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Se i nostri figli sono «zombetti»

Certo che si presterebbe a una seria discussione il durissimo intervento di Livio Marchese, pubblicato nell’ultimo numero de Gli asini, il mensile di Goffredo Fofi.

14/01/2020
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Corriere della sera

di Paolo Di Stefano

Certo che si presterebbe a una seria discussione il durissimo intervento di Livio Marchese, pubblicato nell’ultimo numero de Gli asini, il mensile di Goffredo Fofi. L’articolo si intitola «Noi e gli zombetti», e non c’è alcun dubbio che si tratti di considerazioni eccessive sulla generazione dei nuovi adolescenti, ma è altrettanto vero che basta guardarsi intorno per riconoscere nell’invettiva di Marchese elementi almeno inquietanti. Gli «zombetti» sono i nativi digitali che Marchese ha occasione di osservare dall’«osservatorio privilegiato» della scuola media (scuola di una periferia del Nord) in cui insegna materie letterarie. Lasciamo stare se le sue posizioni siano pessimiste o passatiste o apocalittiche: il fatto è che un insegnante come lui vede nei suoi alunni, durante le attività didattiche e ricreative, una «torma di anime a brandelli, prigionieri di corpi disabituati al movimento, incapaci di relazionarsi in maniera sana all’ambiente circostante, corpi ingombranti, non più padroneggiati, con cui non si riesce più a giocare, a divertirsi». Quasi creature post-umane. Sarà pure una descrizione iperbolica, visibilmente pasoliniana, e ci si chiede con che spirito un docente si accosti al proprio mestiere in queste condizioni. Ma nessuno, avendo esperienza degli adolescenti (e preadolescenti) attuali tirati su da influencer e youtuber, cresciuti nel narcisismo autistico da selfie e da musically, può evitare di interrogarsi sugli effetti ottundenti e contundenti della compulsività digitale. Non è né passatista né pessimistico porsi qualche domanda (preoccupata? sì, preoccupata) di fronte all’elenco spaventoso degli «istinti radicati» che Marchese intravede nei suoi zombetti: conformismo, paura del diverso, spettacolo, delirio d’onnipotenza, mania di protagonismo, istinto di sopraffazione, brama di successo e di vittoria a danno degli altri. Difficile, anche per un ottimista proiettato felicemente verso il futuro, non riscontrare almeno una tendenza zombesca nelle generazioni Tic Toc (accedere per credere). Basta affacciarsi in una media scuola media. Dove i deboli vadano a farsi fottere e i forti rimangano forti, bulli, volgari, arroganti. Con l’approvazione e la fierezza di mamma e papà. Perché la vera tragedia sono gli «istinti» dei genitori, dice Marchese. E qui, davvero, come dargli torto.


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