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Scuola, primo sì al Senato nella bagarre

Via libera alla riforma con la fiducia sul maxiemendamento con 159 sì e 112 no. Tra i contrari tre dem: Mineo, Tocci, Ruta.

26/06/2015
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Il Messaggero


ROMA La Buona Scuola supera la prova della fiducia al Senato e approda alla Camera. Ieri pomeriggio il voto sul maxiemendamento per la riforma della scuola, si è concluso con 159 sì contro 112 no, al termine di una giornata burrascosa, cominciata di buon mattino, quando la ministra per i Rapporti con il Parlamento Maria Elena Boschi, ha posto la fiducia in apertura della discussione in aula, mentre sui banchi dei grillini comparivano lumini e cartelli con su scritto: «Scuola pubblica riposa in pace».
GRANDE TENSIONE
Un clima di tensione che è cresciuto con il trascorrere delle ore. I senatori di Sel hanno indossato magliette con stampigliato «Libertà di insegnamento» e sfoderato fischietti usati contro il governo, finché non sono stati sequestrati dai questori, mentre la capogruppo Loredana De Petris stuzzicava la ministra dell'Istruzione Stefania Giannini: «Ministra, ci faccia conoscere il suo pensiero, intervenga in Aula». A darle man forte, dai banchi del Carroccio è spuntato il cartello: «Ministro commissariato. Chi comanda? Faraone», riferendosi al sottosegretario dem. E ancora: «Difendiamo i nostri bambini dalla scuola di Satana».
LA TRATTATIVA CON AP
L'ipotesi di introdurre nei programmi scolastici lezioni sulla teoria del gender, infatti, ha creato tensioni anche all'interno della maggioranza tanto che, a un soffio dal voto di fiducia, Giannini ha incontrato gli esponenti di Area Popolare, assicurando che la riforma della scuola eviterà qualsiasi riferimento alla teoria gender nei piano educativi scolastici. «E' una grande riforma di centrodestra che abbiamo approvato governando con il centrosinistra», ha dichiarato soddisfatto il presidente dei senatori di Ap Renato Schifani, subito corretto dal capogruppo piddino Luigi Zanda: «Il senatore Schifani sbaglia. Non mi sembra proprio il caso di usare espressioni di propaganda politica per una legge che ha l'obiettivo prioritario di consentire l'assunzione di 100mila precari e di preparare il concorso per assumere altri 60mila insegnanti».
NAPOLITANO CONTESTATO
Ma nel Pd non tutti la pensano così. Sergio Lo Giudice, pur votando la fiducia, l'ha definita «una sconfitta per tutti». E tre suoi colleghi hanno votato contro. Walter Tocci e Corradino Mineo lo avevano già annunciato «perché non possiamo accettare un'altra riforma finta», mentre Roberto Ruta ha rotto gli indugi solo ieri: «Nel programma elettorale al quale mi sento vincolato abbiamo scritto di voler cambiare la scuola insieme agli insegnanti. Insieme e non contro», ha dichiarato.
All'appello dei dem mancava anche Felice Casson che, però, risultava in congedo. Hanno invece votato la fiducia gli ex azzurri Manuela Repetti e Sandro Bondi, provocando le proteste degli ex compagni di partito. E, durante le operazioni di voto, è stato contestato pure l'ex presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, contro cui sono state rivolte le urla dei pentastellati. La maggioranza, però, non ha alcuna intenzione di rallentare la corsa della Buona Scuola. E al termine della conta, dal cellulare di Giannini è partito un sms diretto al presidente del Consiglio Matteo Renzi: «Ce l'abbiamo fatta». Anche se la maggioranza e il governo hanno incassano la fiducia con due voti in meno della maggioranza assoluta, soprattutto a causa delle assenze (oltre alle defaillance della minoranza piddina, mancavano tre senatori di Ncd), come rilevato dal capogruppo forzista Paolo Romani: «Il Governo non ha più la maggioranza assoluta al Senato. Una riforma sbagliata, dunque, anche nei numeri». Ora il testo passa alla Camera che l'ha già calendarizzata per il 7 luglio. Tra le proteste dell'opposizione.
Sonia Oranges 


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