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Se la laurea vale come il diploma professionale

L'ultimo studio ocse. l'università italiana si conferma sempre più per ricchi

24/09/2019
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ItaliaOggi

Emanuela Micucci

L'università in Italia è roba da ricchi. Basta vedere la spesa pubblica per l'istruzione e il valore occupazionale di una laurea uguale a quello di un diploma tecnico. È il quadro dipinto dal rapporto annuale Ocse «Uno sguardo sull'educazione», con dati relativi al 2017-18, presentato la scorsa settimana, che un focus proprio sull'università. L'Italia spende circa il 3,6% del suo pil per l'istruzione dalla scuola primaria all'università, una quota inferiore alla media Ocse del 5% e uno dei livelli di spesa più bassi tra i Paesi dell'area. Per di più in calo del 9% tra il 2010 e il 2018. Ma le cifre divergono dalla media Ocse man mano che il livello di istruzione di innalza. Lo Stato, infatti, versa per un alunno alla primaria circa 8.000 dollari statunitensi, il 94% della media Osce pro capite, e 9.200 dollari nell'istruzione secondaria, il 92% delle media Ocse. Ma quando quello stesso ragazzo arriva all'università, pur finanziandone gli studi con più denaro di quando era piccolo, cioè 7.600 dollari, escludendo la spesa per ricerca e sviluppo, si ritrova ridimensionato a un 74% della media Ocse. La differenza è data dall'intervento delle famiglie. Minimo o nullo alla primaria, dove i genitori contribuiscono per il 5% alle spese dello Stato. Ma decisivo quando si arriva all'università, dove gli stessi genitori devono contribuire per il 30% al pagamento dei suoi studi. L'università diventa, allora, un percorso per studenti ricchi.

Anche perché le tasse universitarie in Italia sono più elevate rispetto a molti altri Paesi europei e simili al livello delle tasse universitarie dei Paesi Bassi e della Spagna, ma inferiori a quelle del Regno Unito e della Lettonia. In media 1.900 dollari per le lauree di primo livello, di 2.100 dollari per quelle di secondo livello, meno di 500 dollari per i dottorati. Tuttavia, nell'ultimo decennio, le tasse universitarie al primo livello sono aumentate meno che in altri Paesi Ocse e la quota di studenti che ricevono aiuti finanziari e borse di studio in forma di esenzione totale è aumentata dal 17% al 39%.

Ma non basta per incentivare le iscrizioni all'università e per laurearsi, ancora basse con il 28% di giovani laureati e il 37% di immatricolati prima di 25 anni (media Ocse 45%). Non aiutano i bassi redditi e le scarse prospettive dell'istruzione terziaria. La laurea, infatti, vale come il diploma tecnico. Gli adulti italiani tra i 25 e i 34 anni che hanno conseguito un livello di istruzione secondario professionalizzante hanno prospettive occupazionali simili ai giovani che hanno ottenuto un titolo di studio terziario. In questa fascia d'età il vantaggio in termini di reddito rappresentato dalla laurea scende al 19%, rispetto al 38% in media dell'area Ocse. Un gap che per le donne si allarga notevolmente: le laureate , infatti, guadagnano in media il 30% in meno degli uomini, contro una media Ocse del 25%.


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