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Scuola, pochi 1,5 miliardi di euro per ripartire

Critico il giudizio della Flc: gli investimenti sono del tutto insufficienti e non c'è nessun potenziamento degli organici. Resta il rebus del concorso straordinario

14/05/2020
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Collettiva.it

Do dopo anni di tagli e sottofinanziamenti, la scuola nel decreto rilancio trova risorse per 1,5 miliardi di euro e la stabilizzazione dei precari: 16.000 posti in più da settembre, 32.000 in totale. Pochi? Tanti? Per Anna Maria Santoro, responsabile della contrattazione della Flc Cgil, non ci sono dubbi: "Queste risorse sono del tutto insufficienti per far sì che la scuola riparta in presenza e in sicurezza a settembre". E non c'è solo un problema di quantità, ma anche di qualità: "Viene assolutamente privilegiata la spesa per beni e servizi, come tablet e computer, per i quali risorse sono già arrivate – incalza la sindacalista –, mentre non si investe affatto sul bene più prezioso della scuola, che è la sua forza lavoro fatta di docenti e Ata".

Manca, in particolare, la possibilità di potenziare l'organico. Pare che su questa possibilità di assumere docenti in più il Mef abbia dato la sua disponibilità, rigettata però dalla ministra.  "Come si fa soprattutto per i più piccoli – incalza la sindacalista – a garantire il necessario distanziamento"? Idem per l'edilizia scolastica, su cui si sarebbe dovuto investire anche in questo caso per garantire classe ed edifici sicuri a settembre.

Poiché il decreto è ancora in bozze, per il dettaglio bisogna attenersi alle parole della ministra Azzolina. Che ha così declinato gli investimenti: “1 miliardo per il Fondo per gestione rientro a scuola a settembre (400 milioni nel 2020, 600 nel 2021); 331 milioni per device, connettività, sicurezza, misure di protezione, assistenza medica, adattamento spazi in vista del rientro; 39 milioni per consentire esame di maturità in presenza, in sicurezza, comprando tutti i dispositivi di protezione necessari e assicurando l’igienizzazione costante degli ambienti e 80 milioni per la fascia 0-6 per coprire le mancate rette (65 milioni) e aumentare il fondo regionale (15 milioni)”.

Secondo quanto riportato dalla ministra sono previste anche “misure di semplificazione in tema di edilizia scolastica, per consentire a enti locali proprietari degli immobili di operare velocemente, eliminando passaggi burocratici”.

Il tema che ovviamente è tra i più sentiti è quello della stabilizzazione dei precari: le decine di migliaia di lavoratori che da anni – e nonostante i richiami della Corte di giustizia europea – mandano avanti le nostre scuole. Senza stabilizzazioni e assunzioni, i sindacati paventano 200.000 supplenze anche per il prossimo anno: ancora tante dunque rispetto ai posti che sarebbero disponibili con i nuovi concorsi (80.000, compresi quelli ordinari che però non potranno svolgersi prima dell’autunno).

Qui però – numeri ancora largamente insufficienti a parte – sta la questione più seria: le procedure con cui si svolgerà l’ormai famoso concorso straordinario. In ossequio ad alcuni dei mantra dei 5 Stelle – il “merito”, il voto – la ministra insiste per far svolgere i test in presenza, in sede decentrate per garantire la sicurezza dei partecipanti. Ma, a parte il tema della sicurezza che è fondamentale ovviamente, c’è la questione dei tempi: “In questo modo – dicono alla Flc – non si farà in tempo ad avere questi docenti in cattedra per settembre”.

La proposta dei sindacati è nota: immissioni in ruolo per soli titoli (almeno tre anni di anzianità di servizio) e solo successivamente una verifica con delle prove. Per i 5 Stelle – e la vicenda seppur diversa ricorda lo scontro un po’ legalista che c’è stato per la regolarizzazione dei migranti – sarebbe una sanatoria, uno schiaffo al merito. Ma il punto è sempre lo stesso: questi insegnanti che sarebbero “sanati” sono gli stessi che da anni e per tanti anni sono stati essenziali per mandare avanti le nostre scuole. Si vede che fino a ieri erano “capaci”, mentre ora che si è in piena emergenza, un po’ meno.

La partita non è chiusa, ci sono emendamenti al decreto scuola che dovrà essere licenziato entro il 7 giugno, che vanno in questa direzione. Ma non sarà facile, vista la componente ideologica molto forte che caratterizza la partita.

Una forte spinta in questa direzione è arrivata ieri (13 maggio) dall’inedita mobilitazione online di tutti i lavoratori dei comparto: hanno partecipato ben 400.000 lavoratori. Al termine della giornata in una nota congiunta Maurizio Landini, segretario generale della Cgil, e Francesco Sinopoli, numero uno della Flc, hanno ribadito la necessità di intervenire tempestivamente: “La scuola ha bisogno per ripartire di un piano straordinario di investimenti che colmi i tagli e i ritardi storici che si sono accumulati in questi anni. Per il ritorno in presenza, assieme a un protocollo specifico che garantisca sicurezza e salute per le lavoratrici e i lavoratori e per gli studenti e le studentesse, c’è bisogno di aumentare gli organici, docenti ed Ata”.

Speriamo che questo decreto possa, almeno, rappresentare un primo insufficiente passo in questa direzione.


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