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Scuole-urne, binomio in crisi Il governo: dal 2021 si cambia

Il piano di Conte e Lamorgese sull'onda dell'emergenza. Partiti e sindaci d'accordo

30/08/2020
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Il Messaggero

ROMA Giorgio Gori ha rotto una tradizione, con lo scatto in avanti di Bergamo che il 20 e 21 settembre per la prima volta farà votare metà dei suoi cittadini non nelle scuole. Così la didattica non s'interrompe e non si moltiplicano gli interventi di sanificaziome anti Convid. Ma ormai, più in generale, siamo a una svolta, a un passaggio storico clamoroso. Perché si rompe una coppia che pareva eterna: quella tra le scuole e le urne, tra aule e le cabine elettorali.
Le elezioni del prossimo anno a Roma e in altre grandi città nel 2021 (Milano, Napoli, Torino, Bologna) saranno le prime in cui non si voterà tra i banchi, le lavagne e i disegni dei bambini o almeno non si voterà prevalentemente nelle scuole. Così vuole Conte. Il premier in queste ore - sulla spinta dell'emergenza Covid che crea discontinuità in tutto ed evidentemente anche nelle pratiche elettorali - ripete: «È una buona idea trovare luoghi alternativi dove mettere le cabine del voto. In questo modo il calendario didattico e quello politico non rischiano sovrapposizioni e vicendevoli complicazioni». Il ministero dell'Interno s'è già messo all'opera. Spiega Luciana Lamorgese: «Ho istituito un gruppo di lavoro che, per le elezioni amministrative del 2021, individui un numero molto consistente di edifici pubblici non scolastici che la ospitino i seggi». 
CAMBIA IL ROMANZOOra non s'è fatto in tempo, a parte a Bergamo e in qualche altro caso, a spostare i luoghi della laica cerimonia del voto. Che s'è sempre svolta negli edifici delle elementi o dei licei. E toccherà riscrivere anche il romanzo elettorale. Basti pensare, tra le tante, alle pagine degli «Zii di Sicilia» di Leonardo Sciascia e alle scene di questo libro dedicate allo spoglio del 1953 nella scuola in cui appena sulla scheda compariva la x sopra il simbolo del Pci partiva il grido di uno scrutatore: «Il voto di un povero!». E come sarà riscritta «La giornata di uno scrutatore» di Italo Calvino (che si svolge all'istituto piemontese del Cottolengo)? Il cambiamento è cominciato e sarà irreversibile (in attesa, probabilmente a breve, che al voto fisico e di persona subentrerà quello digitale). Una volta tanto, sono tutti d'accordo a rompere il matrimonio scuole-elezioni: il governo, i partiti, i sindaci, l'Anci, i presidi, i genitori. Per via del Covid ma anche oltre il Covid. A Bergamo tra poco più di venti giorni si voterà, per il referendum, nei comitati di quartiere, nei musei, nei centri polifunzionali. A Roma, nel 2021, sarà la stessa cosa. Tu voti al liceo Tasso? No, nel mio municipio. Tu voti alle elementari della Guido Alessi al Flaminio? Macché, non si usa più: il mio seggio adesso è al centro per anziani e quanto mi mancherà non poter più vedere i disegnini dei bimbi appesi alle pareti delle classi, prima di entrare in cabina elettorale a commettere il mio dovere!
Intanto, a giugno, Zingaretti si è rivolto al governo così: «Si tengano i seggi in luoghi separati, come le palestre, per evitare di interrompere il ciclo scolastico». Il premier ha riposto: «Ci attiveremo». E Forza Italia si è offesa: «Noi avevamo chiesto la stessa cosa, in un ordine del giorno, ma è stato bocciato dalla Camera perché il governo aveva dato parere negativo». Ora il ministero dell'Interno nella ricerca dei nuovi luoghi del voto ha già individuato un requisito: la neutralità. Saranno quindi escluse sedi di partito o edifici di culto. Niente sedi private e a pagamento. E neppure caserme dismesse. Meglio le palestre. Non quelle delle scuole però, e un po' di nostalgia ci sarà almeno riascoltando la celebre canzone di Giorgio Gaber: «Ed è più bella anche la scuola / quando ci sono le elezioni».
Ma i numeri danno conto della difficoltà di trovare alternative alle scuole. Gli ultimi disponibili sono quelli delle europee 2019, quando le sezioni elettorali sono state oltre 61.500 delle quali 55.000 collocate nelle scuole. Il resto negli ospedali, tranne un un paio di centinaia di sezioni che hanno trovato posto in altri edifici. Rovesciare questo rapporto non sarà facile. Il piano del Viminale prevede di coinvolgere il Demanio per utilizzare i beni confiscati alla criminalità organizzata (c'è una lista di magazzini e altri immobili in buone condizioni) e di allestire i seggi in qualche locale comunale. Escluso per ragioni di sicurezza il voto all'aperto, nei gazebo. E comunque, finito ormai da tantissimo tempo il voto di classe (sociale, come nel racconto di Sciascia), stiamo per dire addio anche al voto in classe.
MArio Ajello


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