevanza, rappresentano sorgenti e palestre dove si crea il capitale umano con le sue competenze e il suo saper fare, saper progettare e saper operare a livello internazionale. Ma questa assoluta rilevanza assegnata al capitale umano nel documento predisposto dal Ministro viene meno nelle parti del DPEF riservate alla ricerca scientifica e all'università. In questa sede, l'asse portante della ricerca sembra piuttosto essere il rafforzamento del sistema produttivo e l'aumento della competitività nelle produzioni ad alta tecnologia.
Egli ritiene invece che la ricerca scientifica non debba essere costretta in una visione esclusivamente economicista, ma debba essere presa in considerazione in maniera più complessiva, sia per i suoi risvolti più propriamente scientifici, che per quelli umanistici. E al riguardo egli rende noto di aver presentato un apposito disegno di legge recante iniziative per la diffusione della cultura scientifica dell'area umanistica (atto Senato n. 1491).
Denuncia infine l'incongruenza fra il previsto aumento delle risorse finalizzate alla ricerca, che il DPEF recepisce puntualmente dalle corrispondenti "Linee guida", e le concrete modalità attraverso le quali garantire il reperimento di tali fondi. La disponibilità delle somme da stanziare è infatti condizionata da introiti ancora da conseguire e da meccanismi ancora da definire. A causa di questa indeterminatezza relativa sia alle risorse finanziarie, sia alla caratterizzazione di fondo a cui il Governo associa l'attività di ricerca, egli esprime conclusivamente un giudizio critico sul Documento in esame.

Il senatore COMPAGNA pone l'accento sulla parte della relazione introduttiva del presidente Asciutti che egli considera di maggiore pertinenza rispetto ad un documento di programmazione economico-finanziaria quale il DPEF, vale a dire il fenomeno del precariato che '#8211; sia nel settore della scuola che in quello dei beni culturali '#8211; non può considerarsi una dinamica sindacale o corporativa, bensì riveste carattere assolutamente oggettivo.
Negli anni del centro-sinistra, la scuola è stata del resto al centro della politica economico-finanziaria proprio per la sua capacità di creare occupazione. Le aspettative nutrite sull'idoneità della scuola a formare i professionisti di cui lo sviluppo aveva bisogno impellente non si sono tuttavia avverate, ovvero si sono avverate sotto il profilo peggiore, dando luogo al triste fenomeno del precariato che risulta ora così difficile estirpare.
Per quanto riguarda i beni culturali, il discorso non è molto diverso. Si tratta infatti di un'amministrazione che si è voluta chiamare fuori dai processi di federalismo e regionalismo in nome della sua capacità a produrre quadri tecnico-scientifici. Non può tuttavia non rilevarsi come da anni il Ministero non bandisca più concorsi per tali figure professionali che giustificherebbero invece la statualità della funzione.
Egli si dichiara pertanto perfettamente d'accordo con la sollecitazione del Presidente relatore al Governo ad indicare la strategia che intende seguire per risolvere definitivamente tale fenomeno. Ciò, tanto più in quanto '#8211; con particolare riferimento al comparto scolastico - a fronte di graduatorie già ora in grado di soddisfare il fabbisogno di docenti, sarebbe effettivamente improprio continuare ad abilitare personale che finirebbe per aumentare il numero dei precari.
Tali considerazioni non esimono peraltro dal saper impostare una coraggiosa manovra di correzione della spesa pubblica anche nei settori della politica scolastica ed universitaria. Al riguardo, egli dichiara di non essere scandalizzato dall'idea di trasformare le università in fondazioni, ma di provare forte sgomento e distacco dalla superficialità con cui il tema è spesso affrontato. Ritiene del resto che se la formazione non riesce ad essere selettiva, rischia di perdere il confronto con le istituzioni democratiche e di trasformare gli altisonanti obiettivi contenuti nel Documento in esame in gargarismi lessicali inadatti a modificare strutturalmente la situazione in atto.

Il senatore BRIGNONE rileva anzitutto la strategicità del DPEF, in quanto volto a coprire l'arco di tempo fino al termine della legislatura. Esso presenta, a suo giudizio, luci ed ombre. Da una parte, esso manifesta infatti un'aspirazione riformistica, evocando riforme in parte già tracciate o in itinere; dall'altra, richiederebbe forse una maggiore concretezza.
Per quanto riguarda il settore dei beni culturali, l'obiettivo di incrementare gli investimenti potrà essere raggiunto solo attraverso una maggiore compartecipazione fra pubblico e privato, che potrà essere conseguita solo mediante opportuni incentivi anche di carattere fiscale all'intervento privato.
Quanto all'esigenza di un più stretto raccordo fra i diversi livelli di governo (statale, regionale e degli enti locali) ai fini della politica culturale, non si può non rilevare come mentre lo Stato e le regioni hanno specifiche dotazioni finanziarie a ciò destinate, altrettanto non può dirsi degli enti locali, che potrebbero invece rivestire un ruolo di grande rilevo, anche secondo il principio di sussidiarietà.
Resta tuttavia il nodo della difficoltà di ridurre le spese correnti ed incrementare corrispondentemente quelle per gli investimenti.
Per quanto riguarda il settore della scuola, egli rileva nel Documento in esame una sostanziale sintonia con gli indirizzi programmatici del centro-destra, peraltro già enunciati in campagna elettorale. Rileva tuttavia l'assenza di un riferimento all'edilizia scolastica, che invece ritiene essenziale.
Passando al settore dell'università, egli registra con preoccupazione la tendenza a decentrare le sedi universitarie nei piccoli comuni, con il rischio di una dispersione delle risorse. Pur concordando quindi con le esigenze di una migliore distribuzione del servizio universitario, richiama l'attenzione sull'inopportunità di polverizzare gli atenei.
Si sofferma infine sul settore della ricerca, sottolineando il rilievo di ricerche diverse da quelle, di carattere economicistico, richiamate nel Documento, che pure potrebbero essere oggetto di sostegno privato ad esempio attraverso le sponsorizzazioni.

Il seguito dell'esame è quindi rinviato.

La seduta termina alle ore 16,30.