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Scuola, tensione governo-esperti Boccia: «Alla fine decideremo noi»

Lo scontro sull’alternativa tra il test e la quarantena Resta irrisolta la questione dei trasporti pubblici

20/08/2020
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Corriere della sera
Gianna Fregonara

Sulle misure di sicurezza per le scuole «la decisione definitiva la prende il governo nella sua interezza», non il Cts. È categorico il ministro per gli Affari regionali Francesco Boccia: «Finché non c’è un accordo non ci sono linee guida». Un vero e proprio avvertimento, alla fine di una giornata di riunioni tra governo ed esperti per cercare di mettere in fila le regole per gestire la riapertura delle scuole e gli eventuali contagi. Il documento dell’Istituto superiore di sanità alla fine è rimasto sul tavolo del ministro della Salute Roberto Speranza che dovrà decidere se dare il suo avallo o procedere a una ulteriore riflessione.

Il nodo riguarda l’obbligo di quarantena nel caso di contagi: per gli esperti del Cts sarà la Asl, coinvolgendo anche medici di famiglia e pediatri, a decidere volta per volta come procedere, se isolare la classe o la scuola. Ma la quarantena per la classe sembra inevitabile quando il contagiato è un alunno. Nel governo però non sono tutti d’accordo: Boccia e il Pd vorrebbero che prima di lasciare tutti a casa si facessero i test molecolari rapidi — come quelli che si stanno sperimentando negli aeroporti — in modo da ridurre al minimo le chiusure. In caso di quarantena resta da sciogliere anche il nodo della didattica a distanza, che dovrebbe accompagnare la classe durante l’assenza forzata. I professori non potrebbero insegnare perché sono considerati in malattia, come tutti gli altri lavoratori.

Qualche dettaglio sulla ripresa dell’anno scolastico però ieri — nelle due riunioni fiume tra la ministra Azzolina, il commissario Domenico Arcuri, il Cts e poi in serata i sindacati — si è chiarito. Il comitato tecnico scientifico ha confermato che, sebbene il distanziamento fisico di un metro sia una delle misure cardine della prevenzione anti-Covid, per la scuola resta per ora soltanto «un obiettivo da garantire quanto prima». La distanza è impossibile da mantenere dove non sono arrivati i banchi o non sono state trovate le aule aggiuntive.

C’è voluto il chiarimento con il commissario Domenico Arcuri e la ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina per confermare quanto il Cts aveva anticipato la settimana scorsa: si può cominciare senza distanziamento solo dove non si può fare altrimenti ma bisogna che tutti lavorino per trovare soluzioni in fretta.

I banchi

Il maggior numero

di richieste di banchi

arriva dalla Sicilia

e dalla Campania

In serata Azzolina e Arcuri — in una riunione interrotta per fuga di notizie — hanno proposto a presidi e sindacati i criteri per la distribuzione dei due milioni e mezzo di nuovi banchi: si darà priorità alle regioni con l’indice Rt dei contagi più alto, alle regioni che aprono le scuole prima, alle scuole elementari e a quelle che non hanno abbastanza banchi per le aule esterne. Sono le regioni del Sud ad aver chiesto di rinnovare il maggior numero di banchi: la Sicilia ha chiesto di cambiarne il 69 per cento, due su tre, la Campania il 61 per cento. Mentre Veneto ed Emilia-Romagna ne cambieranno il 15 e il 16 per cento.

Resta aperta la questione della responsabilità penale dei presidi, che non sono soddisfatti del chiarimento del ministero e la questione dei trasporti: da lunedì partirà un tavolo tecnico tra Cts, ministero ed enti locali per cercare soluzioni sostenibili per scaglionare gli arrivi degli studenti a scuola. Una delle preoccupazioni degli esperti del ministero della Salute è che far muovere da un giorno all’altro 8 milioni di ragazzi possa essere molto rischioso. L’ipotesi di un inizio scaglionato è stata bocciata dal governo e dalla maggioranza. Dalla stessa ministra Azzolina all’ex sottosegretario all’Istruzione Davide Faraone (Iv), che addirittura ha minacciato di occupare le scuole se non si comincia il 14.