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Scuola, scontro fra vescovi sul concorso per i prof di religione

Scuola, scontro fra vescovi sul concorso per i prof di religione

19/12/2020
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Corriere della sera

Atteso da quasi 17 anni, il prossimo concorso per diventare insegnanti di religione non ha fatto a tempo ad essere annunciato che si è già aperto un nuovo scontro non tanto e non solo fra precari e governo ma - cosa assia più insolita - fra insegnanti e vescovi, determinando addirittura una frattura all’interno della stessa Cei, con i vescovi lombardi schierati dalla parte degli insegnanti contro l’intesa appena raggiunta fra il cardinale Bassetti e la ministra dell’istruzione Azzolina per un concorso ordinario destinato a riempire i posti vacanti e disponibili nei prossimi tre anni. Contestano, i docenti di più lungo corso in attesa di stabilizzazione da anni, che a differenza dei precari delle altre materie per i quali sono state previste nel tempo varie corsie preferenziali, a loro sia stata soltanto riservata una quota di posti ancora da definire (ma al massimo del 50 per cento) all’interno di una procedura concorsuale vera e propria, con tanto di prova scritta. Argomentano che per ottenere l’idoneità all’insegnamento della religione cattolica (equivalente all’abilitazione per gli altri prof) essi hanno già passato una selezione rigorosa che, in base al concordato, è affidata ai vescovi ma resta comunque sotto il controllo dello Stato dal momento che può essere revocata su segnalazione dei dirigenti scolastici. E infine chiedono, in alternativa, di partecipare a un «concorso non selettivo»: una contraddizione in termini dal punto di vista logico (che selezione è mai quella in cui nessuno viene escluso?) e un’aberrazione dal punto di vista giuridico (la Costituzione prevede che l’accesso ai posti pubblici sia condizionato al fatto di aver sostenuto con successo una procedura selettiva).

Concorsi pubblici, la regola che diventa eccezione

Ma è vero - come loro non mancano di far notare - che non si tratterebbe di una novità assoluta visto che questa possibilità è già stata concessa, appena due anni fa, sia alle maestre senza laurea che a tutti professori delle medie e delle superiori con l’abilitazione in tasca. Entrambi i concorsi del 2018 prevedevano un semplice orale pro forma al termine del quale tutti partecipanti avevano diritto a entrare in graduatoria di merito. Cos’è cambiato da allora? Che a Viale Trastevere è arrivata Lucia Azzolina la quale - almeno sul fronte dei concorsi - non ha dimostrato finora alcun tentennamento. Tanto da indire in piena pandemia un nuovo concorso per 32 mila posti, salvo poi essere costretta a sospenderlo quando la curva dei contagi ha iniziato a rialzarsi. Anche in quel caso i sindacati avevano proposto in alternativa una procedura per titoli e servizio - come non dispiacerebbe neanche ai precari dell’ora di religione - ma la ministra ha opposto un secco no, anche a costo di aprire una spaccatura dentro la stessa maggioranza. Un po’ come sta succedendo in queste ore con il concorso di religione. L’intesa fra Azzolina e presidenza della Cei doveva rappresentare un richiamo all’ordine anche per i vescovi lombardi che in precedenza si erano schierati dalla parte degli insegnanti «ribelli». Così però non è stato. E’ di poche ore fa una lettera pubblica firmata dal vescovo di Pavia Corrado Sanguineti in cui Sua Eminenza riafferma la propria contrarietà al concorso nonostante il sigillo posto su di esso dal cardinale Bassetti e promette di dare battaglia contro una procedura che egli definisce «irrispettosa» della professionalità degli insegnanti. «Penso - dice il vescovo Sanguineti nella lettera pubblicata da CulturaCattolica.it- che nell’ambito della comunione tra noi vescovi in Italia, avremo modo di esprimere domande e valutazioni su questa vicenda».


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