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Scuole. Emergenza sicurezza in 3 su 4. Incendi, solo il 17,7% è a norma. Vecchie quasi tutte le strutture

L’ultima fotografia l’ha scattata il Censis, nel suo rapporto sulla situazione sociale del Paese 2012

11/02/2013
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Il Messaggero

di Alessia Camplone

ROMA - Un’emergenza nazionale. La definizione è del sostituto procuratore di Torino Raffaele Guariniello che nell’ottobre scorso decise la chiusura di due grandi scuole, l’istituto Luxemburg e il liceo Copernico, perché i controsoffitti rischiavano di cadere addosso agli alunni. Cinque anni fa nella provincia, all’istituto Darwin di Rivoli, un crollo aveva ucciso uno studente di 17 anni. Ma Guariniello, che nei termini di emergenza nazionale si è rivolto al ministro dell’Istruzione Francesco Profumo, sa che il problema non è solo piemontese. L’ultima fotografia l’ha scattata il Censis, nel suo rapporto sulla situazione sociale del Paese 2012. Risultato: il 33,5% delle scuole italiane non possiede un impianto idrico antincendio e la metà di esse (50,7%) non ha la scala interna di sicurezza, Degli oltre 36mila edifici scolastici censiti, solo un quarto è stato costruito negli ultimi trent’anni, quando è cresciuta la sensibilità sui temi della sicurezza e la normativa si è fatta più rigorosa.
IL CPI OBBLIGATORIO
Il Cpi, il Certificato di prevenzione incendi, è obbligatorio per le scuole con più di cento studenti: quasi tutte, quindi. Eppure - dati confermati anche dal Miur - appena il 17,7% degli istituti ne è provvisto. Dato più desolante nel meridione: in Sardegna meno di una scuola su 20 ce l’ha. E la maggioranza degli istituti in Italia è stata costruita prima del 1974, l’anno della legge antisismica. In Ecosistema scuola, indagine annuale di Legambiente che ha esaminato 7.139 istituti, tutti in capoluoghi di provincia, emerge però che pure le scuole costruite dopo il 1974 non sono state edificate con criteri antisismici. Solo l’8,22% supera l’esame. Meno di cinque scuole su mille (lo 0,47%) è costruita con i criteri della bioedilizia, ovvero il cosiddetto sviluppo sostenibile, che considera il benessere degli studenti, il risparmio dell’energia e il rapporto con la natura. Ma il rischio è di scuole che ti cadono addosso. Undici anni fa, nel terremoto che colpì il Molise, morirono 27 bambini e una maestra, nel crollo di una scuola elementare a San Giuliano di Puglia. La Cassazione ha confermato la condanna a 5 anni di carcere del progettista, del dirigente dell’ufficio tecnico comunale e di due costruttori. E dell’ex sindaco, a 2 anni e 11 mesi: nella tragedia aveva perso la sua figlioletta. La scuola di San Giuliano non aveva l’agibilità statica, secondo la Flc Cgil sono circa ottanta i plessi scolastici a rischio nel Molise, non solo per terremoti e incendi. Secondo Cittadinanzattiva ci sono lesioni strutturali in una scuola su 10, muffe e infiltrazioni in una su 4, distacchi di intonaco in una su 5. Dopo l’ultimo crollo, in provincia di Lecco, il garante per l’Infanzia, Vincenzo Spadafora, parla di «bollettino di guerra». E denuncia: «In Italia le scuole sono troppo vecchie. L’edilizia scolastica non è una priorità dell’agenda politica, ci ritroviamo a commentare un’assurdità come quella di un bimbo che va a scuola e torna a casa con un braccio rotto perché gli è caduto addosso un pezzo di tetto».
LA PROPOSTA
Nella sua relazione dell’anagrafe dell’edilizia scolastica il ministero dell’Istruzione premette: il 4% delle scuole è stato costruito prima del 1900, e il 44% in un periodo che va dal 1961 al 1980. E sostiene: mettere a norma gli edifici esistenti, costruiti secondo standard ormai superati, è del tutto inefficace. È necessario costruire edifici nuovi, adeguati alle norme di sicurezza e anche alle tecnologie più evolute. Ma costruire come, se i soldi non ci sono? Il ministro Profumo ha organizzato nei giorni scorsi un incontro in cui ha illustrato agli Enti locali una proposta di decreto che prevede la costituzione di un fondo unico per l’edilizia scolastica, da attivarsi anche con forme di partnership pubblica-privata. Fondi immobiliari che coinvolgono tutti, Comuni, Province, enti istituzionali sul territorio, e anche il ministero dell’Istruzione. «Può essere uno strumento utile di programmazione, se intesa a lunga scadenza – ha polemizzato Antonio Saitta, presidente dell’Unione delle province - ma l’emergenza sicurezza va affrontata subito». Ci sono due miliardi di euro bloccati dal patto di stabilità, protestano le Province, e la capacità di investire nelle scuole in 5 anni è scesa del 60%. Per il 2013 è previsto un taglio alle Province di 1,2 miliardi di euro. Taglio che si ripercuoterà su manutenzioni ordinarie e straordinarie delle scuole. Venti giorni fa sono stati sbloccati 111,8 milioni di euro sulle indicazioni delle commissioni Bilancio e Cultura della Camera, con le quali si potranno costruire istituti nuovi, demolendo i vecchi edifici o destinandoli ad altro. Ma con le procedure di verifica ci vorrà quasi un anno perché siano aperti i primi cantieri.


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