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Scuola, professori minacciati e colpiti «Così si è rotto il patto nelle classi»

Nuovo video sul docente di Lucca: uno lo prende a testate con il casco. In precedenza era stato insultato. A Velletri docente insultata così: «Te faccio scioglie nell’acido». Marco Rossi Doria, esperto di devianza: «Il problema sono i doveri, non i diritti»

20/04/2018
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Corriere della sera

«Dio non ha mai creato nulla di inutile, ma con le mosche e gli insegnanti ci è andato molto vicino». Nella primavera del 2003 il professor Antonio Ferrero, supplente in un istituto della sua Cuneo, andò a farsi tagliare i capelli. Nella bottega del parrucchiere erano appesi quei quadretti con dentro delle frasi spiritose, che servono a far sorridere i clienti. Uno in particolare lo colpì molto.

Il primo episodio del 2018 è avvenuto in una scuola media di Avola. Un docente di educazione fisica viene picchiato da una coppia di genitori per aver rimproverato il loro figlio dodicenne. Venti giorni dopo, una professoressa di italiano in un istituto tecnico del Casertano, è accoltellata da uno studente al quale aveva messo una nota sul registro. E poi, il vicepreside di Foggia abbattuto con un pugno, «una volta a terra, ripetutamente preso a calci all’addome», dal padre di un alunno, l’insegnante di Alessandria «legata a una sedia, sbeffeggiata e filmata» dai suoi alunni, e via degenerando. Fino alla stretta attualità, i quindicenni di Lucca che deridono un professore e postano su Internet le loro gesta, l’alunno dell’Istituto tecnico di Velletri che nel dicembre del 2016 minaccia di sciogliere nell’acido una insegnante, con il consueto video che ha fatto il pieno di visualizzazioni scoperto solo oggi, causando nuovi problemi e dolori.

La delegittimazione degli insegnanti, la rottura ormai definitiva dell’implicito patto tra loro, gli alunni e i genitori, non è una novità. La discussione cominciò all’inizio del nuovo secolo. Quando il professor Ferrero rese pubbliche le sue riflessioni sulle prese in giro dei suoi allievi, venne censurato dal dirigente scolastico di allora. Esagerùma nen. Oggi i principali siti specializzati nella scuola hanno due voci distinte. Una sul bullismo, l’altra sul bullismo di adolescenti e genitori sugli insegnanti. «La Scuola viene percepita ormai come la Sanità — sostiene Ferrero —. Un ente da cui si pretende un servizio. I governi che si sono succeduti negli ultimi vent’anni hanno accreditato la scuola come semplice preparazione al lavoro. Non è un caso che questi episodi di bullismo avvengano soprattutto negli istituti professionali. Nel momento in cui la scuola altro non è che uno strumento per il passaggio più veloce possibile a una professione, ecco che saltano i ruoli».

I segnali di questo sfaldamento c’erano, non c’era alcun bisogno che diventassero cronaca nera. «E ci sono sempre stati anche i rimedi». Dieci anni fa Marco Rossi-Doria, l’ex maestro di strada napoletano diventato uno dei maggiori esperti italiani di devianze scolastiche, venne chiamato a Trento dal provveditorato locale. Una madre aveva dato uno schiaffo a una professoressa. «Creammo un presidio del limite. Di cosa si tratta? Linea ferma. Perdere un anno nei casi più estremi, fare dure corvée per la riabilitazione. Per riparare certi comportamenti occorre mettere in moto una procedura di assunzione di responsabilità seria da parte dell’allievo». All’inizio dell’anno le classi facevano una specie di ritiro della durata di un paio di giorni, dove si discuteva il ruolo di ognuno. E dopo c’era un cartellino giallo, e un cartellino rosso. «Il mio è solo un esempio. Per dire che esiste una gran quantità di risposte intelligenti, che non sono mai state ascoltate. Abbiamo problemi, ma anche soluzioni. Eppure siamo sempre al grado zero». Le soluzioni di Rossi-Doria possono suonare strane, in bocca a un intellettuale progressista. «Sappiamo bene che la questione è complessa. Ma siccome ogni cerchio si deve spezzare in un punto, io sono per il ripristino del limite. Il problema principale in campo educativo sono i doveri, non i diritti».

L’opera più recente di Adolfo Scotto di Luzio si intitola «Senza educazione». Il docente dell’università di Bergamo ha dedicato molti libri alla scuola, nessuno pessimista come l’ultimo, dove si sostiene che l’insegnamento 2.0 approfondisca il divario tra chi possiede beni intellettuali e chi ne è privo. «La svalutazione dell’insegnante viene da molto lontano. E comincia nei tratti culturali propri delle classi popolari italiane. La “scuola democratica” nasceva sul presupposto di un lavoro a monte delle famiglie, che preparavano il figlio alla scolarizzazione. Questo ruolo è venuto meno. Credo che focalizzare l’attenzione sulla scuola sia sbagliato: riveste gli insegnanti di responsabilità che non hanno. Le proteste dei genitori e dei loro figli per punizioni sempre giudicate eccessive stanno lì a dimostrarlo». Il ragazzo di Velletri che un anno fa voleva bruciare la professoressa con l’acido adesso dice che le vuole bene. Il dirigente scolastico del suo istituto scelse un percorso diverso dalla sospensione. Colloquio, con lui e i genitori, discussione in classe, presa di coscienza. Ha funzionato, pare.

Ma il video resta, come altri episodi, immortalati e poi scoperti in ritardo sul Web. In molti casi affiora anche l’inconsapevolezza, «era solo uno scherzo», la confusione tra il virtuale e il reale. «E intanto noi continuiamo a inseguire baggianate liberal-libertarie» sospira Scotto di Luzio. «L’ultima ministra dell’Istruzione aveva istituito una commissione di saggi per valutare l’uso dello smartphone in classe. Beh, i ragazzi lo hanno già introdotto, come vediamo». L’ottimismo non abita più qui, da molto tempo. «Spesso per certi alunni le foto su Facebook di un gattino o di un atto di bullismo pari sono» conclude Ferrero. «Servirebbero corsi per l’uso dei social. E forse non è una grande idea la diminuzione delle ore di educazione civica...». Professore, ma almeno il parrucchiere lo ha poi cambiato? «Sono diventato calvo».


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